Nello studio color blu elettrico del canale televisivo CNews, a Parigi, il commentatore politico Éric Zemmour ha discusso con i suoi ospiti di tutti gli argomenti che più gli stanno a cuore: l’immigrazione, l’islam e il declino della Francia. Nel 2021 almeno sette ministri del governo francese del presidente Emmanuel Macron si sono scontrati con Zemmour durante il programma di prima serata Face à l’info. Condannato due volte per istigazione alla discriminazione razziale e all’odio religioso, il nuovo alfiere dell’estrema destra francese ha deciso di usare la notorietà acquisita in tv per provare a diventare presidente della repubblica. L’annuncio della sua candidatura alle elezioni del 2022 è atteso a giorni. Nell’ultimo mese Zemmour è diventato uno dei potenziali candidati più popolari dopo Macron e Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra Rassemblement national. Secondo gli ultimi sondaggi, al primo turno Zemmour potrebbe conquistare fino al 15 per cento dei voti, complicando così la corsa di Le Pen. “Stavolta è il mio turno”, ha scritto nel suo nuovo libro La France n’a pas dit son dernier mot (La Francia non ha ancora detto l’ultima parola). L’ascesa di Zemmour è il risultato della crescente influenza di CNews, controllata dal miliardario di destra Vincent Bolloré e spesso paragonata a Fox News, il canale statunitense di proprietà di Rupert Murdoch che ha sostenuto l’ex presidente statunitense Donald Trump e molte delle cause della destra americana.
Di proprietà del gruppo Vivendi, CNews ha raddoppiato il suo pubblico in quattro anni, e oggi è al secondo posto tra i quattro canali francesi d’informazione. Il suo modello imprenditoriale abbina servizi giornalistici a basso costo a dibattiti su temi che spaziano dalla criminalità alle glorie del periodo napoleonico.
CNews in Francia non è ancora influente quanto Fox News negli Stati Uniti e Zemmour non è Trump. Eppure i rivali politici sottolineano preoccupati che il canale sta decidendo i termini e i temi del dibattito pubblico e aggravando le spaccature in una società già profondamente divisa. La chiave del recente successo di CNews e di Zemmour è la lezione che quest’ultimo ha saputo trarre dal referendum sulla Brexit nel Regno Unito e dal trionfo elettorale di Trump nel 2016: per vincere bisogna essere radicali e spesso offensivi. L’ultimo gesto eclatante di Zemmour per attirare l’attenzione è stato la richiesta di vietare l’uso di nomi “stranieri” come Mohammed o Kevin. “Non si vince più conquistando il centro”, avrebbe detto Zemmour a Le Pen in un incontro segreto all’inizio del 2021, in cui la leader del Rassemblement national avrebbe provato a convincerlo a non candidarsi. “Le persone vogliono fermezza, determinazione, perfino estremismo”.
Nel mondo del giornalismo francese il fenomeno CNews ha colto di sorpresa quanti credevano che le rigide regole del settore radiotelevisivo avrebbero reso impossibile il lancio e il successo di un canale così schierato. Il Conseil supérieur de l’audiovisuel (Csa) obbliga le emittenti a dare spazio a opinioni diverse e a far rispettare i tempi d’intervento dei politici, soprattutto in campagna elettorale. Negli Stati Uniti non esistono vincoli del genere, per questo Murdoch ha potuto trasformare Fox News nel megafono della destra. Gérald-Brice Viret, capo della programmazione di Vivendi, sottolinea che le regole francesi impediscono a CNews di diventare come il canale statunitense. “Non siamo populisti, ma popolari”, aggiunge. “E ovviamente questo fa infuriare tutti”.
Tuttavia, secondo Roland Lescure, parlamentare del partito di Macron, La République en marche, il rischio di un simile sviluppo è concreto. “Il pericolo è la spettacolarizzazione delle notizie, che rende ogni dibattito un confronto isterico tra estremisti ed elimina ogni moderazione, semplificando argomenti complessi, per esempio in tema di salute e vaccini”.
Stampa e imprenditori
Il successo di CNews arriva in un periodo complicato per il giornalismo francese. Decenni di regole rigide hanno impedito ai mezzi d’informazione tradizionali di tenere il passo dei social network e dei nuovi sistemi di diffusione delle notizie a ciclo continuo. In Francia, inoltre, nel settore sono in corso diverse importanti fusioni. Se gli enti regolatori approveranno gli accordi in discussione, alcune testate di grande importanza cambieranno presto proprietà. Un esempio è la fusione tra i due principali canali tv privati del paese, TF1 e M6. Tra i maggiori beneficiari di queste novità ci sarà senz’altro Bolloré, primo azionista del gruppo Vivendi. Se otterrà l’approvazione delle autorità, Vivendi acquisirà il controllo del gruppo Lagardère, che possiede la radio Europe 1, il settimanale Journal du Dimanche e la rivista Paris Match. Nonostante queste testate non generino grandi profitti, sono particolarmente seguite dalle élite politiche e imprenditoriali del paese e contribuiscono a plasmare gli orientamenti dell’opinione pubblica. Emmanuel Macron, per fare un esempio, è apparso otto volte sulla copertina di Paris Match durante la campagna presidenziale del 2017. E i suoi ministri sono spesso sulla prima pagina del Journal du Dimanche.
Di recente Zemmour – che ha 63 anni, è sposato e ha tre figli – ha conquistato la sua prima copertina di Paris Match, fotografato al mare mentre abbracciava la sua consigliera politica Sarah Knafo, 28 anni. Non è chiaro se la foto sia stata davvero scattata dai paparazzi o se invece non sia stata una trovata pubblicitaria per lanciare la sua campagna elettorale.
In Francia si discute da tempo dell’influenza dei grandi imprenditori sul giornalismo. È difficile trovare le prove di interventi diretti, ma – per esempio – molti fanno notare la prudenza con cui il quotidiano Les Echos affronta le notizie che riguardano Bernard Arnault, suo editore e presidente del gruppo di marchi di lusso LVMH. E c’è chi sottolinea che le posizioni di Le Figaro su economia e sicurezza favoriscono gli affari della famiglia proprietaria del giornale, i Dassault, che hanno interessi nel campo della difesa. “Non c’è nulla di esplicito, tutto è sottinteso”, spiega un dirigente del settore. “Con CNews, però, Bolloré è andato oltre. Ha dimostrato che si può trasformare un canale tv in un’arma politica. Ora temiamo che possa fare lo stesso con le sue altre testate”.
Un nuovo inizio
Il lancio di CNews, come le ambizioni politiche di Zemmour, è relativamente recente. L’emittente è nata nel 2017, dopo uno sciopero di un mese nel canale d’informazione del gruppo Vivendi, che allora si chiamava i-Telé e non aveva un orientamento politico specifico. Su i-Telé Zemmour aveva condotto un programma fino al 2014, quando era stato licenziato per aver minimizzato il ruolo della Francia nell’olocausto in un’intervista a un quotidiano italiano. Il canale perdeva circa trenta milioni di euro l’anno e doveva affrontare due nuovi concorrenti: LCI, un’emittente di proprietà di TF1, appena passata dalla tv a pagamento a quella in chiaro, e il nuovo canale di notizie della tv pubblica France Info. Lo sciopero era stato indetto a causa della discussa assunzione di un presentatore famoso, ma si era presto trasformato in una protesta contro Bolloré, che era da poco diventato presidente di Vivendi. Bolloré aveva deciso di adottare una nuova linea strategica e aveva cominciato da Canal Plus, la rete a pagamento del gruppo, licenziando diversi dirigenti e cancellando uno dei programmi più seguiti, Les Guignols, l’irriverente parodia di un notiziario, condotto da pupazzi con le sembianze di personaggi delle vita pubblica francese. In passato il miliardario aveva apertamente sostenuto leader conservatori come Nicolas Sarkozy, per questo i giornalisti di i-Telé avevano chiesto garanzie d’indipendenza.
Alla fine, però, la protesta si è rivelata controproducente. Secondo un ex dipendente Bolloré ha colto l’occasione per “ripulire” la redazione e tagliare i costi. Più di due terzi dei giornalisti, circa cento persone, hanno lasciato i-Telé. Un paio di mesi dopo l’emittente è stata ribattezzata CNews e lanciata con uno slogan che prometteva “notizie, analisi e opinioni”. Serge Nedjar, il collaboratore di Bolloré incaricato di gestirne la metamorfosi, ha costruito una programmazione incentrata sui talk show, meno costosi del giornalismo sul campo. Allora Bolloré – racconta chi lo conosce bene – era convinto che i mezzi d’informazione fossero troppo orientati a sinistra e considerava CNews un’alternativa necessaria per difendere le idee liberiste e approfondire i temi che le altre testate ignoravano. Bolloré era particolarmente interessato ad argomenti come la sicurezza e l’immigrazione, e considerava Zemmour la voce giusta per affrontarli.
Un’altra mossa cruciale è stata la promozione di Pascal Praud, un conduttore radiofonico conosciuto soprattutto come commentatore calcistico. Nella sua trasmissione mattutina su CNews un gruppo di giornalisti e analisti commenta le notizie del giorno. Con uno stile particolarmente aggressivo, Praud affronta spesso i temi cari all’estrema destra, come le proteste contro la polizia, il velo islamico e lo scetticismo verso i cambiamenti climatici. Interviene il meno possibile e lascia che i suoi ospiti si scontrino apertamente: più i dibattiti sono chiassosi, meglio è.
Così l’audience di CNews ha cominciato a crescere. Nel 2020 Nedjar ha difeso la linea della rete sul Journal du Dimanche, sostenendo “l’importanza di dare spazio a tutte le opinioni, anche le più disturbanti e politicamente scorrette. Siamo stati i primi a concentrarci su temi delicati come la sicurezza, l’immigrazione, l’ambiente e la violenza urbana. I canali concorrenti hanno sempre evitato di occuparsi di questi argomenti”. Secondo molti, però, CNews si è spinta troppo oltre. “Bolloré ha superato il limite: ha regalato un’emittente tv all’estrema destra”, dice un consulente di alcuni importanti funzionari e politici francesi. “È stato infranto un tabù. E questo preoccupa molte persone”.
“Grazie a personaggi come Zemmour e Praud, Bolloré, capitano d’industria alla guida di un canale di estrema destra, sta versando benzina sul fuoco”, ha detto Benoît Hamon, candidato del Partito socialista alle presidenziali del 2017.
◆ Nel 2022 i francesi andranno alle urne per scegliere il nuovo presidente della repubblica. Il primo turno delle elezioni si svolgerà il 10 aprile, il ballottaggio il 24 aprile. Tra i candidati ci sono Emmanuel Macron (presidente in carica, del partito La République en marche, centrista), Marine Le Pen (Rassemblement national, estrema destra), Xavier Bertrand (Les républicains, centrodestra), Jean-Luc Mélenchon (La France insoumise, sinistra radicale), Anne Hidalgo (Partito socialista, sinistra) e Yannick Jadot (Europe écologie-Verdi). Il polemista di estrema destra Éric Zemmour non ha ancora ufficialmente presentato la sua candidatura, ma sta rapidamente scalando i sondaggi e potrebbe presto superare Marine Le Pen.
Nel 2019 il ritorno di Zemmour a CNews ha fatto crescere ancora gli ascolti. A maggio del 2021 l’emittente ha brevemente scalzato la rete BFM dal primo posto tra i canali d’informazione. Tuttavia i programmi più seguiti di CNews non superano i 600-800mila spettatori, mentre il notiziario della sera su Tf1 è ancora seguito da sei milioni di francesi. Anche se Vivendi non rende pubblica la situazione finanziaria della rete, Viret assicura che le perdite si sono ridotte drasticamente e che il canale dovrebbe andare in pari nel 2022. A differenza di Fox News, che per Murdoch è una grande fonte di profitti, CNews rappresenta una piccola parte di Vivendi. A livello finanziario, per Bolloré la posta in gioco non è così alta.
L’appello dei militari
Negli ultimi trent’anni l’ascesa dell’estrema destra ha spinto al centro del dibattito politico francese i temi affrontati da Zemmour: l’islamismo, l’immigrazione, i problemi del sistema scolastico e il presunto declino della civiltà francese.
Zemmour, che ha radici ebraico-algerine e si è trasferito in Francia con i genitori durante la guerra d’indipendenza in Algeria, racconta che la sua infanzia è stata un lungo processo di assimilazione. Negli ultimi anni è diventato sostenitore della teoria della sostituzione etnica, secondo cui gli immigrati musulmani stanno prendendo il posto degli abitanti nativi dell’Europa, ed è costantemente impegnato ad attaccare progressisti, ecologisti e stranieri con argomenti che molti elettori trovano convincenti. “In Francia nessuna cittadina è al sicuro dalle bande di selvaggi ceceni, kosovari, magrebini o africani, che rubano, stuprano, saccheggiano, torturano e uccidono”, si legge nel suo nuovo libro. In precedenza Zemmour aveva parlato anche degli effetti negativi del femminismo sulla società. Nel libro del 2014 Le suicide français (Il suicidio francese) ricordava con nostalgia i tempi in cui un uomo poteva palpare una donna senza essere denunciato per molestie sessuali.
Il Csa ha faticato molto a disciplinare l’attività di CNews e del suo volto più noto. Nel 2021 ha multato l’emittente per duecentomila euro dopo che Zemmour aveva definito i giovani migranti “ladri, assassini e stupratori”, sostenendo che dovrebbero essere “rimandati a casa”. Parole che, ha stabilito il Csa, incitavano all’odio e alla discriminazione. Il consiglio ha anche ammonito più volte CNews per non aver garantito la presenza di punti di vista diversi nei dibattiti. Viret, tuttavia, difende la rete: “Rispettiamo i tempi al millesimo di secondo”, ha detto.
La scorsa estate alcuni ascoltatori hanno tappezzato Parigi di manifesti con la scritta “Zemmour presidente”. I mezzi d’informazione francesi hanno speculato a lungo sulle intenzioni del polemista e presentatore, che ha sfruttato la situazione per lanciare il suo nuovo libro. Secondo Macron e diversi politici di sinistra, il Csa avrebbe dovuto considerare Zemmour già candidato alle presidenziali, anche se non aveva ancora annunciato le sue intenzioni. In questo modo non avrebbe potuto avere più spazio degli altri candidati.
La decisione del Csa è arrivata a metà settembre. E subito dopo CNews ha comunicato che Zemmour non avrebbe più condotto Face à l’info. Come ha spiegato Viret, se fosse rimasto alla guida del programma sarebbe stato impossibile seguire certe regole. “Non resterò in silenzio. #STOPcensura”, ha twittato a quel punto il polemista, accusando il Csa di aver oltrepassato le proprie competenze.
Da quando ha lasciato la conduzione di Face à l’info, Zemmour è stato ospite in altre trasmissioni di CNews ed è stato invitato anche da altre reti. Non ha però risposto alle richieste di un commento per questo articolo.
I sondaggi indicano che i due candidati con più probabilità di andare al ballottaggio alle presidenziali del 2022 sono Macron e Le Pen, come nel 2017. Ma comunque vada a finire, Zemmour, CNews e gli altri mezzi d’informazione di destra hanno già cambiato le regole del dibattito politico francese, ormai simile ai confronti sempre più aspri e polarizzati tipici dell’attuale politica statunitense.
Lo scorso aprile la rivista di destra Valeurs actuelles ha pubblicato un appello di alcuni generali in pensione che si lamentavano del lassismo dilagante, dell’islamismo e delle “orde” di immigrati in arrivo in Francia, e alludevano alla necessità di un colpo di stato. Poco dopo un sondaggio ha rivelato che la maggioranza dei francesi era d’accordo con i militari. La ricerca ha anche reso noto che la metà della popolazione ritiene che la Francia “dovrà presto affrontare una guerra civile”. “Oggi l’aggressività in politica funziona alla grande”, spiega Vincent Martigny, professore dell’università di Nizza. “E possiamo tranquillamente sostenere che Bolloré sta seguendo l’esempio di Murdoch”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1431 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati