I crimini commessi da Matteo Messina Denaro fanno gelare il sangue anche se si tiene conto degli standard della mafia. I magistrati gli hanno attribuito decine di omicidi negli anni novanta, compreso il rapimento e l’uccisione di un bambino di dodici anni, figlio di un pentito, il cui corpo è stato poi sciolto nell’acido. Messina Denaro, sessant’anni, ha avuto un ruolo negli attentati in cui sono stati uccisi i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nelle bombe esplose a Milano, Firenze e Roma nel 1993, e nell’omicidio per soffocamento di una donna incinta.
Ma il 16 gennaio, dopo trent’anni di latitanza durante i quali era diventato l’uomo più ricercato d’Italia, l’ultimo boss legato al periodo violento in cui la mafia siciliana aveva dichiarato guerra allo stato si è lasciato tranquillamente arrestare fuori da una clinica privata di Palermo, dov’era in cura sotto falso nome. “Fino a stamattina non sapevamo neanche che faccia avesse”, ha dichiarato il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia.
I leader politici italiani, compresa la presidente del consiglio Giorgia Meloni, che è volata in Sicilia per complimentarsi con le forze dell’ordine, hanno sottolineato che l’arresto è la prova che la giustizia italiana, anche se lenta, alla fine raggiunge i mafiosi. “Questa era una battaglia fondamentale da vincere”, ha dichiarato Meloni ai giornalisti fuori dal tribunale di Palermo. “È un colpo durissimo alla criminalità organizzata”.
Il presidente della repubblica Sergio Mattarella, il cui fratello Piersanti è stato assassinato dalla mafia nel 1980, quando era presidente della regione siciliana, ha telefonato al ministro dell’interno e al comandante generale dell’arma dei carabinieri per congratularsi con loro.
Tuttavia, gli esperti e i magistrati di Palermo, come De Lucia, che ha definito l’arresto un “contributo importante”, sono più prudenti sulle effettive conseguenze della cattura di Messina Denaro su cosa nostra e sulle altre mafie del paese, ancora molto organizzate e potenti.
“Il suo arresto indebolisce sicuramente la mafia siciliana, ma non è il colpo di grazia”, ha dichiarato Lirio Abbate, giornalista siciliano che ha scritto un libro su Messina Denaro. Secondo Abbate, i decenni di attività incessante delle forze dell’ordine contro la mafia – con le condanne all’ergastolo senza possibilità di uscire dal carcere per i boss, i sequestri dei beni e la lotta contro le attività criminali – l’hanno indebolita. Tuttavia, il giornalista sottolinea che la ’ndrangheta e la camorra hanno preso il posto della mafia siciliana, aumentando il loro potere attraverso il traffico di droga e armi, e altre attività illegali. “La mafia siciliana non ha più la presa che invece hanno organizzazioni come la ’ndrangheta e la camorra”, ha spiegato Abbate. “Ma è una metastasi, continua a rigenerarsi”.
Messina Denaro è una figura di spicco, ma non ha mai avuto l’occasione di diventare capo dei capi, perché secondo le famiglie palermitane quel ruolo spetta a qualcuno originario di Palermo o della sua provincia.
In ogni caso Messina Denaro era arrivato a controllare la provincia di Trapani anche da latitante. Oltre che per la sua ferocia, era famoso per la sua bravura negli affari: puntava sulle infiltrazioni nelle attività lecite, comprese quelle nel campo dell’energia eolica. Poteva contare sulla protezione di una rete di mafiosi, ma secondo le autorità è stato aiutato anche da “persone non affiliate”, un segnale del suo potere corruttivo.
Conversazioni intercettate
Le forze dell’ordine avevano pochi indizi per rintracciare Messina Denaro. Perfino il suo aspetto fisico è stato a lungo oggetto di dubbi. Nel 2021 i mezzi d’informazione italiani avevano pubblicato alcuni fotogrammi di un video che mostrava un anziano a bordo di un fuoristrada nelle campagne siciliane, sostenendo che si trattasse del boss. Altri avvistamenti sono stati segnalati in tutta Europa. Qualcuno ipotizzava che Messina Denaro si fosse sottoposto a un’operazione di chirurgia plastica per alterare i propri lineamenti e nascondere la sua identità. Le uniche prove nelle mani della polizia erano un nastro con la sua voce registrata in tribunale a Palermo durante un’udienza del 1993 e una lettera scritta a mano e consegnata dal boss alla sua ragazza prima di cominciare la latitanza.
Per restringere il campo delle ricerche le autorità avevano diffuso tra le forze dell’ordine e i mezzi d’informazione un’immagine di Messina Denaro generata dal computer, basandosi sulla foto di un album di famiglia che risale agli anni novanta. A settembre del 2021 un uomo di Liverpool, nel Regno Unito, era stato arrestato nei Paesi Bassi dopo essere stato scambiato per Messina Denaro. Era stato rilasciato pochi giorni dopo. Questa volta non ci sono stati dubbi: quando l’hanno fermato a Palermo, Messina Denaro “ha confessato immediatamente”, ha dichiarato Paolo Guido, il pubblico ministero che ha seguito le operazioni per la cattura nel capoluogo siciliano. Durante le indagini e grazie alle conversazioni intercettate dei collaboratori del boss, le autorità avevano scoperto che Messina Denaro ha un tumore che richiede cure specifiche in ospedale. A quel punto magistrati e forze dell’ordine hanno cominciato a monitorare l’archivio nazionale dei pazienti sottoposti a quel tipo di trattamento e nel corso del tempo hanno ridotto la lista a pochi nomi, compreso uno che più si sospettava essere quello usato dal boss. “Via via si scremava la lista”, ha confermato il 16 gennaio il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri (Ros). Angelosanto ha ammesso che le autorità avevano un forte sospetto, ma “la certezza che fosse lui è arrivata solo dopo la cattura”.
Messina Denaro indossava occhiali scuri, un giubbotto di montone, un cappello abbinato e un orologio Franck Muller, che secondo le autorità vale 35mila euro, e si è presentato nella clinica in compagnia di un altro uomo della provincia di Trapani. Gli agenti erano appostati vicino ai diversi ingressi della struttura e lo hanno fermato in una strada laterale. Hanno controllato la carta d’identità, un documento poi risultato falso, e hanno visto che era intestata ad Andrea Bonafede, il nome che stavano cercando. I carabinieri hanno detto che quando gli hanno chiesto il nome lui ha risposto: “Matteo Messina Denaro”. Fuori dalla clinica i passanti hanno applaudito gli agenti, molti dei quali avevano il volto coperto da un passamontagna. Poi il boss è stato fatto salire su un furgone nero, diretto verso un luogo segreto. Il pubblico ministero Guido ha spiegato che Messina Denaro, come qualsiasi cittadino italiano, ha diritto all’assistenza sanitaria, ma ora la riceverà “in un carcere”.
L’ultimo dei capi
In cella sono finiti, e sono morti, anche i capi di Messina Denaro. Salvatore Riina, il “capo dei capi”, responsabile di una serie di feroci omicidi di magistrati e agenti di polizia negli anni novanta, fu catturato nel 1993, sempre a Palermo. Riina aveva preso sotto la sua ala Messina Denaro, giovane killer con un talento per le infiltrazioni nell’attività politica e imprenditoriale. Dopo il suo arresto Riina trascorse il resto dei suoi giorni in carcere, dove è morto nel 2017.
Bernardo Provenzano, della famiglia dei corleonesi come Riina, a un certo punto si era chiamato fuori dalla guerra scatenata contro lo stato e dagli omicidi di magistrati e giornalisti. È stato arrestato nel 2006. Salvatore Lo Piccolo, il probabile successore di Provenzano, è stato arrestato un anno dopo. Solo Messina Denaro era ancora in libertà. Aveva fatto perdere le sue tracce quando aveva 31 anni. Suo padre, anche lui mafioso, morì nel 1998 da latitante. Conosciuto come un criminale spietato con una passione per i vestiti firmati e una vita da playboy, Messina Denaro comunicava con i suoi collaboratori attraverso lettere e messaggi che evitava di scrivere personalmente. Molti dei suoi parenti più stretti sono stati arrestati per reati di stampo mafioso, ma nessuno l’ha mai tradito. Negli ultimi anni la polizia aveva arrestato alcuni collaboratori di Messina Denaro, sequestrando beni per centinaia di milioni di euro e intaccando il capitale del boss.
Si chiude una stagione
Nel 2020 è stato condannato in contumacia all’ergastolo per la sua partecipazione agli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino del 1992 e per gli attentati del 1993 a Firenze, Milano e Roma, che provocarono la morte di dieci persone. Secondo i magistrati, Messina Denaro è coinvolto anche nel rapimento e nell’omicidio del dodicenne Giuseppe Di Matteo, nel 1993, che aveva lo scopo di convincere il padre a smettere di rivelare i segreti della mafia alle autorità giudiziarie.
“Oggi si chiude una delle più drammatiche stagioni della storia della repubblica”, ha dichiarato il 16 gennaio il ministro della giustizia Carlo Nordio. “Con i magistrati e gli agenti delle forze dell’ordine è proseguito il lavoro di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e di tutti i servitori dello stato che hanno pagato anche con la vita la difesa dei valori democratici”.
Il giorno dell’arresto le autorità siciliane hanno sottolineato la necessità di non fermarsi. Quando gli è stato chiesto se la cattura di Messina Denaro potrebbe scatenare una violenta battaglia per la successione nella provincia di Trapani, il pubblico ministero Guido ha risposto che “fino a ieri Messina Denaro era certamente il capo della provincia di Trapani, da domani vedremo”.
“Ovviamente la mafia non è sconfitta”, ha sottolineato De Lucia. “L’errore più grave sarebbe pensare che la partita è finita”. ◆as
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Questo articolo è uscito sul numero 1495 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati