Strappando
Alla fine Kamala Harris ha detto su Gaza parole generiche, il contrario di quello che molti speravano dalla persona candidata a guidare uno dei pochi paesi al mondo, forse l’unico, che potrebbe obbligare Netanyahu a fermare la guerra: “Sosterrò sempre il diritto di Israele a difendersi e farò in modo che Israele abbia la capacità di difendersi”.
E poi ha aggiunto: “Allo stesso tempo quello che è successo a Gaza negli ultimi dieci mesi è devastante. Tante vite innocenti sono andate perdute”.
Un reportage uscito la scorsa settimana sul New York Times racconta che sono migliaia i bambini e le bambine palestinesi che hanno perso uno o entrambi i genitori negli ultimi mesi.
“La guerra a Gaza sta strappando i figli ai genitori e i genitori ai figli, annullando l’ordine naturale delle cose. Sta creando tanti orfani che nessuno riesce a contarli”, scrivono Vivian Yee e Bilal Shbair.
I due giornalisti hanno raccolto le testimonianze del personale medico. I bambini sono lasciati nei corridoi degli ospedali dopo essere stati portati lì insanguinati e soli. “Bambino ferito, senza famiglia superstite”, li etichettano in alcuni ospedali. Le unità neonatali ospitano i bambini che nessuno è venuto a cercare.
Gli operatori umanitari provano a rintracciare i genitori, se sono vivi, o i parenti. Ma i canali di comunicazione tra strutture ufficiali e sanitarie sono collassati. E i continui ordini di evacuazione hanno frantumato i nuclei familiari, contribuendo a rendere ancora più complicato ritrovare gli eventuali genitori.
A Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, c’è un campo gestito da volontari che ospita più di mille bambini orfani. Una sezione è riservata agli “unici sopravvissuti”, quelli che hanno perso tutta la famiglia. C’è una lunga lista d’attesa.
Usando un metodo statistico ricavato dall’analisi di altre guerre, gli esperti delle Nazioni Unite stimano che almeno 19mila bambini e bambine stanno sopravvivendo lontano dai loro genitori, con parenti, con altre persone che si prendono cura di loro o da soli. “Ma la cifra reale”, scrive il New York Times, “probabilmente è più alta”. ◆