Ha rovinato un’infinità di notti e sicuramente anche molte relazioni. Provare a dormire accanto a una persona che russa significa proprio questo: provarci. Quando il motore si accende ci sono poche contromisure, a parte una spinta, i tappi per le orecchie e la pazienza di un santo.

Il problema del russare è che molti lo considerano solo un imbarazzo o un fastidio e si sforzano di tollerarlo. Ma in realtà diverse ricerche indicano che si tratta di un problema di salute serio e diffuso.

Russare non è solo legato alle interruzioni del sonno, può essere il segnale di disturbi futuri, e sembra avere effetti potenzialmente gravi sul sistema cardiovascolare. Nonostante siano stati commercializzati molti rimedi, al momento non è chiaro quali funzionino davvero. Ma oggi che gli esperti del sonno si concentrano sui pericoli nascosti del russare, c’è speranza che l’incubo possa finire presto.

Russare è un fenomeno molto comune, anche se stabilire con precisione quanto è piuttosto difficile. Molte persone lo fanno senza saperlo. “Se chiedi a qualcuno ‘tu russi?’, molti ti diranno ‘non lo so, io di notte dormo’”, dice Danny Eckert, direttore del dipartimento di salute del sonno presso il Flinders health and medical research institute di Adelaide, in Australia. “Un eventuale compagno potrebbe fornire una risposta a questa domanda, ma molte persone dormono da sole”. Secondo Eckert, comunque, tantissime persone russano. “È un grande problema, nonché il principale motivo per cui ci si rivolge alla nostra clinica”, spiega.

La maggior parte delle stime si basa sui resoconti dei soggetti e dei loro partner. Anche per questo i risultati sono estremamente variabili: alcuni studi attestano un’incidenza dell’1,5 per cento, mentre altri arrivano addirittura all’83 per cento. Ma due dati spesso citati sono che il 45 per cento degli adulti russa occasionalmente e il 25 per cento lo fa regolarmente. Inoltre è attestato che gli uomini sono più inclini rispetto alle donne e che la frequenza è direttamente proporzionale all’età e all’indice di massa corporea. Il consumo di alcol, l’assunzione di sonniferi e l’abitudine a dormire in posizione supina amplificano il problema.

Per chiunque abbia la sfortuna di trovarsi nelle vicinanze, russare è russare. Tuttavia, da una prospettiva medica, esistono due categorie. La prima è un disturbo della respirazione durante il sonno, come l’apnea ostruttiva nel sonno (Osa) o l’ipopnea. Di solito questi problemi sono provocati dal cedimento delle strutture delle vie respiratorie superiori sotto il peso della gravità. Quando l’aria passa attraverso questi tessuti spugnosi, li fa vibrare rumorosamente.

I tessuti che si trovano nella parte superiore della gola possono ostruire pienamente (nel caso dell’Osa) o parzialmente (nel caso dell’ipopnea) la trachea, provocando una pericolosa riduzione dei livelli di ossigeno nel sangue del soggetto. Le persone affette da apnea ostruttiva grave smettono di respirare anche per centinaia di volte in una notte.

Arterie che vibrano

Russare è spesso un sintomo di questi disturbi, ma non sempre. Circa un terzo delle persone che russano abitualmente, infatti, non è affetto da Osa né da ipopnea. I componenti di questo secondo gruppo sono classificati come russatori “primari”. Anche nel loro caso la causa del russare è un’occlusione delle vie respiratorie, ma il tessuto non interferisce sostanzialmente con l’apporto di aria nei polmoni. Secondo la definizione dell’American academy of sleep medicine, i russatori primari sperimentano in media meno di cinque episodi di apnea o ipopnea per ogni ora di sonno, molti meno rispetto alle persone affette da Osa grave.

L’Osa è stata associata a diversi disturbi cardiovascolari, soprattutto gli ictus, mentre il russamento primario è stato sempre considerato una minaccia minore. Tra le conseguenze più note di quello primario ci sono sonnolenza durante il giorno, irritabilità, mal di testa e calo delle prestazioni cognitive. Inoltre i partner di chi russa corrono il rischio di danni all’udito, soprattutto nell’orecchio rivolto verso il russatore.

Ma russare non rovina solo la qualità del sonno. Da tempo le forme più intense di questo disturbo sono associate a una malattia chiamata aterosclerosi carotidea, in cui all’interno delle principali arterie del collo si formano placche solide. Si tratta di un importante fattore di rischio di ictus, perché pezzi di placche possono staccarsi, scorrere verso il cervello e bloccare piccoli vasi sanguigni.

Per anni questo disturbo è stato associato all’Osa più che al russamento primario, ma le cose sono cambiate nel 2008, quando i ricercatori del Westmead institute for medical research di Sydney, in Australia, hanno esaminato le carotidi di un gruppo di russatori primari e di non russatori, scoprendo che molti dei primi erano affetti da aterosclerosi carotidea, e che l’incidenza era legata all’intensità del disturbo. Circa due terzi dei russatori presi in esame – ovvero quelli che russavano per più di metà del sonno notturno – soffrivano della malattia.

I ricercatori hanno esaminato anche le arterie femorali dei russatori, senza trovare segni di aterosclerosi e arrivando alla conclusione che il problema alle carotidi fosse legato specificamente al russare.

Il meccanismo di questo fenomeno era già stato ipotizzato: l’arteria carotide è vicina alle parti del corpo che vibrano durante il russamento, dunque potrebbe essere danneggiata dall’esposizione prolungata a uno stress meccanico. I ricercatori australiani hanno sottoposto le arterie carotidi di conigli anestetizzati a sei ore di vibrazioni paragonabili a quelle del russamento. Le pareti delle arterie delle cavie si sono contratte, un fattore che notoriamente precede l’aterosclerosi.

I risultati dello studio hanno spinto Jeremy Rich, all’epoca al Walter Reed army medical center di Washington, a indagare più approfonditamente. Rich e i suoi collaboratori hanno consultato un archivio con i dati di 77mila russatori abituali con sospetta Osa. La maggior parte dei soggetti era effettivamente affetta dal disturbo, ma circa seimila non lo erano, eppure avevano ugualmente un maggior rischio di morte.

Anche quando i ricercatori hanno escluso dall’analisi le persone affette da obesità (un ulteriore fattore di rischio), nei russatori primari la mortalità era il 16 per cento più elevata del previsto. Il motivo non è ancora chiaro. Il collegamento con l’aterosclerosi carotidea è una possibilità, e lo stesso vale per il fatto che molti russatori primari vivono comunque episodi di apnea o ipopnea. Il russamento primario può essere un precursore di una Osa o di un’ipopnea, e alcuni russatori esaminati nello studio potrebbero aver sviluppato uno dei due disturbi dopo i test.

La pressione sale

Da allora l’attenzione ai rischi del russamento primario è cresciuta. Nel 2018 uno studio ha stabilito un legame tra il russamento e l’aterosclerosi carotidea, verificando che i russatori primari avevano più probabilità di sviluppare uno dei sintomi del disturbo: la stenosi (o restringimento) dell’arteria carotide.

Un altro fenomeno preoccupante è la sindrome metabolica (Mets), una pericolosa combinazione tra obesità, ipertensione, alti livelli di grassi nel sangue e glicemia elevata. L’Osa è un fattore di rischio conosciuto per la Mets, ma ora anche il russamento primario è associato alla sindrome. I primi segni di un collegamento tra i due disturbi sono emersi all’inizio degli anni duemila. Da allora le prove si sono moltiplicate.

Il russamento più forte mai registrato ha raggiunto i 93 dB(A). “È un rumore che si avvicina a quello di un martello pneumatico”, spiega Eckert

Nel 2020 i ricercatori dell’università Shanxi di Taiyuan, in Cina, hanno analizzato gli studi pubblicati concludendo che il russamento primario è chiaramente associabile alla Mets, anche se la direzione della causalità non è chiara. È infatti possibile che la sindrome metabolica o i suoi componenti provochino il russamento e non viceversa. Le persone con un elevato indice di massa corporea, per esempio, hanno più probabilità di russare.

Tuttavia esiste un componente della Mets che si sta rivelando particolarmente preoccupante per i russatori primari: la pressione alta, o ipertensione, un fattore di rischio rilevante per le malattie renali e cardiovascolari.

Nel 2018 Serge Brand dell’università di Basilea, in Svizzera, ha pubblicato insieme ai colleghi uno studio basato su 181 adulti di età compresa tra 40 e 60 anni in cura presso una clinica del sonno dell’università di Kermanshah, in Iran, a causa di difficoltà respiratorie durante il sonno. Tutti i soggetti hanno trascorso una notte nel laboratorio del sonno per valutare se soffrivano di Osa e misurare la pressione sanguigna. Quando i ricercatori hanno analizzato i dati, hanno scoperto che le persone affette da Osa avevano più probabilità di essere ipertese, ma lo stesso valeva per i russatori primari.

Lo studio si basava su un campione limitato, ma ricerche di portata più ampia ne hanno confermato le conclusioni. Alcuni mesi fa una squadra guidata da Bastien Lechat, collega di Eckert al Flinders health and medical research institute, ha esaminato più di 12mila individui di mezza età con sospetta Osa, soprattutto maschi. I partecipanti allo studio usavano già un dispositivo per analizzare il sonno e registrare gli episodi di apnea e ipopnea, e monitoravano l’andamento della loro pressione sanguigna.

Per sei mesi la squadra di Lechat ha raccolto i dati di ciascun partecipante. Circa il 20 per cento era affetto da ipertensione, disturbo che consiste in una pressione sistolica e diastolica di 140/90 mmHg o superiore. In molti casi l’ipertensione poteva essere collegata all’Osa, com’era prevedibile.

Tuttavia, quando i ricercatori hanno escluso i soggetti affetti da Osa, hanno scoperto che anche i russatori primari tendevano a essere ipertesi, con circa il doppio di probabilità di superare la soglia dei 140/90. In media la loro pressione sanguigna era di 6 mmHg superiore rispetto ai non russatori. È un risultato significativo, spiega Lechat, perché nelle persone di età compresa tra 40 e 69 anni un aumento della pressione sistolica di 20 mmHg o di quella diastolica di 10 mmHg raddoppia il rischio di morte causata da ictus o malattie cardiache.

La direzione di causalità non è stata ancora stabilita con precisione, ma è importante notare che i russatori primari ipertesi erano più giovani e magri rispetto alla media dei partecipanti, spiega Eckert. Questo significa che la loro pressione elevata non può essere attribuita solo all’età e alla massa corporea. Esistono diversi meccanismi per cui il russamento primario potrebbe causare l’ipertensione. “Abbiamo comunque un rilassamento e un restringimento dei muscoli e delle strutture delle vie respiratorie”, sottolinea Eckert. “Forse non basta a ridurre eccessivamente i livelli di ossigeno, ma aumenta comunque la sollecitazione sul cuore e sui muscoli respiratori. Questo può far salire la pressione sanguigna”. Inoltre l’aterosclerosi è una delle cause dell’ipertensione, perché restringe le arterie. “Russare potrebbe essere uno dei meccanismi che contribuiscono all’ipertensione”, hanno concluso Lechat e i suoi colleghi nel loro studio.

Ma la causa potrebbe anche essere qualcosa di completamente diverso: l’esposizione al rumore. Questa è spesso espressa in decibel ponderati A, o dB(A), una misura che tiene conto della sensibilità dell’orecchio umano alle varie frequenze. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, livelli oltre i 45 dB(A) – equivalenti al rumore di una radio in sottofondo – possono provocare un’alterazione del sonno, identificata come una delle possibili ragioni dell’ipertensione: un’esposizione regolare all’inquinamento acustico notturno oltre i 53 dB(A) può far salire la pressione, forse perché fa aumentare i livelli degli ormoni dello stress.

Il rumore prodotto da chi russa supera regolarmente queste soglie. Un piccolo studio pubblicato nel 2019 ha rilevato che due terzi dei russatori abituali superano i 45 dB(A), mentre il 14 per cento supera i 53 dB(A). Secondo il Guinness dei primati, il russamento più forte mai registrato ha raggiunto i 93 dB(A). “È un rumore che si avvicina a quello di un martello pneumatico”, spiega Eckert.

Il passo successivo per la squadra di Flinders è curare il russamento primario e controllare se in questo modo si riduce anche la pressione sanguigna. Se fosse così, allora la freccia della causalità indicherebbe chiaramente che il russamento provoca l’ipertensione. Per il momento i russatori farebbero meglio a farsi controllare la pressione, consiglia Eckert.

Vittime trascurate

Tutto questo sottolinea l’urgenza di trovare rimedi adatti. Per l’Osa la soluzione può essere la chirurgia, ma come si possono aiutare i russatori primari? Nel 2023 l’Australasian sleep association ha pubblicato alcune linee guida che comprendevano perdere peso, ridurre il consumo di alcol, non dormire in posizione supina e usare strumenti per tenere aperte le vie respiratorie. Tra le misure più drastiche che richiedono la supervisione medica ci sono la ventilazione meccanica a pressione positiva continua (Cpap), effettuata attraverso uno strumento che mantiene aperte le vie respiratorie, oppure, come ultima spiaggia, l’intervento chirurgico al naso o al palato per rimuovere i tessuti che provocano la vibrazione. Eckert spiega che questi rimedi sono prescritti regolarmente, ma non esistono prove certe della loro efficacia. E molte delle soluzioni alternative sono ancora meno affidabili. “C’è un sacco di spazzatura in giro”, dice.

Alcuni mesi fa Chidsanu Changsiripun, all’epoca all’università di York, nel Regno Unito, ha effettuato insieme ad alcuni colleghi una revisione sistematica degli studi sui possibili rimedi. Non hanno valutato la consistenza delle prove, ma hanno trovato diverse incongruenze. Per esempio non esiste alcuno studio sull’efficacia di perdere peso, ridurre il consumo di alcol e smettere di fumare. “Diversi interventi sul comportamento non sono stati valutati adeguatamente, nonostante siano suggeriti da anni ai russatori”, sottolinea Changsiripun. Un’altra lacuna è che pochi studi valutano l’impatto sui partner dei russatori, anche se “sono spesso le vittime principali del russamento”, spiega Catriona McDaid dell’università di York.

Questa scarsità di dati è probabilmente dovuta al fatto che il russamento primario non è ancora considerato un fattore di rischio sanitario rilevante, spiega Eckert, altrimenti avremmo ricerche più complete sulle possibili soluzioni.

Per il momento le vittime del russamento dovranno accontentarsi del poco che sappiamo. Ma Changsiripun continua a investigare. “Se volete sapere quali rimedi funzionano davvero, restate sintonizzati”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1584 di Internazionale, a pagina 70. Compra questo numero | Abbonati