È grazie ai diamanti se dal 1967 a oggi tutti i presidenti del Botswana hanno potuto far costruire strade nel paese. Ad agosto non è andata diversamente: alla presentazione di un diamante grande quanto il palmo di una mano, il presidente Mokgweetsi Masisi ha esclamato: “Vedo la costruzione di nuove strade”. È il secondo diamante più grande mai scoperto nella storia e potrebbe fruttare decine di milioni di dollari. Il 10 per cento di quella cifra andrà al Botswana perché, a differenza di altri paesi ricchi di materie prime, il paese dell’Africa australe ha stretto accordi con le aziende minerarie che garantiscono un’ingente quantità di dollari e riceve una quota del ricavato delle vendite. Rispetto ai suoi predecessori, però, Masisi deve fare più fatica per mantenere in vita questa mucca da mungere. Il Botswana è il principale produttore mondiale di diamanti estratti in miniera, ma l’attività sta diminuendo rapidamente a causa dei diamanti prodotti in laboratorio, più economici e ormai difficili da distinguere da quelli naturali. A gennaio il paese stimava per la sua economia una crescita del 4,2 per cento, ma nei primi tre mesi dell’anno le vendite di diamanti si sono quasi dimezzate. E ad agosto il Fondo monetario internazionale ha modificato le sue stime, prevedendo una crescita dell’1 per cento e suggerendo al paese di spendere meno in infrastrutture, perché avrebbe avuto a disposizione meno soldi.

Il Botswana ha cominciato a modificare la sua strategia, investendo in annunci sensazionalistici: grandi scoperte di pezzi rarissimi che finiscono sui giornali di tutto il mondo. L’azienda mineraria canadese Lucara Diamond ha fatto la sua parte: in dodici anni di attività la sua miniera di Karowe, cinquecento chilometri a nord della capitale Gaborone, ha sfornato tre grandi ritrovamenti. Uno di questi è stato venduto per più di cinquanta milioni di dollari. La pietra da 2.492 carati presentata ad agosto è stata scoperta usando una tecnologia a raggi x progettata per individuare e conservare grandi diamanti di alto valore, in modo da poterli estrarre tutti interi.

Base solida

La scoperta di pietre rare però “non può essere una base solida per il settore”, spiega lo storico delle attività minerarie Duncan Money. “La situazione di fondo non cambia: i diamanti sintetici stanno diventando più economici e di qualità migliore”. Perciò l’altra scommessa di Masisi è assicurarsi una fetta più grande della torta, anche se questa si sta facendo sempre più piccola. A febbraio ha minacciato di tagliare i legami con la Anglo American, che insieme al Botswana è proprietaria del colosso minerario De Beers, e con l’azienda mineraria locale Debswana, che gestisce quattro delle cinque miniere di diamanti attive nel paese. Gli avversari lo hanno accusato di retorica nazionalista ma, quando pochi mesi dopo è stato rinnovato (in linea di principio) l’accordo con la Debswana, il partenariato di mezzo secolo aveva subìto alcuni cambiamenti significativi. Mentre in passato la Debswana vendeva solo il 25 per cento dei suoi diamanti all’azienda commerciale Okavango Diamonds, di proprietà dello stato, ora ne dovrà cedere il 30 per cento. Una cifra che aumenterà fino al 50 per cento nei prossimi dieci anni. Il resto continuerà ad andare alla De Beers, in cui il Botswana ha una partecipazione del 15 per cento. Oltre a questo, la De Beers investirà un miliardo di pula (67 milioni di euro) in un fondo per lo sviluppo, portandolo a dieci miliardi nel giro di dieci anni.

Il governo è anche determinato a tenere fuori tutti gli altri. Quando a maggio la Anglo American ha annunciato di volersi separare dalla De Beers, Masisi ha dichiarato che il Botswana era pronto a comprare delle quote nell’ambito della cessione, per tenere lontani i “malintenzionati” con “capitali impazienti”.

Il presidente ritiene che, investendo una quantità sufficiente di soldi pubblici per affrontare gli alti e bassi di un settore imprevedibile come quello dei diamanti, il paese continuerà a costruire strade, scuole e ospedali. Altri, come Duncan Money, pensano invece che per il Botswana sia venuto il momento di diversificare l’economia. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1581 di Internazionale, a pagina 101. Compra questo numero | Abbonati