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Fattoria

Washington, 31 gennaio 2024. Mark Zuckerberg all’udienza del senato statunitense sullo sfruttamento pedopornografico online.

20.13 Jessica A è una stronza. Devo pensare a qualcosa per distrarmi da lei. Devo pensare a qualcosa che mi occupi la mente. È abbastanza facile, ora mi serve solo un’idea.

21.48 Sono un po’ ubriaco, non lo nego. Che importa se non sono ancora le dieci di sera e se è martedì? Cosa? Vorrei quasi mettere alcune di queste facce accanto a foto di animali da fattoria e far votare la gente su chi è più attraente.

23.09 Sì, ci siamo. Non so bene come gli animali c’entrino in questa storia, intanto mi piace l’idea di mettere a confronto due persone.

È il 28 ottobre del 2003 e nella sua stanza nel dormitorio dell’università di Harvard lo studente Mark Zuckerberg, 19 anni compiuti a maggio, ha appena messo al mondo Facebook. Il sito si chiama ancora Face­mash.

Mostra foto di studenti selezionate a caso, prese dalla rete dell’università, e permette agli utenti di votare chi è il più bello o la più bella. Facemash fa scalpore e viene chiuso. Ma Zuckerberg insiste e il 4 febbraio 2004 è online TheFacebook.com.

Vent’anni dopo, è il più grande social network del mondo. Tre miliardi di persone scorrono il suo feed ogni mese. Ha sconfitto i concorrenti o li ha comprati, come nel caso di Instagram e WhatsApp. Sei delle dieci app più scaricate sono della Meta, la holding di Face­book. È diventato il più grande venditore di pubblicità al mondo dopo Google e il suo valore di mercato ha superato i mille miliardi di dollari.

“Facebook e i suoi imitatori non hanno fatto solo soldi. I social media sono diventati il modo principale con cui si usa internet e una parte importante della vita delle persone”, ha scritto l’Economist.

Resta aperta la questione di fondo: se sia giusto che piattaforme così grandi e rilevanti dal punto di vista economico, sociale e politico siano nelle mani di poche aziende private.

E se non sia invece il caso di democratizzarle e di sviluppare mezzi di comunicazione pubblici e cooperativi, al riparo dalla pressione del profitto a ogni costo, in grado di svolgere quel ruolo di pubblica utilità di cui ci sarebbe un grande bisogno. ◆

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