Il sole è calato da un’ora dietro alle montagne che circondano il lago Tekapo, in Nuova Zelanda. Un gruppo di turisti sale su un camper diretto all’osservatorio Mount John, che si trova sulla cima dell’omonima collina. Senza l’illuminazione stradale o le luci delle auto si nota subito quanto sia buio. L’autista invita i passeggeri a non usare i telefoni. Gli occhi hanno bisogno di venti minuti per abituarsi all’oscurità totale. Guardando uno schermo acceso o i fari di un’auto, gli occhi tornano subito in modalità diurna. La luce rossa, cioè il colore con meno energia luminosa in assoluto, è l’unica ammessa. I fari del camper sono spenti molto prima di raggiungere la cima della collina. L’oscurità è interrotta solo dal debole azzurro di qualche lucciola.
L’osservatorio offre una panoramica a 360° sul lago Tekapo e sul cielo stellato. Le condizioni sono ideali: fa freddo, è sereno e c’è poca umidità. Dall’emisfero australe il gruppo contempla la Via Lattea, verso il centro della galassia. Da qui è possibile vedere tutto ciò che dall’emisfero boreale non si vede. La galassia è luminosa e piena di stelle. I punti più scuri sono accumuli di polvere e gas. È possibile vedere costellazioni come la Croce del sud e la stella Alfa Centauri: la più vicina dista “appena” quattro anni luce dal nostro Sole. Si vedono anche le due Nubi di Magellano, due piccoli sistemi solari esterni alla Via Lattea che sembrano delle nubi tra le stelle.
Coinvolgere i bambini
Il lago Tekapo si trova al centro della Aoraki Mackenzie international dark sky reserve: 4.300 chilometri quadrati nel cuore delle alpi meridionali, il massiccio montuoso che attraversa la South Island, in Nuova Zelanda. È una zona impervia e scarsamente popolata. “Per poter essere definiti dark sky reserve (riserva di cielo buio) abbiamo dato una lista di tutti i lampioni stradali e di tutte le altre fonti di luce esterne”, spiega una delle guide dell’osservatorio. “E abbiamo dovuto provare che la popolazione locale si sarebbe impegnata a non usare le luci se non necessario. Ce l’abbiamo fatta, e ora gli abitanti della zona sono coinvolti nel progetto. Andiamo regolarmente nelle scuole, anche in quelle fuori della riserva, per coinvolgere i bambini”.
La consapevolezza e il coinvolgimento sono essenziali perché abitare all’interno di una riserva di cielo buio comporta degli obblighi sul sistema d’illuminazione. Quella esterna dev’essere limitata allo stretto indispensabile: per ragioni di sicurezza o per illuminare cartelli essenziali a orientarsi.
Inoltre, le luci devono essere rivolte verso il basso e con sensori di movimento o timer per evitare consumi inutili. Le luci blu e bianca sono bandite, come i cartelloni pubblicitari illuminati.
L’esempio dei maori
Il risultato di tutti questi sforzi è la creazione di un’ampia area in cui di notte regna l’oscurità. Tutto questo in un paese che già prima si distingueva per le notti più buie al mondo e i cieli stellati più straordinari. I neozelandesi ne vanno molto fieri. “Stiamo cercando di diventare un paese di cielo buio” spiega una guida dell’osservatorio. “Per il momento in Nuova Zelanda l’altro dark place, zona buia, è l’isola di Niue, nell’oceano Pacifico. La cultura maori ha indicato la strada: conoscono come nessun altro l’importanza delle notti buie per gli esseri umani, la natura e la cultura”.
La vista di un cielo stellato ha sempre destato un sentimento di timore e ammirazione. In passato in molte culture le stelle rispecchiavano i miti sulla creazione e gli antenati. Inoltre, erno punti di riferimento per seguire le stagioni.
Per i maori la comparsa di Matariki – l’appariscente gruppetto di stelle che noi conosciamo con il nome di Pleiadi – alla fine di giugno o all’inizio di luglio significava che stava per cominciare un nuovo anno e che le giornate si stavano allungando. La luna indicava quando era tempo di seminare, di cogliere i frutti del raccolto o di andare per mare.
L’economia non dorme mai e nelle immagini satellitari gran parte dell’Europa nordoccidentale appare come una macchia luminosa
Ma anche per i primi esploratori occidentali le stelle erano fondamentali per orientarsi in mare. Gli esseri umani hanno dato forma a una parte importante della propria storia guardando le stelle. A causa di un’economia che non dorme mai, nelle immagini satellitari gran parte dell’Europa nordoccidentale appare come una macchia luminosa. Anche nel resto del mondo la maggior parte delle persone abita in luoghi interessati dall’inquinamento luminoso. La quantità di luce artificiale aumenta nel mondo del 2 per cento all’anno. L’inquinamento luminoso ci fa perdere l’esperienza primordiale del cielo notturno buio. Ma ciò che è ancora più grave è la costante presenza della luce artificiale, dannosa per il nostro benessere psicofisico.
Il nostro orologio biologico è impostato per seguire il susseguirsi naturale del giorno e della notte. La luce della mattina attiva il sistema corporeo aumentando la produzione del cortisolo, un ormone, mentre la diminuzione della luce stimola la produzione della melatonina, un ormone che induce il sonno.
La costante disponibilità di luce è più pratica e dà una sensazione di sicurezza. Ma il rovescio della medaglia è che così la notte è trasformata in giorno. In uno studio del 2013 sull’inquinamento luminoso, l’istituto nazionale olandese per la salute pubblica e l’ambiente ha concluso che nei Paesi Bassi centinaia di migliaia di persone non gradiscono l’illuminazione artificiale eccessiva e che in alcuni casi soffrono di un disturbo del sonno. Anche gli animali ne pagano le conseguenze. Uno studio ha rivelato come gli uccelli canterini che vivono in zone con molta luce artificiale dormono di meno e la mattina cominciano a cantare più presto. La diminuzione del riposo notturno ha un effetto negativo sulla loro salute. Ci sono esempi di uccelli migratori che perdono l’orientamento sorvolando il mare o che restano a girare intorno alle piattaforme di trivellazione illuminate, a volte fino a crollare a picco, esausti. Ancora non si conoscono bene tutti gli effetti dell’inquinamento luminoso sul comportamento degli uccelli e di altri animali.
Capacità di orientamento
Un altro esempio sono gli sciami d’insetti intorno alle lampadine che emanano luce intensa. Uno studio recente – apparso su bioRxiv, un archivio online gratuito di articoli di biologia in versione _preprint _(cioè non ancora esaminati da altri esperti) – ha rivelato che gli insetti non sono attirati dalla luce come si tende a pensare, ma al contrario questa disturba la loro capacità di orientamento. Gli insetti si servono dell’intensità della luce per stabilire cosa sta sopra e cosa sotto, spiegano i ricercatori. “Sopra è sempre dove c’è più luce: di giorno per via del Sole, di notte per le stelle. Gli insetti gli danno le spalle e in questo modo continuano a volare dritti”. Secondo i ricercatori, una luce artificiale intensa disturba questo meccanismo, spingendo gli insetti a svolazzare senza controllo intorno a una lampadina.
L’inquinamento luminoso è un problema reale. Ma si potrebbero cambiare facilmente le cose, stando a quanto afferma l’International dark sky association, che si occupa di Tekapo e di molte altre aree buie al mondo. Basta spegnere più spesso le luci superflue di notte, limitarle, soprattutto la luce blu, e fare in modo che l’illuminazione esterna punti verso il basso. Secondo l’associazione, gli sviluppi nel campo dell’illuminazione led fanno ben sperare. Una lampadina di questo tipo non consuma molto e permette di regolare la luminosità, la direzione, il colore e l’intensità.
Tornati al camper, i turisti continuano a osservare a lungo le stelle. Qui il cielo è straordinario come sopra l’osservatorio. Il gruppo si limita semplicemente a guardare all’insù e a sentirsi immerso nel cosmo. Cosa che ormai da tempo è difficile riuscire a fare in silenzio, sopraffatti e in contemplazione del proprio posto nella vastità dell’universo. ◆ vf
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Questo articolo è uscito sul numero 1515 di Internazionale, a pagina 77. Compra questo numero | Abbonati