“Ripeto quanto detto perché mi dicono che mi mangio le parole”. Enzo Jannacci, morto dieci anni fa, era un conduttore sbagliato ed esilarante, che Raiplay ricorda con un varietà di strepitosa anomalia come Gransimpatico. Andava in onda nel 1983 su Rai 2 e vedeva l’artista sempre fuori luogo, come tutti gli zelanti dispensatori di simpatia. La scena era pensata come un piccolo teatrino, con il pubblico ammaestrato a divertirsi e luci inutilmente stroboscopiche. Jannacci indossa un abito tagliato su un altro corpo e mima passi da tip tap su una quinta da festival di provincia. Un “vorrei ma non posso” che nasconde “un vorrei ma non voglio”. “Scarta” la band avvolta in teli di plastica, come fosse una scultura intarsiata. Massimo Boldi e Teo Teocoli hanno tempi comici perfetti. C’è Paolo Conte, e Peter Tosh entra in scena a suon di reggae pedalando su un monociclo come in una sequenza tagliata di un grande film. Maria Teresa Ruta azzarda una coreografia sbilenca, e la star Sylvie Vartan si esibisce nell’unico momento che sembra prendersi sul serio. Occhiali scuri alla Blues Brothers, i corsari Jannacci e Gaber cantano Una fetta di limone e, prima di chiudere con Vengo anch’io, il conduttore improvvisato distrugge una pianola per “lanciare un sol” e si congeda dal pubblico dicendo qualcosa che non sapremo mai perché quando diceva le cose, il gransimpatico, si mangiava le parole. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1509 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati