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Una spilletta per la prima giornata della Terra, Stati Uniti, 1970.

Era il 22 aprile 1970 quando venti milioni di statunitensi parteciparono a migliaia di manifestazioni in tutto il paese per la prima giornata della Terra. Ancora oggi è considerata la più grande mobilitazione nella storia dell’umanità e secondo molti segna la nascita del movimento ambientalista.

Ne parlavano su The Nation due attivisti per il clima, Jeff Jones e Eleanor Stein, ricordando come all’epoca molte persone di sinistra temevano che quelle manifestazioni distraessero da obiettivi più urgenti: la fine della guerra in Vietnam e la battaglia contro il razzismo.

“Solo decenni dopo, quando ci siamo uniti al movimento ambientalista, abbiamo riconosciuto la profonda connessione tra guerra ed emergenza climatica, tra razzismo e ingiustizia ambientale”.

Le guerre in corso stanno aggravando la crisi climatica e ostacolando la ricerca di una soluzione. Da una parte aumentano le emissioni di anidride carbonica: un rapporto pubblicato dal Guardian rivela che i primi due mesi di guerra a Gaza hanno prodotto più emissioni di gas serra di quelle generate da venti dei paesi più vulnerabili al cambiamento climatico.

Dall’altra i conflitti arricchiscono le industrie più inquinanti, non solo quella militare. Da quando è cominciata la guerra in Ucraina le grandi aziende del petrolio e del gas stanno ottenendo profitti enormi, stanno abbandonando i già modesti investimenti nelle energie rinnovabili, e nel frattempo le banche si rimangiano i loro impegni di disinvestimento dai combustibili fossili.

Per questo conflitti e clima sono strettamente connessi e per questo è fondamentale rafforzare i legami tra il movimento contro la guerra e quello per l’ambiente. Jones e Stein parlano di war and warming, guerra e riscaldamento.

E in vista della prossima giornata della Terra scrivono: “La cosa più importante che il presidente degli Stati Uniti può fare per il clima è imporre un cessate il fuoco a Gaza”. ◆

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