Umana
In un articolo uscito su Internazionale a metà maggio Rebecca Solnit racconta com’è cambiata San Francisco con la presenza delle grandi aziende tecnologiche.
Questi imprenditori “amano le scuole private, i jet privati, i mega-yacht e le isole private, aspirano a una vita segregata e protetta”, scrive Solnit, però si arricchiscono grazie a innovazioni che, mentre favoriscono il ritrarsi dalla vita sociale, mirano a raccogliere più informazioni possibili sulle nostre vite.
Solnit racconta che a San Francisco non ha mai incontrato questi miliardari, “ma per necessità uso le loro piattaforme e mi muovo tra i loro dipendenti”. E conclude: “Vivo in una città e, in una certa misura, in un mondo che sono stati radicalmente rimodellati dai loro desideri e ideali, che non sono i miei desideri e i miei ideali”.
Valerio Bassan, esperto di comunicazione e tecnologia, si occupa nella newsletter Ellissi della vicenda dell’attrice statunitense Scarlett Johansson che ha protestato con la OpenAi perché la sua voce è stata usata in un software senza il suo permesso.
Uno dei problemi, scrive Bassan, è che nelle presentazioni del software questa voce “non è solo ‘molto umana’, ma risponde anche a una concezione maschile ben precisa: quella che vuole una donna accondiscendente, in grado di esaudire ogni richiesta dell’interlocutore, e che lo fa utilizzando un tono seducente, quasi sessualizzato”.
Il settore della tecnologia è a maggioranza maschile (nelle aziende tecnologiche statunitensi le donne sono il 27,6 per cento, in Europa il 22 e in Italia il 15 per cento) ed è anche molto maschilista. Questo si riflette sui prodotti, sulle interfacce, sul marketing.
Bassan cita il lavoro di Tendernet, un gruppo di artiste e hacker che esplora pratiche femministe nel mondo dell’intelligenza artificiale.
Riferendosi alle tecnologie vocali (ma il ragionamento vale anche per le altre), le attiviste di Tendernet scrivono: “Sono progettate e codificate per arricchire le aziende in un contesto capitalistico, e princìpi come la giustizia, la diversità e l’accessibilità non sono considerati fondamentali”. ◆