Disertori
I disertori non godono mai di buona stampa. Durante la seconda guerra mondiale si calcola che furono circa centomila. I film dell’epoca li dipingono come vigliacchi ed egoisti. I disertori ci sono in tutte le guerre, ma soprattutto in quelle di aggressione.
Nella guerra del Vietnam, tra il luglio del 1966 e la fine del 1973 furono cinquecentomila i ragazzi statunitensi che rifiutarono di arruolarsi ed emigrarono in Canada. La Svezia ha una lunga tradizione di accoglienza di disertori dai conflitti di tutte le latitudini.
Di soldati che disertano si comincia a parlare anche tra i russi mandati a combattere in Ucraina. Un quarto di loro sono reclute, molti sono giovanissimi, mal equipaggiati, senza addestramento, sottoposti a trattamenti crudeli da parte dei commilitoni più anziani.
Con un lungo lavoro d’indagine giornalistica, il New York Times ha verificato e analizzato le registrazioni delle conversazioni tra i soldati russi in Ucraina. Le voci che si sentono sono quelle di uomini in difficoltà e impauriti. Uno di loro chiede “soluzioni di ripiego” e un ucraino che si inserisce via radio gli urla: “Vai a casa! Meglio essere un disertore che fertilizzante”.
È difficile quantificare il numero di soldati russi che disertano: le fonti russe minimizzano, quelle ucraine esagerano.
Nello Scavo, del quotidiano Avvenire, è riuscito a entrare in contatto con le famiglie di alcuni di loro, dopo settimane di ricerche: “I casi di diserzione si stanno moltiplicando, mentre molti soldati a contratto si sono dimessi”, scrive Scavo. Un soldato gli racconta: “Eravamo in Bielorussia, ci avevano detto che era un’esercitazione come le altre. Hanno mentito. In Ucraina ci venivo in vacanza, a trovare i parenti, adesso mi chiedono di ucciderli”.
“Io non sono qui, egregio presidente, per ammazzar la gente più o meno come me”, cantava Boris Vian nel Déserteur, canzone tradotta in italiano da Giorgio Calabrese: “Per cui se servirà del sangue ad ogni costo, andate a dare il vostro se vi divertirà, e dica pure ai suoi, se vengono a cercarmi, che possono spararmi, io armi non ne ho”. ◆