In tre giorni nei territori della regione di Kiev riconquistati dalle forze ucraine sono stati recuperati i corpi di 410 civili uccisi. I pubblici ministeri e gli esperti forensi ne hanno già esaminati 140. Tra loro ci sono le vittime ritratte nelle terribili immagini e nei video che hanno fatto il giro del mondo: uomini, donne e bambini uccisi da schegge di proiettili o da colpi sparati a bruciapelo.
Buča è stata paragonata a Srebrenica (dove nel 1995 più di ottomila musulmani bosniaci furono uccisi dalle milizie dei serbi di Bosnia) e la tanto celebrata ed enigmatica “anima russa” è finita dritta all’inferno. Ora noi ucraini ci aspettiamo che i colpevoli siano puniti: dai generali russi che danno gli ordini ai soldati che sparano ai civili, fino a chi fa propaganda per il sanguinoso regime del presidente russo Vladimir Putin.
Ma perché questo succeda devono essere soddisfatte due condizioni: prima di tutto bisognerà condurre una scrupolosa indagine a livello nazionale e, in secondo luogo, in base ai risultati ottenuti, rivolgersi alla Corte penale internazionale dell’Aja, nei Paesi Bassi. In questo modo saranno chiamati a pagare per le proprie colpe non solo gli assassini e i loro comandanti, ma anche tutti i personaggi pubblici che cinicamente hanno definito una messa in scena le immagini dell’eccidio: per esempio la responsabile della comunicazione del ministero degli esteri russo, Marija Zacharova, e la direttrice della rete tv RT, Margarita Simonjan.
“L’intero territorio della regione di Kiev liberato dagli invasori è diviso in quadranti”, ha spiegato il 3 aprile Irina Venediktova, la procuratrice generale dell’Ucraina. “Nel solo distretto di Buča più di cinquanta tra agenti di polizia e pubblici ministeri stanno svolgendo le indagini più urgenti. Altri investigatori ed esperti forensi stanno facendo esami e raccogliendo campioni di dna all’istituto di medicina legale”.
Al lavoro
A Buča ci sono stati tre giorni di coprifuoco. La città è stata riaperta alle sei di mattina del 5 aprile.
Il servizio di sicurezza ucraino e la polizia sono al lavoro dal 3 aprile. La supervisione spetta alla procura della regione di Kiev e al vice procuratore generale Maksim Jakubovskij, subentrato nel 2021 a Gündüz Mammedov (che aveva creato praticamente da solo il cosiddetto dipartimento della guerra per indagare sui crimini compiuti nel Donbass e in Crimea, e oggi non ha più nessun ruolo nel suo funzionamento). Il tema della collaborazione tra forze dell’ordine e attivisti per i diritti umani è però una questione a parte. C’è da sperare che l’ufficio del pubblico ministero tenga conto del materiale raccolto da gruppi e organizzazioni pubbliche e che trovi un modo per usarlo all’Aja.
Al momento ci sono due tipi di problemi: i danni alle infrastrutture causati dai bombardamenti sulle città della regione di Kiev e i crimini contro i civili, di cui Buča è diventata il simbolo. La città non ha subìto le stesse devastazioni di Irpin, su cui l’aviazione e l’artiglieria russe si sono particolarmente accanite. A Buča i russi hanno “lavorato” sulle persone. Tuttavia, i corpi finora rinvenuti sono solo la punta dell’iceberg. Ora bisognerà cercare negli appartamenti e negli scantinati, e trovare i luoghi di sepoltura delle vittime.
“Le autorità sono interessate a qualsiasi dettaglio sulle azioni degli occupanti russi”
Nella prima fase, oltre a inviare i corpi esaminati agli obitori locali, gli specialisti devono delimitare le aree in cui sono stati commessi i crimini e interrogare i testimoni. Per raccogliere prove per l’accusa bisogna determinare l’ora e la causa della morte, l’eventuale presenza di proiettili, bossoli, schegge. “Andando al villaggio di Stojanka abbiamo incontrato un gran numero di auto crivellate di colpi e abbiamo visto molti cadaveri bruciati. Evidentemente i russi hanno sparato proiettili incendiari, sulle macchine e sulle persone”, racconta un poliziotto.
In base all’articolo 438 del codice penale ucraino, tutti questi omicidi sono violazioni delle norme del diritto bellico. Per l’omicidio di civili sono previsti fino a quindici anni di reclusione. I dipendenti del servizio di sicurezza ucraino, la cui giurisdizione copre proprio questi casi, non sono abbastanza numerosi, perciò è la polizia a svolgere la maggior parte del lavoro. In ciascuno dei nove quadranti di Buča sono presenti diversi gruppi di investigatori. Secondo le forze dell’ordine, al momento le risorse impegnate sono sufficienti per raccogliere e analizzare le informazioni senza tralasciare nulla. “Non si vedranno file di investigatori andare in giro per Buča”, spiega la fonte di Zerkalo Nedeli nella procura generale. “Le forze dell’ordine si attivano in base ai messaggi dei residenti locali, dei soccorritori e di tutti quelli che si trovano sul posto”.
Tuttavia, a mano a mano che vengono alla luce nuovi crimini, il numero delle persone impegnate nelle ricerche potrebbe aumentare. Anche perché le autorità sono interessate a qualsiasi dettaglio sulle azioni dei russi durante l’occupazione. “Oggi, per esempio, abbiamo interrogato un uomo che ci ha detto di essere stato costretto a seppellire delle persone. Ha promesso di mostrarci dove sono”, spiega la fonte di Zerkalo Nedeli.
Riguardo alla dichiarazione del sindaco di Buča, Anatolij Fedoruk, sull’esistenza di una fossa comune con più di trecento corpi non ci sono ancora notizie certe. Nemmeno la fossa comune mostrata nel video che ha sconvolto l’Ucraina è stata identificata. “Potrebbero esserci persone uccise per mano degli occupanti o morte per cause naturali – infarti, ictus – legate al conflitto”, ci dice la nostra fonte. “Non va dimenticato che è in corso una guerra e che a sparare sono entrambe le parti”.
A questo proposito, viste la complessità e l’eccezionalità dell’argomento, le forze dell’ordine chiedono ai giornalisti di limitarsi a pubblicare solo testimonianze oculari confermate dai fatti. “So che sto per dire una cosa impopolare”, chiarisce la fonte. “Ma dobbiamo dimostrare scrupolosamente ogni crimine. Solo allora potremo fare parallelismi con Srebrenica, dove sono morte ottomila persone”. A Buča, infatti, il numero di civili uccisi potrebbe risultare inferiore. E speriamo che sia così. Ma questo non esclude in nessun modo che si possa arrivare all’accusa di genocidio, anche perché ci sono altre città – non solo nella regione di Kiev, ma anche Mariupol, Černihiv, Charkiv, Mykolaïv – in cui la portata dei crimini commessi potrebbe superare le più terribili aspettative.
La catena di comando
Dal 4 aprile i contatti dei pubblici ministeri responsabili delle indagini sono disponibili sulle pagine dei social network e su altre piattaforme pubbliche. E tutti gli ucraini conoscono il numero di telefono della polizia. Condividere informazioni con le autorità, insomma, è molto semplice. Il 3 aprile a Buča si è anche cercato di riaprire l’ufficio del procuratore, ma era ancora minato.
I problemi comunque non mancano. Non è chiaro, per esempio, dove debbano essere portate le macchine colpite dai proiettili, che sono delle prove. Le strade, inoltre, sono piene di veicoli abbandonati: bisognerà individuare i proprietari e capire cosa gli è successo. Come se non bastasse, i boschi, dove probabilmente le persone si sono rifugiate per sfuggire alle bombe, sono stati minati. Per questo molto presto potrebbe esserci un’ondata di denunce di persone scomparse. Purtroppo dopo la ritirata dei russi sono aumentati anche i saccheggi da parte delle persone del posto. Evitare e prevenire questi crimini è essenziale.
“Ma la cosa principale è avere pazienza e fiducia nelle forze dell’ordine”, continua la fonte di Zerkalo Nedeli. “Il medico legale non può fare venti autopsie al giorno, rischierebbe d’impazzire. Un investigatore non può percorrere trenta chilometri al giorno. I potenziali testimoni non accetterebbero di essere interrogati alle tre di notte. Le autorità devono avere il tempo per condurre le indagini in modo professionale. Non bisogna preoccuparsi di fare contenti i giornali e le tv. A voi giornalisti bastano dieci minuti per raccontare una storia, noi invece dobbiamo indagare per settimane. Raccogliamo documenti ed elementi procedurali, non emozioni”.
Per quanto riguarda Buča, il problema principale è che praticamente non sono stati fatti prigionieri russi. Le possibili spiegazioni sono diverse. I russi sono arrivati in città e se ne sono andati in silenzio, e le battaglie principali si sono svolte a Irpin, fa notare qualcuno. Altri sostengono che, una volta viste le atrocità commesse, i responsabili non potevano essere risparmiati.
Per identificare i soldati russi le forze dell’ordine fanno affidamento sui materiali video e sui filmati delle telecamere private. In questo modo le persone individuate potranno essere riconosciute da qualcuno in Russia e poi magari segnalate alla polizia ucraina, che le inserirà nelle liste dei ricercati internazionali. E forse alcune di loro saranno arrestate all’arrivo in qualche località turistica lontana dalla Russia.
Un altro elemento a cui si affidano le forze dell’ordine ucraine sono le registrazioni delle conversazioni telefoniche, da cui si potrebbero ricavare confessioni di omicidi. Altre importanti informazioni possono arrivare dall’ascolto delle conversazioni in cui i “liberatori russi” raccontano alle mogli e alle madri come hanno saccheggiato le case degli ucraini. Tanto più che i servizi segreti di Kiev hanno i nomi e i numeri delle unità e dei loro comandanti. Da un punto di vista tecnico è un lavoro molto difficile. “Ma ci proveremo”, continua la fonte. “A Sumy abbiamo identificato il responsabile dell’omicidio di un’intera famiglia e lo abbiamo arrestato. È stato estremamente difficile”.
Un lavoro simile andrà svolto anche a proposito della distruzione delle infrastrutture civili e degli edifici residenziali. Molto probabilmente, tuttavia, si riuscirà a incriminare solo i piloti catturati. Individuare gli artiglieri e gli altri soldati coinvolti sarà molto più difficile. Per quanto riguarda le decisioni che potrebbe prendere la Corte internazionale penale dell’Aja, va detto che i nomi dei soldati semplici e degli esecutori dei crimini non sono fondamentali. Secondo tutte le norme internazionali, nel caso degli omicidi di massa la responsabilità ricade sul comandante in capo, sul presidente e sui più alti ranghi dell’esercito.
Il 3 aprile il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj ha rilasciato alcune dichiarazioni importanti sui fatti scoperti a Buča e ha ipotizzato la creazione di un organismo speciale per indagare sui crimini di guerra e contro l’umanità con il coinvolgimento di esperti internazionali. È importante ricordare che per rendere possibile tutto questo l’Ucraina dovrebbe subito ratificare lo statuto di Roma, con cui nel 1998 è stata istituita la Corte penale internazionale.
A proposito del progetto di Zelenskyj, Oleksandra Matviyčuk, capo dell’organizzazione Euromaidan Sos e del centro per le libertà civili, spiega: “Si tratterebbe del lavoro congiunto di specialisti ucraini e internazionali: investigatori, pubblici ministeri e giudici. Molto probabilmente il presidente ha in mente di creare un apposito tribunale internazionale. Teniamo presente che la Corte penale internazionale tende a occuparsi dei ‘pesci più grossi’. Ovviamente non è in grado d’indagare su tutti i crimini di guerra commessi nel mondo e sui loro autori. Inoltre, attualmente non ha giurisdizione sul delitto di aggressione. Perciò la creazione di un tribunale internazionale ibrido sarebbe utilissima. Il nuovo organismo si occuperebbe della parte investigativa e processuale, cercando di far luce su tutti i reati commessi. Per questo è urgente che il presidente Zelenskyj firmi il disegno di legge n. 2689 sull’accoglimento delle norme del diritto penale internazionale. Solo in questo modo quello che abbiamo visto a Buča, Hostomel, Irpin, Makarov, Motyžin e in altre città e villaggi della regione di Kiev potrà essere giudicato come crimine di guerra e contro l’umanità”.
Tutto il nostro odio
Ci ho provato. Solo fatti, senza inutili emozioni. Ma dentro di me tutto è lentamente e inesorabilmente scalzato dall’odio. Cosa fare di tutto quest’odio? Come gestirlo, come regolare i suoi meccanismi? Come e dove conservarlo per evitare di diventare come loro, per uscire da questa guerra sulle nostre gambe? ◆ ab
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Questo articolo è uscito sul numero 1455 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati