Èun gioco o comunque gli somiglia. Ci sono degli adulti che si comportano in modo strano e a prima vista fanno sorridere. Come la donna seduta sotto a un telo che forma una fragile tenda vicino a uno scaffale di libri e di cornici con foto di famiglia o l’uomo steso per terra sotto a dei cuscini appoggiati in modo precario su due sedie. Presto però l’ironia lascia spazio all’inquietudine: anche se enigmatica e senza indicazioni esplicite, l’atmosfera è tesa. È l’universo angosciante costruito da Joanna Piotrowska. Nata nel 1985 a Varsavia, in Polonia, Piotrowska oggi vive e lavora a Londra, nel Regno Unito. Dopo aver studiato fotografia all’accademia di belle arti di Cracovia, l’artista ha continuato i suoi studi al Royal college of art di Londra, dove si è laureata nel 2013. In breve tempo si è fatta conoscere nel mondo dell’arte, esponendo le sue opere al MoMa, il museo di arte moderna di New York, negli Stati Uniti, e alla decima Biennale di Berlino, in Germania, nel 2018, alla Tate Britain di Londra nel 2019, alla galleria nazionale d’arte Zachęta di Varsavia nel 2020 e alla Biennale di Venezia nel 2022.

“L’ispirazione mi è venuta dai giochi dei bambini, a cui piace costruirsi un rifugio o un nascondiglio. Per loro è qualcosa di semplice, innocente e divertente. Gli evoca sensazioni di conforto e sicurezza. Ma se sono degli adulti a farlo, quei gesti sono percepiti in modo diverso, soprattutto nel mondo in cui viviamo. Gli adulti devono tenere conto di fattori politici ed economici, e pensare alle migrazioni esistenziali e alle disuguaglianze crescenti nella società. Il gioco di creare dei rifugi si carica di significati legati all’emergenza e all’insicurezza”, dice Piotrowska.

Una scelta formale

Gesti accennati che sembrano incompiuti, interni banali immersi in una luce grigia neutra, tutto è calmo e teso al tempo stesso, banale e minaccioso. Per ottenere questo effetto, oltre a una regia rigorosa che evita ogni forma di recitazione dei soggetti, è fondamentale la scelta del bianco e nero. “M’interessa l’intreccio tra finzione e realtà, presente e passato. Penso che questi aspetti convivano in un modo o nell’altro nell’estetica della fotografia in bianco e nero. L’immagine in bianco e nero è meno esplicita di quella a colori, e sono convinta che questo permetta di inquadrare meglio i gesti, un elemento determinante per il mio lavoro. Nelle foto in bianco e nero tutto è più astratto, i corpi e gli oggetti si fondono più facilmente gli uni negli altri”.

Senza titolo, 2016 (Joanna Piotrowska, per gentile concessione dell’artista e della galleria Thomas Zander, Colonia, germania)

Lo spazio domestico

L’universo messo in scena da Joanna Piotrowska è caratterizzato da elementi ordinari, oggetti e luoghi che possiamo riconoscere immediatamente. Niente è messo in risalto, ma questa apparente neutralità, in cui si aprono scenari enigmatici, è giustificata. “Lo spazio domestico è un microcosmo incredibilmente ricco e complesso. Possiamo esaminarlo da diversi punti di vista: attraverso il prisma dell’economia, della filosofia, della fenomenologia, del lavoro e così via. Si è scritto molto dell’ambiente domestico e di tutti i suoi aspetti, ma le nostre case cambiano continuamente, così come noi. Sono estensioni del nostro io e del nostro corpo in costante evoluzione, cosa che le rende una fonte infinita di storie. La politica e la storia si nascondono non solo nell’architettura, nei tappeti, nei mobili e negli oggetti di un appartamento, ma anche nelle relazioni e nelle gerarchie familiari, nei giochi, nei gesti e nelle situazioni quotidiane. Mi piace guardare la vita domestica e gli interni delle case per osservare gesti o situazioni apparentemente comuni e presentarli poi in un contesto capace di rimettere in discussione le nostre ipotesi su questi luoghi e relazioni”.

Senza titolo, 2014 (Joanna Piotrowska, per gentile concessione dell’artista e della galleria Thomas Zander, Colonia, germania)
Senza titolo, 2022 (Joanna Piotrowska, per gentile concessione dell’artista e Phillida Reid, Londra, regno unito)

Piotrowska dice di essere influenzata dall’opera di Giorgio de Chirico e da quella del fratello Alberto Savinio, ed è una grande lettrice. Le piacciono Franz Kafka, Virginia Woolf, Alberto Moravia, Margaret Atwood e Cormac McCarthy. La sua grande passione però è il cinema. Dice di “consumare film come si consuma l’acqua”.

Nelle sue immagini i nascondigli non sono più giochi per bambini, ma scene vissute dagli adulti, che le concepiscono in maniera completamente diversa: “Questi giochi infantili nascono dall’innocenza e dal divertimento. Ma tolti dal loro contesto e interpretati dagli adulti, fanno emergere qualità impreviste: la ricerca di conforto fisico ed emotivo, i problemi legati alla migrazione e agli spostamenti, le nozioni di accumulo di beni e di materialismo. Questi nascondigli artigianali sembrano perfettamente adatti ai giochi dei bambini e alla loro vita, ma diventano pericolosamente instabili e fragili quando sono abitati da un adulto. C’è poi un aspetto utopico nell’immagine di una casa creata in una casa, come se la ricerca della sicurezza emotiva e fisica, o del conforto materiale, non fosse mai abbastanza soddisfacente. Per me era importante mostrare il gioco della costruzione di un nascondiglio in posti diversi, per attribuirgli un carattere più universale e rivelare una vulnerabilità umana innata che trascende il luogo”.

Senza titolo, 2017 (Joanna Piotrowska, per gentile concessione dell’artista e della galleria Thomas Zander, Colonia, germania)

Joanna Piotrowska termina così la descrizione del suo metodo di lavoro dissonante, misterioso e dagli aspetti vagamente surreali: “Il punto di vista dell’artista sul mondo è importante, ma nel nostro approccio all’arte dobbiamo anche ricordarci di essere democratici e di non limitarla a una sola funzione. L’arte non deve sempre essere direttamente politica. Persone diverse in periodi diversi hanno aspettative differenti nei confronti dell’arte, ed è importante che artisti e spettatori siano liberi da queste aspettative e pressioni, e aperti alla diversità e alla differenza. Per me ora la cosa più interessante è il modo in cui la fotografia comunica con il cinema, la performance e gli oggetti che uso”.

Tutto questo permette a Joanna Piotrowska di costruire un’opera originale, senza espliciti riferimenti fotografici, ispirata alla performance e alla danza contemporanea, con cui riesce a esprimere le ansie di oggi nelle relazioni personali vissute all’interno delle nostre case, che riflettono le preoccupazioni provenienti dall’esterno. ◆ adr

Da sapere
La mostra

◆ Lo spazio espositivo Le Bal di Parigi, in Francia, ospita la mostra Joanna Piotrowska. Entre nous fino al 21 maggio. L’esposizione è accompagnata da un catalogo intitolato (Mack, Le Bal, 2023).


Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1509 di Internazionale, a pagina 62. Compra questo numero | Abbonati