Charleroi è una piccola città operaia a sud di Pittsburgh,­ formata da una decina di isolati lungo i binari della Norfolk southern railway, nella valle tra il fiume Monongahela e le colline dell’Appalachia occidentale. Da più di un secolo Charleroi – soprannominata “la cittadina magica” – è un importante centro per la produzione del vetro.

All’apice del suo sviluppo aveva più di undicimila abitanti, in gran parte iscritti al sindacato e sostenitori del Partito democratico. Ma negli anni settanta le fabbriche cominciarono a scomparire, e anche le persone. Nel 2020 in città rimanevano solo negozi con la porta sbarrata e 4.200 abitanti, quasi tutti elettori del Partito repubblicano. La storia di Charleroi racchiude la grande saga della rust belt, la zona industriale nel nordest degli Stati Uniti, e della sua crisi senza fine.

Ho chiesto a Joe Manning, dirigente comunale, quando sia cominciato lo spostamento di Charleroi verso destra. “Nel 2016”, mi ha risposto. “Quell’anno tante persone che per tutta la vita avevano sostenuto convintamente i democratici hanno votato per Donald Trump”. Dopo quelle elezioni, esperti e giornalisti hanno cominciato a indagare per spiegare la vittoria di Trump. La sinistra ha subito trovato il colpevole: il razzismo. Ma si sbagliava, e ha pagato a caro prezzo.

Sul piano analitico quella semplificazione ignorava diversi elementi che anticipavano tendenze future, e su quello politico ha allontanato dal Partito democratico anche elettori non ancora convertiti al trumpismo. Kamala Harris, determinata a non ripetere l’errore, ha evitato di mettere le politiche identitarie al centro della campagna elettorale per le presidenziali del 5 novembre. Il razzismo è solo una delle forze che tengono insieme la base elettorale di Trump. La frattura più importante della politica statunitense riguarda l’appartenenza di classe, definita dal divario tra gli elettori laureati e tutti gli altri.

Questo spiega perché molti neri e ispanici della classe operaia si stanno spostando verso i repubblicani. Se vogliamo adottare una prospettiva più complessa, possiamo dire che le tendenze politiche nell’epoca di Trump nascono dall’interazione tra la classe e l’etnia. Le analisi più convincenti delle elezioni del 2016 hanno mostrato che molti sostenitori di Trump appartenevano a una comunità bianca in declino, che aveva visto l’arrivo di immigrati non bianchi e con loro bruschi cambiamenti culturali, dando l’idea di un paese ormai irriconoscibile.

Una bella frase

Nel 2020 Getro Bernabe, ufficiale della guardia costiera haitiana, è scappato dalla violenza delle bande criminali nel suo paese ed è arrivato a Charleroi in cerca di lavoro. “Sembrava una città fantasma”, ricorda, “un posto bellissimo ormai abbandonato”. Negli ultimi anni Charleroi ha accolto duemila immigrati (soprattutto haitiani), attirati dalle case sfitte e da lavori poco retribuiti. Grazie ai nuovi arrivati la popolazione è tornata vicino ai livelli del 1970. “Tengono in piedi l’economia locale”, dice Bernabe. “Sono molto legato a uno dei valori fondamentali degli Stati Uniti, che è inciso anche sulle monete”. Si riferisce a E pluribus unum (dai molti uno), una frase che piace a Bernabe perché descrive una comunità composta da popoli provenienti da contesti e fedi diverse. “Per me questa è la bellezza dell’America”.

Kristin Hopkins-Calcek, presidente del consiglio comunale, vive a Charleroi da sempre. “Ho visto la città peggiorare nel corso degli anni. Per noi che siamo rimasti è stato molto doloroso”, racconta. “Ho visto mio figlio diventare dipendente dagli oppioidi, come tante altre persone da queste parti. Ho visto le morti per overdose, la criminalità, la prostituzione. Ho visto la crisi immobiliare, le case comprate da persone che non erano mai state a Charleroi. Gli immigrati hanno portato una ventata d’aria fresca. Abbiamo ricominciato a vedere gente per strada e i negozi hanno riaperto”.

Charleroi è un posto fragile: è sostenuta dagli immigrati, che hanno aperto alimentari e panetterie, pagano l’affitto e le tasse; ma soffre per la mancanza di risorse e per le tensioni tra le diverse comunità. A Charleroi non esiste una classe di professionisti benestanti. Le strade e i marciapiedi semideserti sono condivisi da due comunità che appartengono entrambe alla classe operaia: i residenti bianchi sempre più anziani, le cui famiglie vivono qui da generazioni, e i giovani immigrati neri, arrivati negli ultimi anni. Qui votano tutti per Trump, come si capisce dai festoni, dalle bandiere e dai cartelli sparsi dovunque. Fuori città, appoggiato al traino di un autotreno parcheggiato su un prato, c’è un cartellone di Trump con la scritta: “Dopo l’impeachment, l’arresto, la condanna e il tentativo di omicidio, Trump è ancora in piedi”.

“I miliardari son0 sempre più ricchi, mentre gli altri soffrono”, dice Rob

Il mese scorso Charleroi è stata colpita da due disastri ravvicinati. Il 4 settembre lo stabilimento Pyrex, che produce oggetti di vetro dalla fine dell’ottocento, ha comunicato ai 300 operai sindacalizzati che entro la fine dell’anno le attività saranno chiuse e trasferite in Ohio. Poi la città è finita nel mirino di Trump.

Il 10 settembre Joe Manning stava guardando il dibattito in tv tra i due candidati alla presidenza quando Trump ha rilanciato la notizia falsa secondo cui a Springfield, in Ohio, gli haitiani mangiano i cani e i gatti. “Oddio”, ha pensato Manning, “speriamo che non se la prenda anche con noi”. Il suo desiderio non è stato esaudito. Il 12 settembre, durante un comizio in Arizona, Trump ha parlato per la prima volta di Charleroi: “È una cittadina che ha un bellissimo nome, ma ora non ha più niente di bello. Per colpa di Harris c’è stato un aumento del duemila per cento di immigrati haitiani. Spero che la Pennsylvania se ne ricordi quando andrà a votare. Immaginate questa piccola città che all’improvviso si ritrova migliaia di persone in più. Sono sostanzialmente in bancarotta e gli stranieri hanno fatto aumentare la criminalità in tutta la zona”.

Il dato del “duemila per cento” naturalmente non ha senso. A Charleroi gli haitiani sono arrivati legalmente e hanno accettato di svolgere i lavori che gli statunitensi non volevano più fare, negli stabilimenti alimentari e in catene di montaggio dove le temperature sono di poco sopra lo zero. Charleroi non è in bancarotta e non ha un problema di criminalità, spiega Hopkins-Calcek, che fa parte del consiglio regionale di polizia, un ente civile che supervisiona l’attività delle forze dell’ordine. “Il crimine peggiore commesso recentemente da queste parti è un infanticidio”, mi racconta Manning. “I genitori sono stati arrestati, sono bianchi come me”.

Ma a Trump tutto questo non interessava. Aveva trovato una piaga in cui infilare il dito in uno stato decisivo alle elezioni. Dopo qualche settimana è passato oltre, attaccando nuovi bersagli. Ma a Charleroi l’effetto delle sue parole è stato devastante. Manning e Hopkins-Calcek hanno ricevuto minacce. In città ha cominciato a circolare un volantino indirizzato ai “cittadini bianchi di Charleroi” e firmato dalla “Trinità dei cavalieri bianchi del Ku Klux Klan”: “Imbraccia le armi, America bianca. Proteggi la tua famiglia. I bianchi sono le uniche vittime della brutalità degli immigrati”. Persone in auto hanno cominciato a minacciare gli haitiani per strada: “Attenti, sta arrivando Trump!”. Bernabe, rappresentante della comunità degli immigrati in municipio, racconta di famiglie che hanno paura di mandare i figli a scuola e stanno pensando di lasciare lo stato. “Gli immigrati non si sentono più i benvenuti. Li vedi sempre più raramente in strada”. Charleroi è tornata a essere una città fantasma. Trump non ha mai citato lo stabilimento Pyrex.

I cartelli elettorali spiccano nei prati delle case un po’ ovunque

Invidia

In un pomeriggio di inizio ottobre, in un McDonald’s davanti ai binari, incontro cinque lavoratori iscritti al sindacato United steel workers local 53G. Hanno trascorso gran parte della giornata a negoziare la fine del rapporto di lavoro con gli avvocati della Anchor Hocking, azienda di proprietà della Centre Lane partners, il fondo d’investimenti di New York che ha deciso di chiudere la fabbrica. Daniele Byrne, vicepresidente del sindacato, e suo marito Rob, elettricista, hanno lavorato nello stabilimento per un totale di 71 anni. Il nonno di Daniele ci aveva lavorato per cinquant’anni. Come liquidazione, l’azienda le offre due mesi di assicurazione sanitaria più una cifra equivalente al salario giornaliero moltiplicato per ogni anno di lavoro: meno di ottomila dollari per due terzi di tutta la sua vita.

Rob mi chiede se ho letto Glass house, un libro che parla di Lancaster, una città industriale in declino che si trova in Ohio, a tre ore di auto. È lì che la Anchor Hocking vuole trasferire la linea di produzione di Charleroi, insieme a metà della forza lavoro. “È l’economia dall’1 per cento, la stessa che ha creato il trumpismo”, dice Rob. “Controllano ogni cosa, comprano e vendono senza sosta. I miliardari diventano sempre più ricchi, mentre gli altri soffrono”.

L’ostilità dei lavoratori nei confronti delle grandi aziende e dei miliardari non si traduce automaticamente in sostegno a un candidato o a un partito. La rabbia e la sfiducia restano spesso fini a se stesse. Le frasi che continuo a sentire a Charleroi e in tutta la Pennsylvania occidentale di solito sono simili a questa: “Loro non si preoccupano minimamente di noi”. E trasmettono un profondo senso di abbandono.

Nell’impianto Pyrex ci sono meno di dieci haitiani. Daniele, che si occupa della gestione dei turni, dice che lavorano meglio dei colleghi statunitensi. “Non penso che il problema siano gli stranieri”, aggiunge Rob. Ma anche lui è tra quelli che si sono lamentati dell’arrivo degli immigrati, citando una serie di problemi: il sovraffollamento delle classi scolastiche e degli scuolabus, l’eccessivo carico di lavoro degli insegnanti, il fatto che gli stranieri ricevano sussidi che non spettano agli statunitensi e, nonostante i dati dicano il contrario, l’aumento della criminalità. Rob e altri abitanti di Charleroi se la sono presa con la proprietaria immigrata di un alimentari che, secondo loro, aveva esposto un cartello che vietava l’accesso ai bianchi. Trovando la cosa inverosimile, ne ho parlato con Getro Bernabe. Mi ha spiegato che il cartello si limitava a promuovere prodotti provenienti da Africa, Asia e paesi caraibici, e la proprietaria era stata attaccata semplicemente perché non aveva citato i prodotti statunitensi. Quando Bernabe si è precipitato nel negozio e le ha riferito delle proteste, la donna era sconvolta. “Mio dio, non ci avevo pensato!”, ha detto. “Per favore, scrivi anche ‘cibi americani’”, l’ha esortata Bernabe. Per evitare problemi, la donna ha sostituito il cartello con un altro senza riferimenti ad aree geografiche.

Quando ho visitato il negozio ho notato che vendeva granchi vivi, pesce essiccato e altri prodotti piuttosto insoliti per la Pennsylvania occidentale. La proprietaria, una cittadina statunitense originaria della Sierra Leone, aveva un cartello dietro la cassa con la scritta “Trump 2024”. Un dettaglio che nessuno aveva citato negli attacchi contro il negozio.

In adorazione di Musk

A volte le voci infondate possono essere più rivelatrici di quelle veritiere. A Charleroi ci sono tensioni che non vanno alimentate ma nemmeno sminuite. “Non è tanto una questione di odio”, dice Daniele. “È invidia”, aggiunge Rob. “Gelosia”.

Gli abitanti storici si sentono trascurati. La chiusura dello stabilimento della Pyrex ha avuto molto meno risalto delle dichiarazioni di Trump sugli haitiani. Ogni quattro anni, in autunno, i politici e i mezzi d’informazione si interessano a città come Charleroi, ma solo per poche settimane. “Se Kamala verrà qui, sarà solo per vincere la battaglia sugli haitiani, perché lei vuole che gli immigrati restino mentre Trump vuole cacciarli via”, dice Daniele. “Tutti si dimenticano di noi e si concentrano sugli immigrati. Io non mi occupo di politica. Onestamente penso che siano tutti delinquenti. Preferisco guardare la tv e non vedo l’ora che arrivi novembre, così trasmetteranno solo spot che cercano di vendermi un rasoio”.

I lavoratori con cui ho parlato non odiano i politici in modo indiscriminato, ma solo quelli che non hanno mantenuto le promesse e hanno sfruttato i problemi della gente del posto. Bob Casey, senatore democratico della Pennsylvania, sta cercando di convincere il governo federale a indagare sull’acquisizione dello stabilimento da parte della Anchor Hocking in un’asta fallimentare, per verificare se ci sia stata una violazione delle leggi antitrust. Perfino la tagliente Daniele Byrne apprezza l’impegno di Casey.

Due giorni dopo il nostro primo incontro, accompagno lei e Rob a Pittsburgh a vedere la partita di football tra gli Steelers, la squadra locale, e i Dallas Cowboys. All’inizio del primo quarto le persone vicine a noi cominciano a guardare alle nostre spalle e a esultare. Dieci metri sopra le nostre teste, un uomo con una giacca e un berretto neri sta in piedi in un palco riservato, agitando un asciugamano giallo degli Steelers con un ghigno sulla faccia. È il miliardario Elon Musk, che qualche giorno prima aveva accompagnato Trump nel suo ritorno a Butler, la città della Pennsylvania dove a luglio un uomo ha provato a uccidere il candidato repubblicano. Il pubblico sembra in adorazione di Musk. Quando lo faccio notare a Daniele, commenta: “Ah, è quello stronzo”.

Charleroi, 26 settembre 2024 (Michael Swensen, The New York Times/Contrasto)

Svendita totale

La convergenza tra il declino della classe operaia, l’avidità delle aziende e la rabbia contro gli immigrati determinerà il risultato delle elezioni in tutta la rust belt. La zona a nordest di Charleroi è rappresentata dal deputato Chris Deluzio, eletto per il Partito democratico nel 2022, in una circoscrizione che comprende aree agricole, alcuni sobborghi di Pittsburgh e città operaie lungo il fiume Ohio. Deluzio, quarant’anni, è un veterano della marina e un avvocato. È educato, cura il proprio aspetto e sembra tutt’altro che un politico populista. A novembre cercherà di farsi rieleggere, con la speranza che le sue posizioni vicine ai lavoratori e ostili alle grandi aziende possano prevalere sul risentimento nei confronti dei migranti fomentato da Trump e da altri repub­blicani.

“I banchieri di Wall street che finanziano Trump e il mio avversario per un seggio alla camera hanno devastato queste comunità”, mi dice Deluzio mentre ci spostiamo in auto da un evento elettorale all’altro. “Per decenni hanno cercato di smantellare tutto e vendere le parti migliori. Le fabbriche non sono sparite per caso; sono state portate via da un’ideologia basata sull’indebolimento delle leggi sul lavoro e di quelle sulla protezione ambientale. I sacrifici delle famiglie non hanno nessun valore per questa gente”.

Nel 2023 un treno merci della Norfolk Southern che trasportava composti chimici tossici è deragliato nei pressi di East Palestine, in Ohio, al confine con il distretto di Deluzio, che ha presentato una proposta di legge per rafforzare le regole del trasporto ferroviario, sostenuta dal senatore repubblicano dell’Ohio J.D. Vance, oggi candidato alla vicepresidenza per i repubblicani. Il provvedimento, contrastato dalle lobby vicine alla multinazionale Koch, è bloccato dall’ostruzionismo dei repubblicani alla camera e al senato. Anche se pochi elettori del suo distretto sono stati direttamente coinvolti dal disastro, Deluzio spera che questa battaglia possa premiare lui e altri democratici contro i repubblicani che sono vicini alle grandi aziende e bloccano ogni tipo di regolamentazione.

Secondo Deluzio, Trump attacca gli immigrati per distrarre gli abitanti della regione – a loro volta discendenti di immigrati e preoccupati dal rapido cambiamento nelle loro città – dalle reali cause della crisi: il monopolio delle multinazionali e l’attività dei politici finanziati dalle grandi aziende. Deluzio ammette che per anni il Partito democratico non ha saputo aiutare queste persone, preferendo schierarsi a favore di politiche economiche che hanno danneggiato i lavoratori della Pennsylvania. Probabilmente questa scelta è stata dovuta alla convinzione che gli elettori più istruiti sarebbero diventati più numerosi della moribonda classe operaia che in passato sosteneva il partito. “Per ogni voto operaio che perdiamo nella Pennsylvania occidentale ne guadagniamo due tra i repubblicani moderati dei sobborghi di Filadelfia”, dichiarava nel 2016 il senatore Chuck Schumer, poco prima che Trump vincesse nello stato e andasse alla Casa Bianca.

L’amministrazione Biden ha cercato di riconquistare i voti della classe operaia con politiche favorevoli ai sindacati e leggi pensate per stimolare la creazione di posti di lavoro nelle aree in crisi. Ma le persone con cui ho parlato sembrano avere un’idea piuttosto vaga dell’impegno dei democratici per recuperare il loro sostegno. Per molti l’aumento nel costo della vita è più importante del tasso di disoccupazione, della promessa di nuove attività industriali e dei tagli alle tasse promessi da Harris.

Kamala Harris a Washington Crossing, in Pennsylvania, il 16 ottobre 2024 (Jacquelyn Martin, Ap/Lapresse)

Hamburger per tutti

Curtis e Annie Lloyd vivono a Darlington, un comune rurale al confine con l’Ohio e lontano pochi chilometri dal luogo del disastro ferroviario dell’anno scorso. Quando i Lloyd hanno visto una nuvola grigia alzarsi nel cielo sopra la loro casa, si sono resi conto che non sapevano dove cercare informazioni corrette sull’incidente. Il giornale locale aveva perso prestigio e credibilità, mentre i social network erano pieni di notizie false e contraddittorie. Annie sottolinea il fatto che Trump si è subito fatto vedere in zona, mentre Biden ha aspettato più di un anno; un contrasto che ha avuto un impatto maggiore rispetto all’impegno di Deluzio per introdurre nuove regole sui trasporti. “Qui la gente pensa alla propria quotidianità e non si lascia coinvolgere dalla politica”, spiega Annie. “Tutto quello che sanno è che Trump era qui e ha comprato da mangiare per tutti da McDonald’s”.

Mi sono spostato a Rochester, una cittadina a trenta chilometri da Darlington. Nella sede del Partito democratico della contea di Beaver ho conosciuto Erin Gabriel. L’ufficio era in piena attività, con i volontari pronti a cominciare la campagna porta a porta e i manifesti per Harris/Walz impilati contro un muro. Gabriel mi ha spiegato che per lei la politica è una cosa personale. Oltre a lavorare a tempo pieno e a gestire la sede del partito nella contea, si prende cura dei suoi tre figli disabili. “Ogni provvedimento del governo ha un impatto su di loro”, mi ha detto. Senza l’Affordable care act, la riforma sanitaria voluta da Barack Obama, la figlia Abby non avrebbe una copertura sanitaria per il resto della sua vita. Durante l’amministrazione Trump il politico che rappresenta il distretto di Gabriel alla camera, un repubblicano, le ha promesso che avrebbe fatto il possibile perché Abby non perdesse l’assistenza sanitaria. Poi però ha votato a favore della legge presentata da Trump per cancellare l’Obamacare.

“È in quel momento che ho deciso di impegnarmi davvero in politica”, mi ha raccontato Gabriel. “Per me è una questione esistenziale”.

Ora siamo in quel breve periodo in cui questa regione della Pennsylvania riceve molta attenzione e sente di avere una grande influenza. I cartelli elettorali spiccano nei prati delle case un po’ ovunque, mentre i forni vendono biscotti di Trump e di Harris.

Al livello nazionale la politica è così polarizzata da rendere impossibile qualsiasi tentativo di persuasione, ma al livello locale le cose vanno in modo diverso: ci sono meno odio e più flessibilità. Non è raro che un elettore voti per un candidato alla presidenza e scelga un politico dell’altro partito per il congresso. “Dobbiamo trovare i punti di contatto con le persone”, mi ha detto Rico Elmore, giovane consigliere comunale repubblicano di Rochester. “Dobbiamo far capire agli elettori che, nonostante le divergenze sulla riforma del sistema penale, sulle tasse e sull’immigrazione, siamo capaci di trovare interessi condivisi. La mia strada ha bisogno di manutenzione, e questo è chiaro per tutti, a prescindere dalla simpatia politica. Quindi impegniamoci a ripararla”. Elmore, che è afroamericano e ha servito nell’aeronautica, era al comizio in cui Thomas Matthew Crooks ha cercato di assassinare Donald Trump, e si è precipitato a soccorrere Corey Comperatore, l’uomo che è rimasto ucciso. Quando Trump è tornato a Butler, la famiglia di Comperatore gli ha chiesto di tenere un discorso. Elmore è un astro nascente della politica repubblicana locale. Nel 2022 ha perso le elezioni per il parlamento statale, ma ha bussato personalmente a 13mila porte. Ha trovato perfino diversi democratici disposti ad ascoltarlo. In entrambi gli schieramenti ha percepito un sentimento che anche io ho ritrovato in quasi tutte le persone che ho conosciuto, anche tra i fedelissimi dei due partiti: il desiderio di superare la conflittualità che domina la politica statunitense.

Fino all’ultimo voto

◆ Il 5 novembre 2024 gli statunitensi voteranno per eleggere il presidente. Si sfidano Kamala Harris, che ha preso il posto di Joe Biden come candidata del Partito democratico, e Donald Trump del Partito repubblicano. Si vota con il sistema dei grandi elettori: il voto popolare consente di scegliere i delegati affiliati a un candidato, che poi eleggono il presidente. I grandi elettori sono assegnati a ogni stato in base alla sua popolazione. In ogni stato (tranne Nebraska e Maine) il candidato che ottiene più voti conquista tutti i delegati in palio. I grandi elettori sono 538. Vince le elezioni il candidato che ne ottiene almeno 270.

◆Harris e Trump sono molto vicini nei sondaggi e secondo gli esperti le elezioni potrebbero essere decise da poche decine di migliaia di voti in alcuni stati, in particolare Pennsylvania, Wisconsin e Michigan. Secondo il modello di previsione dell’Economist, Trump ha il 54 per cento di possibilità di vittoria.

◆Lo stesso giorno si vota anche per rinnovare tutta la camera dei rappresentanti e un terzo del congresso.


Elmore si chiede se l’America stia andando incontro a un destino simile a quello dell’impero romano. “Siamo davvero a quel punto della storia? Cosa stiamo facendo per evitare che succeda? Siamo un paese sempre più spaccato e vicino al collasso. Non possiamo sopravvivere se continuiamo a essere così divisi”.

In un soleggiato pomeriggio di ottobre, Deluzio sta girando tra le case di una zona di nuova costruzione nella contea di Allegheny. Indossa una felpa con la scritta “Navy” (marina), forse per mostrare agli elettori che, anche se è un parlamentare ed è laureato all’università di Pittsburgh, è comunque uno di loro. Imbocchiamo una strada senza uscita costeggiata da villette unifamiliari in cui vivono sia democratici sia repubblicani. Incontriamo un ragazzo, Aaron, che sta riparando un furgone sul vialetto di casa, con indosso un berretto dell’università della California del sud. “Lei ha già il mio voto”, dice rivolgendosi a Deluzio. Aaron dichiara di essere un democratico moderato della California che non sopporta quello che stanno facendo i repubblicani. “Sono cresciuto insieme agli ispanici. Li amo, da quando mi sono trasferito qui mi mancano molto. Il modo in cui la gente parla di loro mi infastidisce. Se fossi un repubblicano sarei un moderato, come Schwarzenegger”.

Sul prato della casa a fianco a quella di Aaron c’è un cartello di Trump, ma Deluzio bussa comunque alla porta. Ci apre un uomo anziano robusto, con i capelli a spazzola. Si chiama Mike, ha lavorato come poliziotto ad Ambridge, sul fiume Ohio, dove è stato fabbricato l’acciaio usato per costruire l’Empire State Building di New York. Ambridge è l’ennesima cittadina operaia in declino, con negozi di prodotti economici e sigarette elettroniche. C’è anche un parco dedicato ai caduti della seconda guerra mondiale con un monumento alle quattro libertà. Un residuo di un altro secolo.

Confine e sicurezza

Mike racconta di aver già incontrato Deluzio ad Ambridge. Il parlamentare gli ricorda di aver ottenuto l’appoggio del sindacato di polizia. “Cerco di essere aperto nelle mie valutazioni”, spiega Mike. “Ma ho un problema con il confine e la sicurezza, perché lo vedo anche ad Ambridge. Abbiamo un grave problema con l’immigrazione”. Gran parte degli immigrati di Ambridge proviene da paesi dell’America Latina, come il Venezuela. Secondo l’ex poliziotto gli stranieri hanno portato un aumento “degli arresti per guida in stato di ebbrezza, della violenza domestica e delle risse, moltissime risse”. Mike voterà pensando alla sicurezza del confine e alla lotta contro la criminalità.

Una signora anziana lo chiama dal retro della casa. “È mia madre, vive grazie all’assistenza sociale”, spiega Mike. “E intanto questi incassano quattromila dollari al mese, più di quanto riceve lei. Mia madre è delusa perché loro ricevono più di lei. Ha sempre votato per i democratici, ma ora sostiene i repubblicani”.

Anche a Charleroi ho sentito persone lamentarsi dei soldi spesi per gli immigrati. “Nel mio budget non è prevista nessuna spesa per gli haitiani”, mi ha detto Joe Manning, l’amministratore del comune. “Non hanno bisogno di fondi, hanno un lavoro e guadagnano”.

Ma Deluzio non vuole mettere in dubbio le parole di Mike né imbarcarsi in una discussione sul clima o sull’immigrazione. Non vuole convincerlo di nulla. Per lui è sufficiente aver stabilito un contatto. Forse basterà. ◆ as

George Packer è un giornalista e scrittore statunitense. Ha lavorato per il New Yorker e per l’Atlantic. L’ultimo libro pubblicato in Italia è L’ultima speranza. Ascesa e declino dell’America (Mondadori 2023).

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Questo articolo è uscito sul numero 1587 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati