A volte una sconfitta militare somiglia a una bancarotta: uno stallo lento e doloroso può rapidamente trasformarsi in un tracollo. Un esercito che in teoria dovrebbe essere forte e ben equipaggiato può andare in crisi e darsi precipitosamente alla fuga. Non è una situazione insolita in tempo di guerra. È successo anche con l’esercito afgano nell’estate del 2021.
In questi giorni stiamo assistendo a un’impressionante offensiva ucraina nella regione di Charkiv e allo spettacolo di un esercito russo vulnerabile e in ritirata: resti di convogli distrutti, veicoli abbandonati, postazioni evacuate in fretta lasciando indietro attrezzature e viveri, prigionieri dall’aria avvilita. Il tutto mentre la popolazione locale accoglie con entusiasmo le truppe ucraine che sfilano nei villaggi. La rapidità dell’avanzata è stata clamorosa, con la riconquista di decine di centri abitati e di migliaia di chilometri quadrati di territorio.
Naturalmente è prematuro parlare di una completa vittoria dell’Ucraina. Ma quello che è successo negli ultimi giorni ha un’importanza storica. L’offensiva ha stravolto buona parte delle ipotesi sull’andamento della guerra, ricordandoci che le linee del fronte in apparenza statiche non sono necessariamente destinate a restare immobili, e che il morale e la motivazione delle truppe svaniscono rapidamente davanti alla prospettiva di una sconfitta, soprattutto quando i soldati non capiscono per quale causa stanno combattendo e hanno perso fiducia nei loro superiori. Chi vuole diventare un martire se la guerra è già persa?
Per alcuni analisti l’offensiva nella regione di Charkiv, nel nordest dell’Ucraina, è stata un’operazione opportunistica. Sembra che i vertici dell’esercito di Kiev abbiano voluto approfittare del trasferimento di un importante contingente russo verso Cherson, la città del sud dove ci si aspettava un attacco imminente degli ucraini, per avviare un’offensiva in aree dove Mosca aveva ridotto le difese.
Qualcun altro pensa che non si sia trattato di una decisione improvvisa ma di un’azione pianificata: gli ucraini avrebbero intenzionalmente spinto i russi a trasferire truppe da Charkiv, che era fin dall’inizio il vero obiettivo, a Cherson. In ogni caso sarebbe sbagliato pensare che Cherson sia meno importante: il sud dell’Ucraina ha un grande valore strategico per l’economia, i collegamenti con il mar Nero e i contatti con la Crimea. L’offensiva nel sud non è stata interrotta per concentrarsi su Charkiv. Al contrario, l’esercito ucraino sta ottenendo diversi successi anche lì.
Manovra a sorpresa
È probabile che i comandanti ucraini, come qualsiasi stratega militare esperto, si fossero preparati per diversi scenari. Le loro scelte dipendevano dalle mosse dell’esercito nemico, e quando hanno notato la portata del movimento di truppe russe e la vulnerabilità che aveva creato, si sono convinti a procedere con l’attacco a Charkiv. Ho anche il sospetto che volessero assicurarsi che l’offensiva di Cherson fosse ben avviata prima di aprire un altro fronte, e che questa considerazione abbia influito sui tempi dell’iniziativa.
Di sicuro l’offensiva degli ultimi giorni non è stata una manovra impulsiva. Prima di avviarla è stata necessaria una preparazione accurata, a cominciare dalla necessità di trasferire soldati ed equipaggiamenti senza che le intenzioni dell’esercito apparissero ovvie. Negli ultimi giorni gli ucraini hanno eseguito una serie di mosse destinate a disorientare le forze russe, sfondando esili linee di difesa, ignorando le postazioni russe che non avrebbero potuto interferire con i movimenti dei soldati ucraini e minacciando di isolarle (insieme al resto delle truppe russe nella regione) dalle fonti di approvvigionamento e dalle vie di fuga.
Lo scopo non era solo recuperare territori e colpire le truppe nemiche. Era anche arrivare a Kupjansk, la cittadina di 27mila abitanti che è un importante snodo stradale e ferroviario. E conquistare Izjum (45mila abitanti), con il suo importante presidio e centro di comando. Entrambe si trovano a circa 120 chilometri verso sudest da Charkiv, la seconda città del paese.
All’inizio dell’operazione il primo obiettivo era Balaklija (più di 25mila abitanti), più vicina al capoluogo. Le truppe ucraine l’hanno prima circondata e successivamente hanno cacciato i militari russi che la difendevano. Da quel momento hanno continuato ad avanzare, con un movimento a tenaglia ma anche spingendo verso il fiume Oskil, a sud di Kupjansk. Il 9 settembre è stata aperta un’altra linea del fronte con un attacco contro le postazioni russe a Lyman (più di ventimila abitanti), che si trova a sudest dell’offensiva iniziale ed era stata conquistata dai russi alla fine di maggio, dopo una battaglia molto aspra. In questo modo è stato possibile puntare verso Izjum. Kupjansk e Izjum sono ormai cadute, o almeno le truppe russe che le presidiavano sono in rotta. Secondo gli ucraini, centinaia di russi sarebbero stati uccisi e ci sarebbero molti prigionieri. Fonti ucraine parlano di intere unità spazzate via. Non è chiaro quanti soldati russi siano stati colti di sorpresa da queste manovre. Forse diecimila.
Le offensive in cui le linee di rifornimento si allungano eccessivamente e in cui le truppe di terra perdono la copertura aerea nascondono grandi insidie. Gli stessi problemi avevano compromesso la prima offensiva russa, a febbraio. Com’era prevedibile, il ministero della difesa di Mosca ha inizialmente dichiarato che a Charkiv tutto stava andando come previsto e che i rinforzi erano in arrivo. In seguito, però, ha confermato che le truppe russe si erano ritirate da Kupjansk e Izjum per “riorganizzarsi” nel territorio orientale controllato dai separatisti sostenuti da Mosca.
Blogger indignati
C’è una categoria di cittadini russi che non esita a manifestare la sua insoddisfazione: sono i blogger appassionati di questioni militari, nazionalisti che desiderano disperatamente la vittoria della Russia. A differenza di chi fa solo propaganda per il governo e che si limita a dire che tutto va bene cercando di ridimensionare ogni successo ucraino, i blogger valutano il conflitto con un certo livello di obiettività. Non hanno nessuna voglia di elogiare il regime di Vladimir Putin, anche perché sono profondamente delusi dalla sua incompetenza, dalla sua incapacità di prepararsi adeguatamente per un conflitto più ampio, e dal suo rifiuto di mobilitare il paese per lo sforzo bellico. Questi nazionalisti sono infuriati perché l’occasione migliore per riportare l’Ucraina ribelle sotto il controllo della madre Russia è stata persa, le forze armate registrano gravi perdite di uomini e mezzi, e il paese ha subìto un’umiliazione che non potrà essere superata prima di molti anni.
Analizzando il fallimento, i blogger considerano la possibilità che il nemico sia stato sottovalutato e che le capacità dell’esercito russo siano state sopravvalutate. A volte può sembrare che i blogger (a differenza dei propagandisti) elogino i soldati ucraini per salvare la faccia a quelli russi. Inoltre sottolineano che l’esercito di Kiev riceve costantemente armi avanzate e consigli tattici e operativi dagli occidentali, e li applica in modo efficace. Hanno ammesso la capacità degli ucraini di sfruttare tutte le potenzialità delle loro forze armate, coordinando le operazioni di blindati, fanteria e artiglieria, evitando inutili battaglie nei centri urbani e muovendosi con difese antiaeree sufficienti a rendere le condizioni pericolose per l’aviazione russa.
Analisi premature
I blogger non incolpano i soldati russi della battaglia persa. Al contrario, sottolineano il loro coraggio. Invece puntano il dito contro la mancanza di coordinamento tra le unità, aggravata nel caso di Balaklija dal fatto che le forze di difesa erano composte in parte dalla guardia nazionale russa e da soldati poco motivati provenienti dal Donbass occupato, che non avevano avuto altra scelta se non quella di entrare nell’esercito. Secondo i blogger né la guardia nazionale né i soldati del Donbass erano preparati per un conflitto simile, anche perché non hanno un addestramento adeguato nell’uso delle armi che hanno ricevuto in dotazione.
Un altro punto di debolezza sottolineato dai blogger è la mancanza di un sufficiente supporto dell’aviazione e dell’artiglieria. L’assenza di informazioni affidabili ha fatto in modo che i russi, a differenza degli ucraini, non potessero indirizzare con precisione il fuoco di artiglieria. I limiti della rete d’intelligence sono emersi anche in altri contesti. Il comando locale russo non ha colto nessun segnale dell’attacco imminente. La scarsa efficacia delle forze aeree, una delle poche risorse che avrebbero potuto permettere ai russi di arginare l’avanzata ucraina, lascia pensare che siano state completamente neutralizzate. “In generale la situazione è pessima”, ha scritto un blogger. “Da parte nostra non c’è stata molta resistenza per il terzo giorno consecutivo. Le nostre truppe abbandonano postazioni non particolarmente fortificate e si ritirano”.
Cosa ancora più importante, alcuni blogger a questo punto considerano possibile una sconfitta della Russia. Pochi pensano che le postazioni a Charkiv possano essere recuperate. Un blogger è arrivato a contemplare la catastrofe: “Il ministro della difesa Sergej Shoigu e il capo dello stato maggiore Valerij Gerasimov sono vicini a raggiungere un risultato impensabile: la sconfitta strategica delle forze armate della Federazione russa per mano di un esercito più debole e quasi sprovvisto di aviazione”. Il nazionalista russo Igor Girkin ha detto che “la guerra in Ucraina continuerà fino alla sconfitta totale della Russia. Abbiamo già perso. È solo una questione di tempo”.
◆ Nei territori liberati dalla controffensiva le autorità ucraine hanno già cominciato a cercare le prove di eventuali crimini di guerra commessi dalle forze russe. Sarebbero stati riesumati i cadaveri di diversi civili con segni di tortura, apparentemente vittime di esecuzioni sommarie. La vicepremier ucraina Irina Verešuk ha dichiarato che tutti i collaborazionisti saranno processati e rischiano fino a 12 anni di carcere.
◆Tra il 9 e l’11 settembre in Russia si sono svolte le elezioni regionali e amministrative, le prime dall’inizio del conflitto. Com’era previsto, scrive Meduza, a vincere sono stati ovunque i candidati vicini al Cremlino. Ai principali esponenti dell’opposizione era stato impedito di candidarsi, e molti erano stati arrestati per essersi opposti all’invasione dell’Ucraina. Inoltre il sistema di voto elettronico, usato per la prima volta in questa occasione, sembra aver favorito i brogli. Secondo Mediazona diversi elettori sono stati arrestati per aver scritto slogan contro la guerra sulle schede elettorali.
◆ Il 12 settembre più di cento consiglieri municipali di Mosca e San Pietroburgo hanno rivolto una lettera aperta a Vladimir Putin invitandolo a dimettersi da presidente della Federazione russa, sostenendo che con le sue azioni ha messo a rischio il futuro del paese. Nei giorni precedenti un consigliere di San Pietroburgo aveva chiesto al parlamento di processare Putin per alto tradimento.
◆ La Commissione europea ha proposto una tassa sui profitti straordinari delle aziende energetiche, i cui proventi dovrebbero servire ad ammortizzare il costo delle bollette. L’idea di un tetto al prezzo del gas è stata invece accantonata. Le proposte saranno discusse al vertice europeo del 30 settembre.
◆ In base a un rapporto dell’intelligence statunitense, dal 2014 il governo russo avrebbe speso almeno trecento milioni di dollari per influenzare la politica in 24 paesi. Secondo Washington queste cifre sono solo “la punta dell’iceberg”.
Detto questo, la Russia non ha ancora perso. Le sue forze occupano una parte importante del territorio ucraino e dispongono ancora di grandi risorse militari. In guerra ci possono essere svolte sorprendenti. Il caso della controffensiva ucraina lo dimostra. Un calcolo sbagliato o una manovra imprudente possono modificare un conflitto.
Tra l’altro c’è sempre il rischio che le analisi si spingano troppo oltre, partendo dalla situazione attuale per fare previsioni puramente ipotetiche. All’inizio dell’estate si tendeva a pensare che i mesi successivi sarebbero stati segnati da un’offensiva russa spietata nel Donbass o da uno stallo, con una guerra che minacciava di durare mesi se non addirittura anni. Lo stallo è ancora possibile, anche perché è difficile immaginare che una potenza militare come la Russia sia effettivamente sconfitta.
Putin è irremovibile
L’Ucraina ha migliorato la sua posizione, ma bisogna essere prudenti ed evitare di fare previsioni troppo azzardate. Anche se Charkiv sarà completamente liberata, ci sarà ancora molto da fare. Nella regione di Cherson sta prendendo forma l’altra offensiva ucraina. Finora è andata avanti lentamente, anche se sta accelerando e potrebbe portare a ulteriori manovre di accerchiamento. A questo punto i russi devono preoccuparsi delle loro postazioni a Donetsk, nella parte orientale del paese. Nel frattempo rimane irrisolta la pericolosa vicenda nella centrale nucleare di Zaporižžja. Il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha parlato di situazione “precaria”, visto che l’alimentazione energetica esterna è stata interrotta e la struttura è tuttora bersaglio di colpi di artiglieria.
Al momento l’iniziativa è nelle mani dell’Ucraina. L’esperienza degli ultimi giorni alimenterà i dubbi dei comandanti russi a proposito dell’affidabilità e della solidità delle loro truppe, aggravando ulteriormente i problemi di assegnazione delle scarse risorse umane, dell’intelligence e della forza aerea. È possibile che il disastro operativo possa ripetersi se i russi cercheranno di spostare le truppe per tappare un buco, rischiando di aprirne un altro? Quanto potranno ancora resistere i soldati russi, che in molti casi combattono da settimane senza sosta e senza ottenere risultati di rilievo? Sul fronte opposto gli eventi recenti costituiscono un’iniezione di fiducia per i soldati ucraini più in difficoltà (come ha scritto il Washington Post, molte unità hanno vissuto un periodo estremamente duro).
La possibilità di una sconfitta, che ormai sul fronte russo è presa in considerazione, non era contemplata nel discorso tenuto da Putin il 7 settembre al forum economico di Vladivostok (a cui partecipavano solo i rappresentanti di Birmania, Cina e Armenia). Putin ha detto che non c’erano state perdite e che al contrario la Russia aveva conquistato una maggiore sovranità, come se il desiderio di rafforzare il suo potere autoritario e l’autosufficienza economica fosse valso il sacrificio di migliaia di russi morti, feriti o presi prigionieri, oltre allo spreco di anni di produzione di armamenti e modernizzazione economica. Le forze di Mosca potrebbero stabilizzare la situazione, almeno lontano da Charkiv, concedendo a Putin un po’ di respiro nella speranza che i problemi economici spingano i paesi europei a togliere il sostegno a l’Ucraina. Uno scenario in realtà piuttosto improbabile. E tra l’altro Putin sembra avere meno tempo di quanto pensasse.
Considerando l’opacità del processo decisionale del Cremlino, niente lascia pensare che Putin possa ammettere di aver messo il suo paese in una pessima situazione. Quindi la prudenza ci obbliga a pensare che questa guerra andrà avanti ancora a lungo. Ma non dobbiamo nemmeno ignorare la possibilità che la situazione si evolva più rapidamente del previsto. Prima gradualmente, poi all’improvviso. ◆ as
Lawrence Freedman è professore emerito di studi sulla guerra al King’s College di Londra. Il suo ultimo libro è Command: the politics of military operations from Korea to Ukraine (Allen Lane 2022).
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Questo articolo è uscito sul numero 1478 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati