È un pomeriggio di giugno e migliaia di persone sono riunite davanti allo stadio di calcio di Natal, una città nel nordest del Brasile. Il rosso, il colore del Partito dei lavoratori (Pt, sinistra), è dappertutto e s’intona con le sfumature rosa del tramonto che illuminano la facciata della struttura. Tutti vogliono ascoltare il discorso di Luiz Inácio Lula da Silva, o più semplicemente Lula, un soprannome che l’ex presidente sindacalista ha cominciato a usare ufficialmente nel 1982.
La musica di un gruppo di maracatu intrattiene chi è in fila. Si beve, si mangia e sulle bandiere, sui manifesti e perfino sui frigoriferi dei venditori ambulanti c’è la faccia di Lula. “È il miglior presidente che abbiamo mai avuto”, dice Aracina, che è arrivata con i suoi due figli. “Per la gente come me che abita in una baracca lui è la speranza. E, se dio vuole, ci farà uscire dalla nostra difficile situazione. Dopotutto lo ha già fatto una volta”, aggiunge.
La storia politica di Lula si confonde con quella del Pt, che ha contribuito a creare nel 1980 a São Paulo e di cui oggi è il leader assoluto. Nella campagna elettorale per le presidenziali del 2 ottobre, Lula sembra perfino più accentratore che in passato e disposto sempre meno a delegare decisioni e potere. All’interno del partito la sua parola è legge e al di fuori esercita un’influenza decisiva sullo schieramento progressista. “Lula occupa un ruolo centrale indiscutibile. A sinistra nessuno può competere con lui, soprattutto grazie al legame di fiducia che ha saputo instaurare con gli elettori più poveri. È stato uno dei suoi grandi successi ed è qualcosa che non si può trasmettere”, spiega André Singer, portavoce del primo governo Lula, professore di scienze politiche e autore dei libro Os sentidos do lulismo (“I significati del lulismo”, uscito nel 2012).
Talento da negoziatore
Oltre alle politiche sociali realizzate durante i suoi due mandati presidenziali (dal 2002 al 2006 e dal 2006 al 2010), questa relazione privilegiata si spiega anche attraverso la sua storia, dice Singer. Lula ha smesso presto di studiare eppure è diventato presidente, trasformando il suo percorso in un’arma vincente. Un’anomalia in un paese disuguale come il Brasile.
“È il suo marchio di fabbrica, non c’è nulla di simile nella storia brasiliana”, afferma Singer. “Nessun politico di primo piano ha conosciuto la miseria, la maggioranza fa parte dell’élite. La storia di Lula coincide con quella di gran parte della popolazione, per questo sa comunicare con l’elettorato più povero”.
Lula è nato a Caetés, nello stato del Pernambuco, il 27 ottobre 1945. Ai limiti di questo piccolo borgo, alla fine di una strada sterrata, si trova una replica della baracca in cui è nato e cresciuto. Si fa rapidamente il giro del posto: qualche metro quadrato di terra sabbiosa, tre minuscole stanze collegate tra loro, due porte e una finestra. L’usura del tempo ha consumato la casa originale, in cui sono vissuti gli otto fratelli da Silva. Questa replica è stata costruita dopo la prima vittoria di Lula nel 2002 e di recente è stata restaurata. Uno dei cugini, Eraldo Ferreira, vuole trasformarla in un luogo della memoria.
Ferreira è una nota figura locale, all’inizio sembra un po’ burbero, ma si anima nel corso della chiacchierata. Non era ancora nato quando Lula andò via da Caetés. Lo ha conosciuto solo alla fine degli anni sessanta, quando seguì lo stesso percorso del cugino e di centinaia di migliaia di altri brasiliani, lasciando la sua regione povera per andare a lavorare nel sud del paese. Si trasferì a São Paulo come Lula, lavorò come lui nel settore metallurgico ed entrò nel Partito dei lavoratori subito dopo la sua fondazione.
Ma a differenza di Lula, Ferreira è tornato nel Pernambuco perché non è riuscito ad adattarsi alla vita nelle grandi città. “La cosa che mi rende più orgoglioso non è il fatto che siamo della stessa famiglia, ma che veniamo dallo stesso luogo. Lula è partito per non morire di fame e ora torna come una grande figura politica nazionale e internazionale”. Nella vicina città di Garanhuns le origini del leader del Pt sono oggetto di una piccola polemica locale, “perché molti sono orgogliosi che sia nato qui”, dice la consigliera comunale Fany Bernal. In passato Caetés dipendeva da Garanhuns e secondo gli abitanti del comune tecnicamente Lula è nato a casa loro. “Garanhuns non è una città del Pt, è una città di Lula”, sottolinea Bernal. Poi spiega che è la seconda rappresentante del Pt a essere stata eletta in questa città in quarant’anni. A Garanhuns si vota per Lula alle presidenziali, ma il partito non ottiene molte preferenze alle elezioni locali.
Ambiente modesto
Al di là del luogo di nascita, tutta la storia di Lula ha influenzato il suo percorso politico e gli ha permesso di stringere dei legami con una parte della popolazione brasiliana. L’assenza del padre lo ha spinto a unirsi molto alla madre, la passione per il calcio che gli è costata la sua prima ragazza, un incidente sul lavoro gli ha fatto perdere un dito e la fede cattolica lo ha contraddistinto in un paese in cui la religione ha sempre avuto un’importanza politica. Da giovane è stato segnato profondamente dalla morte durante il parto della moglie e del loro primo figlio.
Il giornalista brasiliano Fernando Morais, autore di una biografia di Lula, ha scritto che il calcio e il suo impegno nel sindacato lo hanno aiutato a superare questo doppio lutto. Da giovane Lula non era per niente interessato alla politica, cominciò l’attività sindacale solo per cercare di dimenticare la sua tragedia personale. Ma quell’esperienza lo spinse a poco a poco in politica, in particolare dopo i grandi scioperi della fine degli anni settanta, durante la dittatura militare.
Oggi, per la prima volta, Lula non è più l’unico candidato a distinguersi dall’élite politica dominante. Il leader di estrema destra Jair Bolsonaro, eletto nel 2019, non ha conosciuto la stessa miseria, ma viene da un ambiente modesto. Con il suo modo di parlare e una strategia di comunicazione ben collaudata, ha saputo coltivare in una parte della popolazione l’immagine di uomo semplice e spontaneo. “È un fenomeno nuovo. Finora Lula era l’unico a usare questo vantaggio e sapeva farlo molto bene”, sottolinea Singer.
A Natal, dopo una lunga attesa, finalmente arriva Lula e comincia a parlare. La folla è in delirio, le braccia si alzano per salutarlo e ci sono grida di entusiasmo. Eppure sul palco il leader del Pt non è al suo meglio, forse perché è da poco guarito dal covid-19. Il tempo è passato anche per lui, che è sempre stato un oratore carismatico: i capelli sono meno folti, la voce è più roca, ma soprattutto Lula porta su di sé il peso di un passato pesante. Nell’aprile del 2018 è stato arrestato con l’accusa di corruzione ed escluso dalla corsa alla presidenza. Al suo posto si è candidato Fernando Haddad, ma è stato sconfitto da Bolsonaro. E Lula, che pensava di rimanere in prigione solo qualche giorno, ne è uscito 580 giorni dopo. Solo nel marzo 2021 un giudice della corte suprema brasiliana ha annullato le quattro condanne che pesavano su di lui. A quel punto il leader del Pt ha riacquisito i suoi diritti politici e ha deciso di candidarsi alle presidenziali contro Bolsonaro.
Alleanze improbabili
Dopo qualche minuto Lula riesce a entusiasmare i presenti, ripete che si sente più in forma che mai e critica duramente il presidente in carica Bolsonaro. Come fa da quando è uscito dal carcere, dice di non provare rancore: vuole essere conciliante. Del resto è una delle caratteristiche del “lulismo”, un progetto politico che Singer ha definito come la promessa di uno stato sufficientemente forte per ridurre le disuguaglianze, ma senza rimettere in discussione le sue strutture.
“All’inizio degli anni duemila, durante il suo primo mandato, Lula ha beneficiato di un contesto economico favorevole grazie al boom delle materie prime. Ha sfruttato quelle condizioni per rilanciare l’economia, moltiplicando i programmi sociali contro la povertà”, afferma Singer. In cambio ha portato avanti un programma privo di grandi cambiamenti, che ha tranquillizzato le élite e facilitato le alleanze necessarie per gestire la politica nazionale.
◆ Il 2 ottobre 2022 più di 150 milioni di brasiliani voteranno per scegliere il presidente della repubblica. I due principali candidati sono l’attuale presidente di estrema destra Jair Bolsonaro e il leader del Partito dei lavoratori (sinistra) Luiz Inácio Lula da Silva. Un eventuale secondo turno si svolgerà il 30 ottobre. Nei quattro anni del governo Bolsonaro la crisi economica in Brasile si è aggravata, anche a causa della pandemia di covid-19 e del modo in cui il presidente l’ha gestita, negando l’efficacia dei vaccini e delle misure di protezione. Oggi 33,1 milioni di brasiliani sono in una situazione d’insicurezza alimentare. Le famiglie che soffrono di più la fame vivono nelle regioni del nord e del nordest, e tra i neri la situazione è più grave, ha rivelato l’inchiesta nazionale Vigisan.
Questa mediazione, che oggi si ritrova nel Pt, e il suo talento di negoziatore, hanno sempre permesso a Lula di stringere alleanze improbabili. Una necessità in un sistema caratterizzato dalla proliferazione di partiti, spesso formati da parlamentari senza un’ideologia precisa e uniti solo dai loro interessi.
“La cultura dell’accordo è più forte in Brasile che altrove”, spiega Singer. Consapevole di dominare la sinistra, Lula cerca di conquistare il centro e il settore industriale e finanziario, moltiplicando cene e incontri. Per queste elezioni ha scelto come vicepresidente un avversario storico, l’ex governatore dello stato di São Paulo Geraldo Alckmin, che ha il compito di aprire le porte del Pt al mondo agroindustriale. La scelta non è piaciuta a tutti.
A Natal, durante il comizio, il nome di Alckmin è fischiato. Per calmare gli animi Lula si mette accanto a lui quando quest’ultimo prende la parola. Alla fine anche Alckmin finisce per strappare qualche applauso. Per giustificare queste alleanze, il Pt ha cancellato dal suo programma qualsiasi riferimento al “colpo di stato”, un’espressione con cui nel partito ci si riferisce al procedimento di messa in stato d’accusa e alla destituzione dell’ex presidente Dilma Rousseff, avvenuto nel 2016 e sostenuto dallo stesso Alckmin.
Oggi Lula è a capo di una coalizione di nove partiti, la più grande mai riunita intorno al suo nome. Questo gli ha permesso di avere una maggiore copertura in tv durante la campagna elettorale. È un vantaggio, anche se meno importante rispetto al passato: oggi i social network hanno un ruolo fondamentale.
A livello locale queste alleanze permettono di far eleggere senatori, deputati e governatori. Sul palco di Natal si alternano i comizi di molti candidati che approfittano della presenza di Lula per mobilitare voti o farsi conoscere. In un paese come il Brasile in cui la fedeltà ai partiti è ridotta, l’ex presidente è ancora fondamentale per il Pt. ◆ adr
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Questo articolo è uscito sul numero 1479 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati