Nell’ultima settimana i prezzi del gas hanno raggiunto il livello più alto dell’ultimo anno. Nel principale mercato olandese per lo scambio del gas, il Title transfer facility di Amsterdam, l’aumento ha superato il 4 per cento, salendo sopra i 50 euro per megawattora. Nel gennaio 2024 costava circa 37 euro. Il picco è stato causato soprattutto dall’interruzione del flusso di gas russo che passa per l’Ucraina. Di conseguenza è aumentato il ricorso al gas stoccato nelle riserve.

Cosa significa per i privati e per le aziende? Molti consumatori non noteranno subito nelle loro bollette il picco della settimana scorsa. Gran parte degli utenti ha un contratto che prevede un prezzo fisso per un anno o più. E non è detto nemmeno che se ne accorga chi ha un contratto a tariffe variabili. I fornitori di energia comprano ogni giorno materia prima. Il prezzo che addebitano ai consumatori con un contratto variabile si basa spesso su un prezzo medio di mercato calcolato su un periodo di tempo prolungato. Per cui, se il picco sarà di breve durata, i consumatori quasi non se ne accorgeranno.

Se invece il prezzo rimarrà alto più a lungo, com’è successo subito dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la cosa si ripercuoterà anche su consumatori e aziende, con un certo ritardo. Va comunque detto che l’aumento attuale è molto meno drastico di quello del 2022, quando il prezzo medio del gas era arrivato a circa 130 euro per megawattora, con picchi sopra i 330 euro.

Non è facile prevedere l’andamento dei prezzi del gas nel lungo periodo. Il mercato energetico è più rigido rispetto al periodo precedente all’attacco russo, e i prezzi sono piuttosto instabili. Secondo l’economista Machiel Mulder, esperto di mercato dell’energia, il picco della settimana scorsa è stato causato da un concorso di circostanze temporanee o che comunque l’Europa è in grado di affrontare.

Ecco una delle circostanze: il 1 gennaio è scaduto un importante accordo tra Kiev e Mosca. Kiev non vuole più che il gas russo scorra verso i paesi europei passando attraverso i suoi condotti. La Russia guadagnava un bel po’ di soldi con questa rotta, e li usava anche per finanziare le armi impiegate in Ucraina. L’azienda statale russa Gazprom ha quindi fermato la fornitura di gas, usata soprattutto da Slovacchia, Austria e Ungheria. Questi paesi non si ritroveranno di colpo al freddo, ma devono comunque cercare alternative.

A questo va aggiunto che la Norvegia, uno dei principali fornitori europei di gas, ha avuto problemi con le sue infrastrutture. Inoltre un’ondata di freddo in Europa e negli Stati Uniti ha incrementato l’uso di gas per il riscaldamento e le centrali hanno dovuto funzionare a ritmo sostenuto, perché nei numerosi giorni grigi e senza vento non è stata prodotta molta energia eolica e solare. “Probabilmente gli effetti di queste circostanze sul prezzo del gas saranno passeggeri”, dice Mulder.

Il mercato dell’energia
La vendita di gas naturale e di gas liquefatto dalla Russia all’Europa, miliardi di metri cubi (Iea, Eurostat)

Le tensioni geopolitiche non sono temporanee, ma “dopo l’invasione russa in Ucraina, l’Unione europea ha fatto in modo di essere meno dipendente da un unico paese per le sue forniture. Oggi, per esempio, acquistiamo molto più gas liquefatto (gnl) dagli Stati Uniti”, continua l’economista.

Diversificare la fornitura

I paesi che ricevevano il gas russo attraverso l’Ucraina si sono preparati all’interruzione del transito e possono usare altri gasdotti, come il Turkstream che passa sotto il mar Nero. “Se cessa una fornitura, abbiamo più opzioni per ottenere il gas altrove. I rivenditori sanno che questo ci rende meno vulnerabili alle tensioni geopolitiche rispetto a quanto accadeva prima dell’invasione russa”.

Hans Grünfeld è direttore dell’associazione Vemw, che tutela gli interessi delle aziende ad alto consumo energetico, ed è preoccupato per le conseguenze dell’ultimo aumento dei prezzi e della riduzione delle riserve di gas. “Questi segnali indicano che i prezzi sono volatili. Inoltre, da un po’ di tempo i prezzi del gas in Europa sono piuttosto alti se paragonati, per esempio, agli Stati Uniti. Per le aziende europee a forte consumo di energia, come quelle chimiche o produttrici di fertilizzanti che devono competere con gli Stati Uniti, per esempio, è una situazione disastrosa”. Di solito le aziende comprano il gas con ampio anticipo ma, in caso di aumento del fabbisogno, risentiranno subito dell’impennata dei prezzi.

Al momento le scorte europee di gas sono piene al 73 per cento, mentre in questo stesso periodo un anno fa erano circa all’86 per cento (nei Paesi Bassi sono basse, intorno al 58 per cento). Secondo Mulder, però, questo non vuol dire che quest’inverno gli europei soffriranno il freddo.

“Per ora, le scorte di gas sono più solide rispetto all’inizio della guerra in Ucraina. Dopo la crisi scoppiata nel 2022, in Europa si è deciso di non farle mai scendere al di sotto di una soglia minima concordata, anzi di tenere in serbo qualcosina in più. Adesso i paesi attingono più in fretta a quelle riserve, perché i prezzi sul mercato sono aumentati. Però gli stoccaggi esistono proprio per quello, per usarli quando è necessario”.

Mulder sostiene inoltre che le riserve influenzano il prezzo del gas, perché quando sono piene diminuiscono le tensioni sul mercato energetico. L’effetto positivo, però, è di gran lunga inferiore rispetto a quello negativo causato dalle condizioni meteorologiche e dalle tensioni geopolitiche. Se in futuro gli stoccaggi saranno inferiori al solito, durante l’estate bisognerà aggiungervi gas. Perciò anche nella stagione calda la domanda potrebbe aumentare, facendo impennare di nuovo i prezzi. ◆ oa

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Questo articolo è uscito sul numero 1596 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati