Cartone
Per la prima volta da agosto, Donald Trump ha di nuovo superato Kamala Harris nel modello statistico messo a punto dall’Economist per cercare di prevedere il risultato delle elezioni del 5 novembre. Il candidato repubblicano ha il 54 per cento di probabilità di diventare presidente. Anche se è ancora tutto incerto “come quando tiriamo una monetina”, scrive l’Economist, oggi Trump sembra favorito e gli statunitensi potrebbero decidere di farlo tornare alla Casa Bianca. Ma quanto dovremmo preoccuparci? Il giornalista Adam Gopnik ha cercato di rispondere alla domanda sul New Yorker e per farlo ha analizzato l’attuale stagione politica del paese. Gli Stati Uniti saranno pure sull’orlo dell’abisso, dice Gopnik, ma “non c’è nulla che annunci l’avvicinarsi di un’apocalisse”. Il paese “non è in preda a rivolte, iperinflazione o impoverimento di massa”. La società è polarizzata, è vero, però le linee di frattura sono sfumate e attraversano le distinzioni tradizionali tra destra e sinistra, tra giovani e anziani, tra classi sociali o livelli di scolarizzazione. Proprio come il sostegno a Trump è trasversale, lo è anche la divisione tra i suoi oppositori. Gopnik distingue tra quelli, come lui, che enfatizzano, cioè che considerano Trump una minaccia senza precedenti per la democrazia, e quelli che minimizzano, convinti che sia un clown come periodicamente se ne vedono nella storia dei paesi democratici. Se fossimo in un cartone animato, scrive il giornalista, Trump farebbe la parte del cattivo: prepotente, bugiardo, invidioso, scaltro, per certi versi ridicolo. Ma non siamo in un cartone animato, e Trump è reale e pericoloso. Gopnik conclude con l’elenco di tutto quello che, nel suo paese e in giro per il mondo, potrebbe cambiare in peggio se Trump tornasse alla Casa Bianca. Forse le sue preoccupazioni sono esagerate. Sarebbe meglio non doverlo mai appurare. ◆