Tra le api e gli agricoltori non c’è mai stata una grande amicizia. Perciò è stata una trovata piuttosto bizzarra chiamare “Salviamo api e agricoltori” l’iniziativa popolare voluta dai cittadini europei per abolire i pesticidi chimici. Nel 2022 sono state raccolte più di un milione di firme in tutta Europa e ora le istituzioni comunitarie sono tenute a occuparsi del problema.
Il 24 gennaio i promotori dell’iniziativa ne hanno discusso durante un’audizione delle commissioni ambiente e agricoltura del parlamento europeo. I cittadini chiedono di ridurre i pesticidi sintetici dell’80 per cento entro il 2030 ed eliminarli del tutto nel 2035. Inoltre, vogliono che sia ripristinata la biodiversità persa e il sostegno agli agricoltori nella transizione verso l’agroecologia. L’idea è che l’agricoltura avrà un futuro solo se clima e ambiente saranno protetti, quindi solo se gli agricoltori convivranno pacificamente con le api, invece di ucciderle.
Sembrava che a Bruxelles questa idea fosse condivisa un po’ da tutti, perché la biodiversità era di moda. Ma quando si è trattato di passare dalla teoria alla pratica l’Unione europea s’è impantanata. A giugno del 2022 la Commissione europea ha proposto un regolamento che prevede di dimezzare l’uso dei pesticidi entro il 2030. Ma ci sono state una serie di resistenze all’interno della Commissione e non si riesce nemmeno a capire se entro il prossimo anno sarà approvata una qualsiasi norma comunitaria su questo tema. Il 2024 è una data cruciale perché si concluderà sia il mandato della Commissione sia quello del parlamento europeo.
Impantanati
Secondo Norbert Lins, presidente della commissione agricoltura del parlamento europeo, la colpa del blocco è della Commissione e soprattutto di Frans Timmermans, commissario per il clima. Secondo Lins, sono stati fissati “obiettivi troppo ambiziosi” e fatti “errori tecnici”. Invece i sostenitori della svolta ecologica pensano che i politici come Lins stiano sfruttando la guerra in Ucraina per fare marcia indietro sulle politiche agricole.
Nell’ambito della politica agricola comune europea (Pac) erano molti i fondi vincolati a obiettivi climatici e ambientali. Ma già nel 2021, dopo una serie di negoziati tra il parlamento, la Commissione e gli stati dell’Unione, era stato subito chiaro che il continente non avrebbe raggiunto gli obiettivi di tutela ambientale e biodiversità.
Per questo motiv0 è stata proposta una nuova strategia, la farm to fork (dalla fattoria alla tavola): i più importanti gruppi parlamentari hanno votato a favore di un’agricoltura sostenibile, con obiettivi ambiziosi da realizzare entro il 2030. Tra questi anche quello di diminuire del 50 per cento l’uso dei pesticidi, del 25 i fertilizzanti e del 50 gli antibiotici. Oltre a convertire all’agroecologia il 25 per cento dell’agricoltura. La strategia fa parte del Green deal (accordo verde) europeo, che impone l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050. Poi, però, è arrivata la guerra ed è tornata in primo piano la questione della sicurezza alimentare.
Quando gli stati dell’Unione europea hanno chiesto di ammorbidire le regole della Pac sull’ambiente, Timmermans non è riuscito a evitarlo. Così per il 2022 e il 2023 sono state stabilite deroghe sui terreni a riposo e sulla rotazione delle colture, perché l’Europa avrebbe dovuto esportare più grano per compensare le carenze sul mercato mondiale dovute alla guerra in Ucraina. Timmermans è stato accusato di essere ideologico e di accettare consapevolmente il rischio di una carestia globale. A marzo del 2022 la Commissione europea ha rinviato di tre mesi la presentazione del regolamento sui pesticidi, sperando si calmassero gli animi.
Ecosistemi diversificati
Ma non è stato così: gli ambientalisti hanno accusato la Commissione di concedere troppa libertà ai singoli stati che, a seconda della diversa quantità di pesticidi usati, sono tenuti a scegliere da soli il proprio obiettivo: una riduzione del 35, del 50 o del 65 per cento. Ma la pietra dello scandalo è stata l’idea di vietare completamente i fitofarmaci in tutte le aree protette. Su questo c’è stata una resistenza trasversale.
Lins cita soddisfatto i Verdi del Baden-Württemberg, il suo land, nella Germania suddoccidentale, che al governo con la Cdu hanno approvato “la legge sulla biodiversità più severa d’Europa”. Ma anche loro durante una riunione del gruppo parlamentare a Bruxelles hanno criticato i piani della Commissione europea. I Verdi hanno spiegato che un terzo del Baden-Württemberg è area protetta e che il 30 per cento di quest’area è destinato all’uso agricolo. Vietare tutti i fitofarmaci, compresi quelli biologici, segnerebbe “la fine di tante aziende, incluse quelle a conduzione biologica”.
La Commissione promette modifiche, ma il danno è fatto e rimediare non sarà facile. A larga maggioranza il Consiglio europeo ha incaricato la Commissione di presentare una valutazione d’impatto che dica di quanto diminuirebbe la produzione agricola per effetto della riforma.
Secondo il parlamentare europeo Lins, la Commissione non sarebbe mai dovuta andare avanti a suon di divieti, ma avrebbe dovuto offrire alternative agli agricoltori. Anche lui ritiene eccessivo eliminare completamente i fitofarmaci sintetici: va valutato caso per caso.
Invece alcuni politici come Martin Häusling, europarlamentare dei Verdi, sostengono che alla lunga a garantire il raccolto non basteranno né l’ingegneria genetica né i pesticidi: sarà imprescindibile una politica che abbia come obiettivo ecosistemi diversificati e caratterizzati dalla biodiversità.
È probabile che le battaglie culturali su api e agricoltori dureranno ancora a lungo, inclusa quella sul divieto del glifosato. Mentre la Commissione europea prende tempo per esaminare la questione, il governo tedesco ha già deciso di vietare questo fitofarmaco entro il primo gennaio 2024. Secondo Lins, gli agricoltori potrebbero rivolgersi ai tribunali per contestare una decisione nazionale. ◆sk
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Questo articolo è uscito sul numero 1502 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati