L’improvvisa comparsa del vaiolo delle scimmie in quattro continenti ha fatto scattare l’allarme nella comunità sanitaria. Cugino più lieve del vaiolo, finora ha causato epidemie sporadiche e contenute in Africa. Secondo gli scienziati, dovrebbe quindi diffondersi lentamente ed è improbabile che scateni una pandemia. Ma c’è preoccupazione per la diffusione tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (Msm), che hanno registrato un alto numero di casi. L’epidemia segna un inquietante ritorno alla ribalta dei poxvirus, minaccia ampiamente dimenticata da quando, nel 1980, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha proclamato l’eradicazione del vaiolo.
Il vaiolo delle scimmie è apparso il 7 maggio nel Regno Unito, dove finora sono stati confermati settanta casi. Negli ultimi giorni sono stati segnalati casi sospetti in diversi paesi, tra cui Spagna, Portogallo, Stati Uniti, Canada, Svezia, Italia, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Australia e Israele. David Heymann, epidemiologo della Scuola d’igiene e medicina tropicale di Londra, che ha contribuito a estirpare il vaiolo e che venticinque anni fa, in Africa, è stato il primo a occuparsi di una significativa epidemia di vaiolo delle scimmie, prevede che nelle prossime settimane emergeranno “molti nuovi casi”.
In genere il virus si diffonde tramite contatti stretti e goccioline del respiro, ma la trasmissione sessuale sembra avere un ruolo nell’epidemia in corso. “È strano e decisamente preoccupante”, spiega l’epidemiologa Rosamund Lewis, responsabile delle malattie da poxvirus dell’Oms. Il comitato dell’Oms che si occupa di rischi epidemici legati alle malattie infettive, diretto da Heymann, si è riunito e ha fatto delle raccomandazioni che vanno dalla necessità di una sorveglianza più energica al possibile uso dei vaccini.
Il nome della malattia è improprio: anche se il virus è stato scoperto nel 1958 in una colonia di scimmie usate per la ricerca, gli ospiti naturali sono probabilmente i roditori e altri piccoli mammiferi. Negli esseri umani è stato individuato per la prima volta nel 1970 nell’attuale Repubblica Democratica del Congo: causava febbre, mal di testa e ingrossamento dei linfonodi, e in seguito un’eruzione di vesciche piene di pus, simili alle lesioni del vaiolo. Nell’Africa subsahariana scoppiano saltuarie epidemie quando qualcuno entra in contatto con un animale selvatico infetto e a volte i viaggiatori contagiati portano il virus in altri continenti. Nel 2003 gli Stati Uniti hanno avuto 47 casi collegati a cani della prateria (roditori) infettati da altre specie importate dal Ghana.
Di solito si guarisce nel giro di qualche settimana. Il ceppo del bacino del Congo uccide fino al 10 per cento dei contagiati, ma la recente epidemia sembra riguardare il ceppo dell’Africa occidentale, che in passato ha avuto un tasso di mortalità intorno all’1 per cento. Le epidemie “tendono a esaurirsi da sole”, dice Lewis, perché molti contagiati non infettano nessuno. Quella in corso, però, “interessa un’area geografica molto ampia e il numero dei casi è sorprendente”.
La nuova epidemia è senz’altro “ rara e insolita”, ma non dovrebbe “trasformarsi in una minaccia per la popolazione generale”, sostiene Agam Rao, che si occupa di poxvirus e rabbia presso i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), negli Stati Uniti. “Riguarda una fetta di popolazione molto limitata, quindi anche se ci aspettiamo nuovi casi, non pensiamo che il virus si diffonderà come quello del covid-19”, aggiunge.
Il primo caso è un viaggiatore rientrato il 4 maggio nel Regno Unito dalla Nigeria, dove il vaiolo delle scimmie è presente. Gli specialisti l’hanno confermato tre giorni dopo. Secondo la Health security agency britannica, però, il viaggiatore non aveva legami con gli altri casi individuati finora, segno che il virus potrebbe essere stato portato da più persone.
Genoma completo
Un team coordinato da João Paulo Gomes dell’Istituto nazionale di sanità portoghese ha postato il primo genoma completo del virus, che somiglia a quelli esportati nel 2018 e nel 2019 dalla Nigeria verso Singapore, Israele e Stati Uniti. I ricercatori portoghesi hanno sequenziato il virus a partire da un campione prelevato il 4 maggio, quindi è probabile che la persona infetta non abbia avuto contatti con il paziente zero del Regno Unito. I medici portoghesi non avevano idea di quale fosse la causa delle lesioni del paziente, spiega Gomes, e non hanno testato il campione finché non è uscita la notizia dei casi britannici. “Nessuno pensava che potesse trattarsi di vaiolo delle scimmie”, dice.
In effetti questo tipo di vaiolo è così raro che solo pochi medici l’hanno incontrato. Dato che le lesioni ricordano quelle di altre malattie, come varicella e sifilide, non è la prima cosa che viene in mente. Oltre a test molto lunghi che richiedono il sequenziamento del virus, circa venti volte più grande di quello dell’hiv, i laboratori hanno a disposizione il test di reazione a catena della polimerasi, in grado di esaminare i campioni alla ricerca di pezzi minuscoli di dna virale del vaiolo delle scimmie, che poi è amplificato per portarlo a livelli rilevabili.
La trasmissione sessuale del vaiolo delle scimmie non è mai stata dimostrata, anche se in uno studio del 2017 i ricercatori nigeriani avevano avanzato l’ipotesi perché molti pazienti avevano piaghe ai genitali. Secondo Fernando Simón, che dirige il centro di coordinamento per le emergenze sanitarie del ministero della salute spagnolo, i sette casi confermati il 19 maggio in Spagna sono tutti legati a uomini che hanno avuto rapporti sessuali con uomini o a transgender che avevano partecipato a sex party. Nei giorni seguenti il numero dei casi è aumentato.
◆ Anche se sono cugini e hanno un nome simile, il vaiolo e il vaiolo delle scimmie sono due malattie molto diverse, soprattutto per gravità e contagiosità. Entrambi provocano delle pustole sulla pelle, ma visto che il vaiolo è stato eradicato in tutto il mondo negli anni settanta, oggi i sintomi del vaiolo delle scimmie possono essere confusi con altre malattie, come la varicella, che provocano delle lesioni sulla pelle.
Sorprese Gli esperti tendono a escludere che possa esserci una pandemia di vaiolo delle scimmie, ma ci sono alcuni aspetti che li sorprendono. In passato ci sono già stati dei focolai della malattia al di fuori dell’Africa, ma di solito si trattava di pochi casi con una diffusione locale molto limitata. Normalmente il vaiolo delle scimmie si trasmette con difficoltà da persona a persona e l’atipica presenza di diversi focolai in più di venti paesi del mondo merita sicuramente un’indagine approfondita. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), è fondamentale capire le modalità di diffusione della malattia e informare il più possibile le persone, in modo che il personale sanitario e i cittadini possano contribuire a fermare i contagi. Un altro aspetto che ha sorpreso la comunità scientifica è che per ora molti casi sono riconducibili a “uomini che hanno rapporti sessuali con uomini” (Msm), come sono definiti nella letteratura medica, ma il vaiolo delle scimmie non è considerato una malattia sessualmente trasmissibile.**
****Uomini** Finora tutte le persone contagiate di cui si conosce il genere, tranne due, sono uomini. Di alcuni si sa che avevano lesioni alla pelle nelle zone oro-genitali. Non sappiamo ancora se la malattia può essere trasmessa attraverso lo sperma o le secrezioni vaginali. è probabile che il contagio avvenga in realtà a causa del contatto con le lesioni della pelle durante i rapporti. La ragione per cui al momento si hanno più segnalazioni di casi tra Msm potrebbe dipendere dall’attenzione alla salute di questo gruppo demografico, spiega l’Oms. Le eruzioni cutanee da vaiolo delle scimmie possono somigliare ad alcune malattie sessualmente trasmissibili, come la sifilide, il che potrebbe spiegare perché molti casi sono stati rilevati in strutture dedicate alla salute sessuale.
Discriminazione Le informazioni sull’attuale concentrazione dei casi tra Msm è rilevante dal punto di vista sanitario, ma l’Oms ha condannato qualsiasi forma di stigmatizzazione e discriminazione, non solo perché moralmente inaccettabili, ma anche perché fuorvianti: chiunque abbia uno stretto contatto fisico di qualsiasi tipo con una persona che ha il vaiolo delle scimmie è a rischio. Come l’epidemia di hiv ha insegnato, discriminare un gruppo può avere conseguenze devastanti. Anche perché lo stigma, inducendo le persone a nascondere la loro condizione, può contribuire alla diffusione delle malattie.
“Nella maggior parte dei casi le lesioni sono localizzate nell’area genitale, nella zona perianale e intorno alla bocca”, spiega Simón. “Non sembra però che sia lo sperma a trasmettere il virus. L’ipotesi più plausibile è che il contagio avvenga tramite contatto con le lesioni”. Simón sottolinea che il contagio potrebbe essere il risultato di contatti fisici che non hanno a che fare con il sesso.
Nessuno dei pazienti spagnoli si è ammalato gravemente o è stato ricoverato. Due hanno l’hiv, sotto controllo con i farmaci. Anche se tra omosessuali e transgender c’è un’alta incidenza di hiv, non c’è alcuna prova che un sistema immunitario compromesso abbia avuto un ruolo nell’epidemia. Per ragioni di privacy, le autorità sanitarie di molti paesi non hanno fornito dettagli sui contagiati. Simón fa notare che alcuni hanno colto l’occasione per offendere sui social gay, bisessuali e transgender (“Purtroppo esistono persone così”, commenta).
Heymann ipotizza che il vaiolo delle scimmie abbia cominciato a diffondersi ben prima di maggio, senza essere individuato. La trasmissione potrebbe essere rimasta a livelli bassi durante il lockdown, per poi crescere quando “le persone hanno ricominciato a vivere”.
Il vaiolo è stato un flagello per secoli, uccidendo fino al 30 per cento dei contagiati. La campagna globale degli anni sessanta e settanta ha fermato la trasmissione: oggi il virus è l’unico agente patogeno umano debellato, anche se nei laboratori di Russia e Stati Uniti ne esistono dei campioni. All’inizio degli anni settanta, quando i casi crollarono, i governi smisero di somministrare il vaccino perché i rischi superavano i benefici. Il vaccino conteneva infatti il Vaccinia virus, che ha una storia poco chiara, ma sembra essere un poxvirus naturale coltivato in laboratorio. Il virus si replicava provocando a volte effetti collaterali gravi e la morte di una persona su un milione. La campagna vaccinale dell’Oms si concluse nel 1977, l’anno in cui fu registrato l’ultimo caso di vaiolo.
Dato che sia il contagio da vaiolo sia il vaccino proteggono dal vaiolo delle scimmie, negli ultimi cinquant’anni sono aumentate le persone esposte al virus. Alcuni ricercatori temono che possa evolversi e occupare la “nicchia ecologica” lasciata libera dal vaiolo. In effetti nel corso degli anni i casi sono aumentati con regolarità in Africa, e la nuova epidemia è la prima a interessare contemporaneamente più continenti.
In Europa e in Nordamerica ci sono due vaccini contro il vaiolo normale e quello delle scimmie. Uno, prodotto dalla Emergent BioSolutions, è simile a quello usato durante la campagna di eradicazione e può causare sintomi gravi e perfino la morte in chi ha un sistema immunitario compromesso. L’altro, della Bavarian Nordic, usa una forma di virus che non si replica e ha meno effetti collaterali. È l’unico approvato per il vaiolo delle scimmie.
All’inizio del mese il Regno Unito ha cominciato a vaccinare gli operatori sanitari entrati in contatto con i pazienti che avevano il vaiolo delle scimmie. La Spagna non lo sta facendo, spiega Simón, perché gli esperti di malattie infettive hanno i dispositivi di protezione e l’esperienza per tutelarsi. Neanche il Massachusetts general hospital ha vaccinato il personale. “Ma stiamo prendendo le dovute precauzioni”, spiega Paul Biddinger, responsabile del centro per la medicina delle catastrofi dell’ospedale. Inoltre, anche se gli Stati Uniti hanno approvato i vaccini, i medici non possono prescriverli: le scorte sono gestite a livello federale dai Cdc. E comunque gli operatori sanitari dell’ospedale corrono un rischio “intermedio”, che non giustifica la vaccinazione.
I vaccini, che prevengono la malattia perfino se somministrati quattro giorni dopo l’esposizione al virus, potrebbero essere usati anche per proteggere chi è entrato in contatto con i casi sospetti o confermati. Finora nessun paese lo sta facendo: ci sono scorte limitate di entrambi i vaccini e di solito sono in mano ai governi.
La settimana scorsa, per una coincidenza, la Bavarian Nordic ha partecipato con Heymann e altri nove dirigenti sanitari di tutto il mondo a una riunione organizzata sei mesi fa proprio per discutere della necessità di aumentare le scorte dei vaccini, considerando l’aumento dei casi di vaiolo delle scimmie negli ultimi anni. “Le autorità sanitarie dovrebbero pensarci seriamente”, dice Bernard Hoet, responsabile delle strategie mediche dell’azienda. “Un’azienda come la nostra non può preparare scorte per tutti. Disponiamo di alcune dosi e le distribuiremo, ma a chi?”.
Per curare i casi più gravi sono disponibili dei farmaci. Uno, il tecovirimat, è stato il primo a essere approvato per il vaiolo dalla Food and drug administration (Fda) statunitense, nel 2018, dopo che si è dimostrato sicuro nella sperimentazione sugli esseri umani ed efficace negli animali con virus simili. L’altro, il brincidofovir, è stato approvato dall’Fda nel 2021.
Farmaci e vaccini fanno sperare che sia possibile limitare la gravità e la diffusione dell’epidemia, ma una dichiarazione dell’Oms del 18 maggio avverte che “le contromisure non sono ancora disponibili su vasta scala”. Se i casi continuassero ad aumentare, e il virus fosse rilevato in altri paesi, i campanelli d’allarme si farebbero assordanti. ◆ sdf
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Questo articolo è uscito sul numero 1462 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati