Il 15 marzo, poco prima delle 14 (ora della costa est degli Stati Uniti), il mondo ha scoperto che Washington stava bombardando obiettivi huthi nello Yemen. In realtà, io sapevo dell’attacco già da due ore. Il motivo è semplice: alle 11.44 Pete Hegseth, il segretario alla difesa degli Stati Uniti, mi aveva mandato un messaggio che conteneva il piano d’attacco, con informazioni dettagliate sulle armi, i bersagli e i tempi.

A questo punto devo dare una spiegazione.

Tecnicamente questa storia comincia poco dopo gli attacchi di Hamas nel sud di Israele, nell’ottobre del 2023, quando gli huthi – un’organizzazione sostenuta dall’Iran il cui motto è “dio è grande, morte all’America, morte a Israele, siano maledetti gli ebrei, vittoria all’islam” – avevano lanciato una serie di attacchi contro lo stato ebraico e le rotte marittime internazionali, seminando il panico nel commercio mondiale. Durante il 2024 l’amministrazione Biden aveva provato inutilmente a contrastare le loro iniziative. Trump aveva promesso una risposta più dura. Ed è qui che entriamo in gioco io e Pete Hegseth.

L’11 marzo ho ricevuto una richiesta di contatto su Signal da un utente che si identificava come Michael Waltz. Signal è un’app di messaggi criptati open source molto popolare tra i giornalisti e altri professionisti che cercano metodi per comunicare più sicuri di quelli offerti da altre app. Ho immaginato che il Michael Waltz in questione fosse il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump. Ma non pensavo che l’utente che mi contattava fosse il vero Michael Waltz. Avevo incontrato Waltz varie volte, quindi l’idea che potesse contattarmi non era così assurda. Ma la richiesta mi sembrava insolita, soprattutto considerando il rapporto burrascoso tra l’amministrazione Trump e i giornalisti, e l’ossessione del presidente nei miei confronti. Ho pensato che qualcuno volesse spacciarsi per Waltz e tendermi una trappola. Di questi tempi non è raro che persone malintenzionate cerchino di spingere i giornalisti a condividere informazioni da poter usare contro di loro.

Ho accettato la richiesta nella speranza che si trattasse davvero di Waltz e che il consigliere volesse parlarmi dell’Ucraina, dell’Iran o di qualche altro tema di politica estera.

Il 13 marzo, alle 16.28, ho ricevuto una notifica: sarei stato incluso nella chat “gruppo ristretto huthi pc”.

Un messaggio pubblicato nella chat da “Michael Waltz” diceva: “Squadra, dobbiamo creare un gruppo di coordinamento sugli huthi, in particolare per le prossime 72 ore. Il mio vice Alex Wong sta mettendo insieme un gruppo d’intervento rapido tra vice in seguito all’incontro nella sit room di questa mattina. Wong invierà le relative comunicazioni prima della fine della giornata”.

Il messaggio proseguiva con un invito: “Per favore preparate una bozza con i nomi delle persone della vostra squadra in modo che possiamo coordinarci nei prossimi due giorni e durante il fine settimana. Grazie”.

La sigla pc sta per principals committee e si riferisce di solito a un gruppo di funzionari di alto livello nel campo della sicurezza nazionale, di cui fanno parte il segretario alla difesa, quello di stato e quello al tesoro, oltre al direttore della Cia. Inutile dire che non sono mai stato invitato a un incontro del principals committee alla Casa Bianca e che in tutti gli anni in cui mi sono occupato di sicurezza nazionale non ho mai sentito parlare di una riunione simile organizzata su un’app di messaggistica privata.

Un minuto dopo la pubblicazione del primo messaggio, un utente che si identificava solo come MAR – il nome completo del segretario di stato è Marco Antonio Rubio – ha scritto: “Michael Needham per il dipartimento di stato”, apparentemente indicando l’attuale consigliere per il dipartimento di stato come suo rappresentante. Nello stesso momento un altro utente che si identificava come “JD Vance” ha scritto: “Andy Baker per la vicepresidenza”. Un minuto dopo, TG (presumibilmente Tulsi Gabbard, direttrice dell’intelligence nazionale, o qualcuno che sosteneva di essere lei) ha scritto: “Joe Kent per l’intelligence”. Nove minuti dopo, Scott B – il segretario al tesoro Scott Bessent o qualcuno che ne aveva assunto l’identità – ha scritto: “Dan Katz per il tesoro”. Alle 16.53 l’utente Pete Hegseth ha scritto “Dan Caldwell per il dipartimento della difesa”. Alle 18.34 Brian ha scritto “Brian McCormack per il consiglio per la sicurezza nazionale”. Alle 17.24 John Ratcliffe aveva comunicato il nome di un agente della Cia da includere nel gruppo. Ho deciso di non rivelarne l’identità perché si tratta di un agente in servizio.

A quel punto la squadra era stata formata. In totale nel gruppo c’erano 18 persone, compresi diversi funzionari del consiglio per la sicurezza nazionale, Steve Witkoff (il negoziatore del presidente per il Medio Oriente e l’Ucraina), Susie Wiles, a capo dello staff della Casa Bianca, e una persona identificata solo con le iniziali SM, che ho pensato potessero indicare Stephen Miller, vicecapo dello staff. Sullo schermo il mio nome utente era semplicemente JG.

Il 13 marzo non sono arrivati altri messaggi.

Intanto in Michigan

Dopo aver ricevuto l’invito a entrare nella chat ho consultato alcuni colleghi. Abbiamo discusso della possibilità che facesse parte di una campagna di disinformazione messa in moto dai servizi di sicurezza di un altro paese o, più probabilmente, da un’organizzazione ostile ai mezzi d’informazione, uno di quei gruppi che cercano di mettere in imbarazzo i giornalisti, a volte con successo. Facevo fatica a credere che la chat fosse autentica, perché non riuscivo a pensare che i vertici della sicurezza degli Stati Uniti potessero discutere su Signal i piani per un’operazione militare imminente. Inoltre mi sembrava assurdo che il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente potesse essere così avventato da includere il direttore dell’Atlantic in una conversazione con un gruppo di alti funzionari, tra cui il vicepresidente.

Ma il giorno dopo la faccenda si è fatta ancora più strana.

Alle 8.05 del 14 marzo Michael Waltz ha scritto nel gruppo: “Squadra, stamattina troverete una dichiarazione conclusiva con gli incarichi dettagliati del presidente nella vostra posta high side” (nel linguaggio del governo high side si riferisce ai sistemi di comunicazione informatici riservati). “Il dipartimento di stato e quello della difesa hanno preparato una lista di punti per gli alleati regionali e i partner. In mattinata lo stato maggiore invierà una sequenza di eventi più specifica per i prossimi giorni. Collaboreremo con il dipartimento della difesa per garantire che il consiglio per la sicurezza nazionale, l’ufficio del vicepresidente e il presidente siano aggiornati”.

A quel punto è partita una discussione politica avvincente. L’utente chiamato JD Vance ha risposto alle 08.16: “Squadra, sono impegnato per tutta la giornata in un evento economico in Michigan, ma credo che stiamo commettendo un errore” (quel giorno Vance si trovava effettivamente in Michigan). A quel punto l’utente ha ricordato che “il 3 per cento del commercio statunitense attraversa il canale di Suez. Per gli europei è il 40 per cento. C’è il rischio concreto che l’opinione pubblica non capisca perché un intervento sia necessario. Il motivo principale per farlo, come ha detto il presidente, è mandare un messaggio chiaro”.

Poi l’utente JD Vance ha fatto una dichiarazione significativa, soprattutto considerando che in pubblico il vicepresidente non si è mai allontanato dalle posizioni di Trump, in nessun caso: “Non sono sicuro che il presidente capisca quanto questa posizione sia in contrasto con il messaggio che sta lanciando sull’Europa. Esiste il rischio che vedremo crescere il prezzo del petrolio, in modo moderato o consistente. Sono pronto a sostenere la posizione presa da questa squadra e tenere per me i dubbi, ma credo che ci siano buone ragioni per rinviare il tutto di un mese, spiegando al paese perché è necessario, facendo considerazioni di natura economica eccetera”.

Un utente identificato come Joe Kent (si chiama così il funzionario incaricato da Trump di gestire il centro nazionale per l’antiterrorismo) alle 8.22 ha scritto: “Non c’è niente che ci spinga a darci queste scadenze. Avremo le stesse identiche opzioni tra un mese”.

Poi, alle 8.26 è apparso un messaggio dell’utente John Ratcliffe, con informazioni che potrebbero essere legate a operazioni d’intelligence ancora in corso.

Alle 8.27 è intervenuto l’utente Pete Hegseth, scrivendo: “Vicepresidente: capisco le tue preoccupazioni e ti appoggio nel sottoporle al presidente. Considerazioni importanti, per molte delle quali è difficile prevedere le conseguenze (economia, Ucraina, pace, Gaza, eccetera). Penso che spiegare le ragioni sarà difficile in ogni caso. Nessuno sa chi sono gli huthi. Per questo motivo credo che dovremmo concentrarci su: 1) Biden ha fallito e 2) Sono finanziati dall’Iran”.

Il messaggio di Hegseth proseguiva così: “Aspettare alcune settimane o un mese non cambia di molto le considerazioni. Ci sono due rischi immediati, se aspettiamo: 1) la notizia potrebbe trapelare e farci sembrare indecisi 2) Israele interviene per primo – o il cessate il fuoco a Gaza salta – e non possiamo più cominciare alle nostre condizioni. Possiamo gestire entrambi i rischi. Siamo pronti ad agire. Se dovessi votare tra farlo e non farlo, voterei per l’azione. La questione non riguarda gli huthi. Per me ci sono due obiettivi: 1) ripristinare la libertà di navigazione, un interesse nazionale cruciale 2) recuperare la deterrenza, distrutta da Biden. Ma possiamo anche fermarci. Se lo faremo, farò il possibile per garantire la sicurezza operativa al 100 per cento. Attendo le vostre considerazioni”.

Pochi minuti dopo l’utente Michael Waltz ha pubblicato un lungo messaggio sui numeri del commercio e sulle capacità limitate delle marine militari europee. “Che si faccia oggi o tra qualche settimana, toccherà comunque agli Stati Uniti riaprire queste rotte marittime. Come chiesto dal presidente, stiamo lavorando con il dipartimento della difesa e il dipartimento di stato per stabilire come quantificare il costo dell’operazione e imporlo agli europei”.

Contro l’Europa

Alle 8.45 JD Vance si è rivolto a Pete Hegseth: “Se pensi che dovremmo farlo, facciamolo. Non ho alcuna intenzione di pagare di nuovo per l’Europa” (di recente Trump ha ripetuto che gli alleati europei ricavano un vantaggio economico dalla protezione assicurata dalla marina statunitense alle rotte marittime internazionali). L’utente Pete Hegseth ha risposto dopo tre minuti. “Vicepresidente: condivido pienamente il tuo disprezzo per gli approfittatori europei. È PATETICO. Ma Mike ha ragione, siamo gli unici al mondo (o almeno dalla nostra parte del mondo) a poterlo fare. Nessuno ci si avvicina minimamente. Il problema riguarda i tempi. Penso che questo momento sia favorevole, considerando il desiderio del presidente di riaprire le rotte navali. Penso che dovremmo agire. Ma il presidente si prende 24 ore per la decisione finale”.

A quel punto SM, dopo essere rimasto in silenzio, è entrato nella conversazione. “Mi pare di capire che il presidente sia stato chiaro: semaforo verde, ma dobbiamo subito far presente all’Egitto e all’Europa cosa pretendiamo in cambio. Dobbiamo anche stabilire come imporre le nostre richieste. Per esempio, cosa facciamo se gli europei non pagano? Se gli Stati Uniti ripristinano la libertà di navigazione pagando un prezzo alto è necessario che ottengano un ulteriore guadagno economico”.

Gli screenshot fatti da Jeffrey Goldberg della chat di gruppo sull’attacco statunitense agli huthi. - The Atlantic
Gli screenshot fatti da Jeffrey Goldberg della chat di gruppo sull’attacco statunitense agli huthi. (The Atlantic)
Gli screenshot fatti da Jeffrey Goldberg della chat di gruppo sull’attacco statunitense agli huthi. - The Atlantic
Gli screenshot fatti da Jeffrey Goldberg della chat di gruppo sull’attacco statunitense agli huthi. (The Atlantic)

Il messaggio di SM – vicecapo di gabinetto e collaboratore fidato di Trump, o di qualcuno che si spacciava per lui – ha messo fine alla conversazione. L’ultimo messaggio della giornata è arrivato da Pete Hegseth alle 9.46: “Sono d’accordo”.

Leggendo quelle comunicazioni ho pensato che fossero piuttosto realistiche. Nella scelta delle parole e nelle argomentazioni, i messaggi sembravano davvero scritti dalle persone indicate dai nomi degli utenti o da un software d’intelligenza artificiale molto efficace. Tuttavia, temevo ancora che potesse trattarsi di una manovra di disinformazione o di una simulazione di qualche tipo. Inoltre ero molto perplesso perché nessuno dei partecipanti aveva notato la mia presenza. Se era uno scherzo, la qualità delle imitazioni e il livello di conoscenza dei meccanismi della politica estera erano impressionanti.

La mattina successiva, sabato 15 marzo, la faccenda è diventata definitivamente surreale.

Alle 11.44 l’utente Pete Hegseth ha pubblicato su Signal un “aggiornamento per la squadra”. Non riporterò il testo del messaggio né le risposte, perché contengono informazioni che, se finissero in mano a paesi ostili agli Stati Uniti, potrebbero essere usate per colpire i soldati e il personale dei servizi di sicurezza, soprattutto in Medio Oriente. Per illustrare la sconvolgente imprudenza della conversazione su Signal mi limiterò a rivelare che il messaggio di Hegseth includeva dettagli operativi di futuri attacchi nello Yemen, con informazioni sugli obiettivi, sulle armi che gli Stati Uniti avrebbero usato e sulla sequenza delle operazioni.

Nel momento in cui Waltz ha inserito un giornalista nella chat, ha creato nuovi problemi legali e di sicurezza

L’unica persona che ha risposto all’aggiornamento di Hegseth è stato l’utente identificato come il vicepresidente Vance. “Pregherò per la vittoria”, ha scritto (altri due utenti hanno aggiunto emoji di preghiera).

Secondo il lungo messaggio di Hegseth, le prime esplosioni nello Yemen ci sarebbero state due ore dopo, intorno alle 13.45 (ora della costa orientale degli Stati Uniti). Sono salito in auto, ho guidato fino al parcheggio di un supermercato e mi sono fermato ad aspettare. Se la chat su Signal fosse stata autentica, le strutture degli huthi sarebbero state bombardate da un momento all’altro. Alle 13:55 ho cercato “Yemen” su X. Vari utenti riferivano di esplosioni a Sanaa, la capitale del paese.

Ho riaperto Signal. Alle 13.48 Michael Waltz aveva pubblicato un nuovo aggiornamento. Anche in questo caso preferisco non citare il testo completo. L’operazione era comunque descritta come “un lavoro straordinario”. Pochi minuti dopo John Ratcliffe ha scritto: “Ottimo inizio”. Waltz ha risposto con tre emoji: un pugno, una bandiera statunitense e una fiamma. Presto sono intervenuti anche altri, compreso MAR, che ha scritto “ottimo lavoro di Pete e della sua squadra!!”. Susie Wiles ha scritto “Complimenti a tutti! Soprattutto a quelli impegnati sul campo e nel centro di comando CENTCOM! Siete stati grandi. Dio vi benedica”. Steve Witkoff ha risposto con cinque emoji: due mani in preghiera, un braccio che mostra i muscoli e due bandiere statunitensi. TG ha scritto: “Grande lavoro e grande risultato!”.

Nella discussione successiva all’attacco sono stati valutati i danni causati al nemico e si è parlato della probabile morte di una persona. Il ministero della salute dello Yemen, controllato dagli huthi, ha riferito che almeno 53 persone erano state uccise nell’attacco, un dato che non è stato verificato da organizzazioni indipendenti.

Screenshot della chat di gruppo in cui si è discusso dell’attacco statunitense agli huthi. - The Atlantic
Screenshot della chat di gruppo in cui si è discusso dell’attacco statunitense agli huthi. (The Atlantic)

Il 16 marzo Waltz ha partecipato al programma This week, trasmesso dall’emittente tv Abc, elogiando i bombardamenti e criticando la linea titubante dell’amministrazione Biden. “Non si tratta delle solite schermaglie inefficaci del passato. Abbiamo messo in atto una risposta dura che ha preso di mira diversi leader huthi, eliminandoli”, ha dichiarato il consigliere per la sicurezza nazionale.

A quel punto ero pressoché certo che la conversazione su Signal fosse autentica. Davanti a una realtà che sembrava quasi impossibile fino a poche ore prima, sono uscito dalla chat, consapevole del fatto che la cosa sarebbe stata notificata al creatore del gruppo “Michael Waltz”. Avevo l’impressione che nessuno dei partecipanti avesse mai notato la mia presenza. In seguito non mi è stata rivolta nessuna domanda sul motivo per cui fossi uscito dal gruppo né sulla mia identità.

La mattina del 24 marzo ho scritto un’email a Waltz e gli ho mandato un messaggio sul suo profilo Signal. Ho scritto anche a Pete Hegseth, John Ratcliffe, Tulsi Gabbard e ad altri funzionari dell’amministrazione Trump. In un’email ho elencato alcune domande: la chat “gruppo ristretto huthi pc” era autentica? Erano a conoscenza del fatto che ero stato incluso nella conversazione? Ero stato inserito di proposito? Qualcuno aveva capito chi ero quando mi avevano aggiunto o quando ero uscito dal gruppo? Gli alti funzionari dell’amministrazione Trump usano regolarmente Signal per comunicazioni riservate? I funzionari non credono che il ricorso a una piattaforma di questo tipo possa mettere in pericolo il personale degli Stati Uniti nel mondo?

Comunicazioni sicure

Brian Hughes, portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale, mi ha risposto due ore dopo confermando l’autenticità del gruppo Signal. “Sembra che si tratti di una serie di messaggi autentici e stiamo indagando sul motivo per cui un numero sbagliato sia stato inserito nel gruppo”, ha scritto Hughes. “La conversazione è una testimonianza della collaborazione profonda e intensa tra i nostri alti funzionari. Il successo dell’operazione contro gli huthi dimostra che non esisteva alcuna minaccia per i soldati o la sicurezza nazionale”.

William Martin, portavoce di Vance, mi ha scritto che, nonostante l’impressione che si potrebbe avere leggendo i messaggi, il vicepresidente è saldamente allineato con la politica di Trump. “La priorità del vicepresidente è sempre garantire che i consiglieri del presidente lo aggiornino in modo adeguato sul contenuto delle loro comunicazioni interne”, ha precisato Martin. “Il vicepresidente Vance sostiene inequivocabilmente la politica estera dell’amministrazione. Il presidente e il vicepresidente hanno successivamente parlato della questione affrontata nei messaggi e sono totalmente d’accordo”.

Devo ammettere che non ho mai visto una violazione come questa. Le comunicazioni su Signal tra i funzionari della sicurezza nazionale non sono rare, ma l’applicazione è usata soprattutto per pianificare incontri e discutere questioni logistiche, non per intavolare conversazioni dettagliate e altamente riservate su un’azione militare in corso. E naturalmente non ho mai sentito di un giornalista invitato a partecipare a uno scambio di quel tipo. È probabile che Waltz, coordinando su Signal un’azione legata alla sicurezza nazionale, abbia violato diverse norme dell’Espionage act, che secondo gli esperti legali intervistati dal mio collega Shane Harris regola la gestione delle informazioni sulla “difesa nazionale”. Harris ha chiesto agli esperti di considerare una situazione ipotetica in cui un alto funzionario del governo dovesse creare un gruppo su Signal con lo scopo dichiarato di condividere informazioni con i rappresentanti dell’amministrazione su un’operazione militare in corso.

Tutti gli esperti – a cui non è stato spiegato cos’era successo e non sono stati mostrati i messaggi – hanno dichiarato che l’ipotetico funzionario non avrebbe mai dovuto creare un gruppo su Signal. Le informazioni sulle operazioni militari, infatti, rientrano presumibilmente nella definizione legale di informazioni sulla “difesa nazionale”. Signal non è un’applicazione autorizzata dal governo per la condivisione di materiale riservato, per cui l’amministrazione deve usare sistemi propri. Secondo gli esperti, se i funzionari vogliono discutere le attività militari devono farlo in uno spazio appositamente progettato, conosciuto come Scif (che in inglese è la sigla per “struttura per l’informazione sensibile compartimentata”, installata sui computer di casa di quasi tutti i funzionari di alto livello che si occupano di sicurezza nazionale), oppure comunicare solo attraverso dispositivi approvati dal governo. Di solito gli smartphone non sono consentiti all’interno della Scif, quindi è ipotizzabile che i funzionari coinvolti nel gruppo Signal abbiano condiviso informazioni su un’operazione militare in corso mentre erano tra altra gente. Se avessero perso il telefono o gliel’avessero rubato, i rischi potenziali per la sicurezza nazionale sarebbero stati enormi.

In teoria Hegseth, Ratcliffe e altri funzionari di alto livello hanno l’autorità per desecretare le informazioni. Diversi esperti legali di sicurezza nazionale ci hanno spiegato che i partecipanti al gruppo Signal potrebbero sostenere di aver desecretato le informazioni condivise. Ma gli stessi esperti hanno anche precisato che si tratta di un argomento fragile, perché Signal non è uno spazio autorizzato per la condivisione d’informazioni così delicate, a prescindere dalla presenza o meno del timbro “top secret”.

Spie straniere

C’è un altro problema: Waltz ha impostato il gruppo in modo che alcuni messaggi sparissero dopo una settimana, mentre altri sono stati cancellati automaticamente dopo qualche ora. Questo alimenta il sospetto che i funzionari abbiano violato le leggi sui registri federali. I messaggi di testo sulle attività dei funzionari, infatti, sono considerati documenti da conservare. “In base alle leggi sui documenti che riguardano le attività della Casa Bianca e delle agenzie federali, tutti i dipendenti del governo hanno il divieto di usare le applicazioni di messaggistica online come Signal per la loro attività lavorativa, a meno che i messaggi non siano prontamente inoltrati o copiati in un archivio ufficiale del governo”, ha spiegato Jason R. Baron, professore dell’università del Maryland ed ex responsabile legale della National archives and records administration, l’agenzia indipendente del governo federale incaricata di conservare importanti documenti governativi e storici.

“Le violazioni intenzionali di queste norme sono soggette a interventi disciplinari. Inoltre, le agenzie come il dipartimento della difesa prevedono che lo scambio di messaggi contenenti informazioni riservate avvenga sulle reti sicure del governo o su quelle che offrono sistemi di crittografia approvati dal governo”, spiega Baron. Diversi ex funzionari del governo degli Stati Uniti hanno detto, parlando con Harris e con me, di aver usato Signal per condividere informazioni non riservate e per discutere questioni organizzative, soprattutto quando sono stati all’estero e non avevano accesso ai sistemi informatici del governo. Ma hanno anche sottolineato di essere stati sempre consapevoli di non dovere in alcun modo condividere informazioni riservate e sensibili sull’app, perché i loro telefoni avrebbero potuto essere intercettati da servizi di sicurezza stranieri capaci di penetrare nei sistemi e accedere al contenuto dei messaggi.

In questo contesto vale la pena notare che Trump, quando era candidato alla presidenza (e anche da presidente) ha chiesto ripetutamente che Hillary Clinton fosse incarcerata per aver usato un server di posta elettronica privato durante le attività ufficiali mentre ricopriva la carica di segretaria di stato (allo stesso modo è giusto sottolineare che Trump è stato incriminato nel 2023 per la gestione imprudente di documenti riservati, ma le accuse sono state ritirate dopo la sua vittoria alle elezioni).

Waltz e gli altri funzionari del governo stavano già potenzialmente violando le norme del governo e la legge federale quando si sono scambiati messaggi sull’operazione militare. Ma nel momento in cui Waltz ha inserito un giornalista (presumibilmente per errore) nel suo principals committee, ha creato nuovi problemi legali e di sicurezza, perché a quel punto il gruppo stava trasmettendo informazioni a qualcuno che non era autorizzato a riceverle. È la definizione classica di fuga di notizie, anche se è stata involontaria e se la persona che le ha ricevute non ha creduto che le informazioni fossero autentiche fino a quando lo Yemen è stato attaccato dall’esercito statunitense.

È innegabile che durante tutta la conversazione i partecipanti alla chat fossero consapevoli della necessità di mantenere il segreto e la sicurezza operativa. Nel messaggio in cui ha illustrato in dettaglio le modalità di attacco contro gli huthi, Hegseth ha scritto nel gruppo (di cui facevo ancora parte): “Al momento siamo a posto con i requisiti di sicurezza”. ◆ as

Jeffrey Goldberg è un giornalista statunitense, direttore del mensile The Atlantic.

The Atlantic non è responsabile dell’accuratezza e della qualità di questa traduzione.

Da sapere
Caos a Washington

◆ Il presidente statunitense Donald Trump e i suoi collaboratori hanno reagito all’articolo uscito sull’Atlantic attaccando violentemente il giornalista Jeffrey Goldberg. Karoline Leavitt, la portavoce della Casa Bianca, ha definito l’articolo “un’altra bufala scritta da un giornalista che odia Trump ed è noto per il suo stile sensazionalistico”. Attacchi simili sono arrivati da Pete Hegseth, segretario alla difesa, da Tulsi Gabbard, direttrice dell’intelligence nazionale, e da John Ratcliffe, direttore della Cia. I funzionari del governo hanno anche cercato di minimizzare la gravità della vicenda, sostenendo che la comunicazione su Signal è perfettamente legale e che nella chat in cui si parlava degli imminenti attacchi contro gli huthi in Yemen non sono state diffuse informazioni riservate. Il giornale ha risposto pubblicando un secondo articolo con altri messaggi scambiati dai collaboratori del presidente, che contengono informazioni dettagliate sulle armi usate, sugli obiettivi, sui tempi dell’operazione militare. Inizialmente la rivista aveva deciso di non pubblicare queste informazioni per timore che potessero mettere a rischio il personale degli Stati Uniti in altre zone del mondo, “ma le risposte dei funzionari dell’amministrazione Trump ci hanno spinto a credere che gli statunitensi dovrebbero avere a disposizione quei contenuti per giungere alle proprie conclusioni”.
◆ Al congresso i rappresentanti del Partito democratico hanno criticato “l’incompetenza” dei funzionari coinvolti e hanno chiesto le loro dimissioni, mentre i repubblicani sono stati più tiepidi. John Kennedy, senatore della Louisiana, ha dichiarato: “È stato commesso un errore. Succede. Non è comunque una cosa che terrà sveglio il popolo americano di notte”.
◆ Vari giornali però hanno riferito di una situazione tesa alla Casa Bianca, con Trump furioso per la leggerezza dei suoi collaboratori. Sotto accusa c’è soprattutto Mike Waltz, il consigliere per la sicurezza nazionale, che ha aggiunto Goldberg alla chat di gruppo su Signal. Waltz si è assunto la piena responsabilità dell’incidente e ha detto che collaborerà con Elon Musk per capire cos’è successo. Bbc, Politico


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Questo articolo è uscito sul numero 1607 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati