Un accenno di azzurro all’orizzonte è il segnale che sta arrivando il mattino. Come ogni giorno da 54 anni, Audrey e Gary Revell aprono la porta con la zanzariera per uscire di casa, scendono lungo una rampa e salgono sul loro pick-up. Mentre bevono a turno da una tazza di caffè, si dirigono a sud verso Tate’s Hell, un angolo della Florida settentrionale più selvaggia chiamato panhandle (“manico della padella”, per via della sua forma sporgente), e dove l’Apalachicola national forest si estende fino al golfo del Messico.

Ben presto lasciano la strada principale e svoltano su un sentiero che si inoltra in un bosco di pini. Le luci degli stop scompaiono in mezzo alla foresta, e dopo circa mezz’ora parcheggiano il furgone lungo la carreggiata, mentre dagli alberi filtrano i primi raggi di sole. Gary beve un ultimo sorso di caffè, afferra un paletto di legno e una pesante lima d’acciaio e s’incammina nel bosco. Audrey s’infila un guanto usa e getta, prende un secchio e lo segue. Gary pianta in terra il paletto di legno, detto stob, e comincia a strofinarlo con la lima, producendo un suono gutturale. La terra mormora: gli aghi di pino si muovono e il suolo sussulta. Dopo qualche secondo, il terreno si riempie di lombrichi rosa. Audrey li raccoglie uno a uno: li venderanno ai pescatori che li useranno come esche. Sembra che gli animali siano stati evocati da una specie di stregoneria. Per decenni nessuno ha saputo spiegare esattamente perché escano in superficie. In gergo, la pratica si chiama worm grunting, “il grugnito dei lombrichi”.

I Revell si sono innamorati alle superiori. Nel 1970, appena diplomato, Gary chiese la mano di Audrey e la sposò nella casa di suo nonno, a Panacea, una cittadina a circa 50 chilometri a sud di Tallahassee (la capitale della Florida). Gary aveva vissuto tutta la vita su un appezzamento di mezzo ettaro a una decina di chilometri a ovest di Sopchoppy, in Florida, in un’area chiamata Sanborn. Si trova nel cuore dell’Apalachicola national forest, una distesa di pinacee e paludi grande più di duecentomila ettari solcati da fiumi. Gary e i suoi fratelli sono cresciuti in un vecchio edificio della chiesa dove il bisnonno si stabilì dopo aver risalito il torrente Syfrett in mezzo alla natura selvaggia. È qui che lui e Audrey sono venuti a vivere dopo le nozze. “Avevo solo sedici anni, perciò posso dire di essere cresciuta qui”, racconta la donna. Dopo un po’ i due hanno cominciato a cercare un modo per arrotondare, e Gary ha proposto: “Forse dovremmo provare questa cosa dei lombrichi”.

Il worm grunting era una lunga tradizione di famiglia, tramandata attraverso tre generazioni. Nel 1970 i suoi zii Nolan, Clarence e Willie non solo raccoglievano gli anellidi per venderli come esche ma lavoravano anche come grossisti, con una rete di punti vendita che riforniva tutto il sud. L’idea era piaciuta subito a Audrey. Il lavoro era stagionale, con un picco in primavera. Durante il resto dell’anno avrebbero cacciato animali, pescato ostriche, allevato bestiame e mangiato quello che coltivavano nell’orto o catturavano in acqua e nella foresta. “È così che abbiamo imparato a conoscere il bosco”, dice Gary. “Abbiamo battuto ogni ruscello, pozza d’acqua, sentiero”.

Il momento di massima crescita del settore fu all’inizio degli anni settanta. Nel 1972 il giornalista Charles Kerault arrivò da queste parti per girare un servizio per il suo programma sulla Cbs, attirando l’attenzione su quest’attività. A quel punto l’Internal revenue service (l’agenzia delle entrate degli Stati Uniti) e il dipartimento dell’agricoltura cominciarono a regolamentare la raccolta dei lombrichi, indagando sui redditi non dichiarati e introducendo requisiti minimi per concedere i permessi.

All’epoca in questi boschi il grunting delle prime ore del mattino era comune come il cinguettio degli uccelli, e ogni giorno venivano catturati e messi in barattolo centinaia di migliaia di anellidi. Anche chi all’inizio lavorava solo stagionalmente per arrotondare cominciò a scendere nei boschi tutto l’anno per catturare le esche e venderle ai grossisti delle contee tra la capitale e il fiume Apalachicola. Milioni di lombrichi lasciarono queste contee per finire sugli ami da pesca di tutti gli Stati Uniti. La “febbre rosa” fece guadagnare tanti soldi, ma come in ogni corsa all’oro la domanda a un certo punto si ridusse, soprattutto per via della diffusione dell’allevamento dei lombrichi e delle esche di plastica morbida.

A quel punto Audrey e Gary avevano già deciso di mettere su un’impresa tutta loro. “Dovete pensare a come tenervi i soldi”, gli avevano detto gli zii. La coppia si era stancata di dipendere dagli altri. E così aprirono un’azienda, si misero a cercare clienti fino a Savannah (Georgia) e cominciarono a distribuire esche in tutto il sud, consegnandole di persona o spedendole a nord a bordo degli autobus della Grayhound in barattoli azzurri da 400 grammi. “Ci tenevamo tutti i guadagni, anche se non erano molti”, dice Gary. “Per un bel po’ abbiamo fatto fatica, perché quando provi a fare da solo e sei giovane, è difficile”.

Forconi e vanghe

Volevo capire cosa significa passare la vita nei boschi a caccia di lombrichi, ma mi interessava anche scoprire l’origine di questa tradizione misteriosa. Nel Regno Unito dagli anni ottanta ci sono competizioni e festival dedicati alla cattura dei lombrichi in Devon, in Cornovaglia e a Willaston, e ce n’è uno anche in Canada, inaugurato nel 2012. Avevo sentito di eventi simili nel Texas orientale, dove i partecipanti usano forconi e vanghe, oppure piantano un bastone nel terreno e lo strofinano con un pezzo di legno per attirare i lombrichi in superficie. A un certo punto ho perfino trovato un ritaglio di giornale del 1970 sul primo campionato internazionale di richiamo dei lombrichi, in Florida. Ho cercato di capire se esistesse una letteratura sull’argomento, ma non ho trovato niente. Di sicuro la pratica precede i Revell. Ma perché i lombrichi sono attirati da un rumore prodotto strofinando un bastone con una lima? L’unico modo per capirlo era seguire i Revell nel bosco.

Per raggiungerli nel febbraio 2024 sono partito da St. Teresa, una striscia di case lungo la costa del golfo. Passando prima per Tate’s Hell e poi svoltando a ovest verso la minuscola cittadina di Sopcoappy, mi sono addentrato nella foresta mentre aumentava la distanza tra le abitazioni. Mi sono ritrovato in un mare di pini palustri. Una decina di chilometri più avanti ho trovato Gary nel vialetto di casa, sotto un alberello di Cercis canadensis da cui stavano spuntando le prime gemme rosa. In cucina c’era Audrey con un barattolo di zucchero in mano, aveva già preparato una tazza di caffè e tirato fuori latte e panna. Pochi minuti dopo ci siamo stretti nel loro pick-up e siamo scesi lungo una stradina sterrata vicino allo Smith creek.

Un gufo reale della Virginia ha tracciato una linea tra gli alberi, dove i fiori gialli dei gelsomini della Carolina si arrampicavano sulle piante di serenoa. Nei canali lungo la stradina fiancheggiata da cipressi delle paludi e sporadiche magnolie virginiane si raccoglieva l’acqua scura. Quando siamo arrivati a destinazione non avevo idea di quanto ci fossimo allontanati o di dove ci trovassimo. Anche se il confine settentrionale dell’Apalachicola national forest è proprio a ridosso dell’aeroporto di Tallahassee, il posto è completamente sperduto. È quasi impossibile orientarsi tra la vastità frastornante dei suoi duecentomila ettari e più di pinacee, foreste alluvionali e cipressi.

Duecentocinquanta milioni di anni fa, quando si sono formati i continenti, la Florida si è staccata da una linea di faglia appartenente all’attuale Africa occidentale, con cui condivide lo stesso basamento cristallino. Cinquantasei milioni di anni fa, con l’abbassamento del livello del mare, la corrente di Suwanee ha cominciato a risalire dal golfo del Messico all’attuale “manico” della Florida, tagliando in due la Georgia per poi gettarsi nell’Atlantico. Nei venti milioni di anni successivi, la Florida si è formata inizialmente come un’isola separata dal Nordamerica da una serie di barriere coralline; poi, con l’ulteriore abbassamento del livello del mare, si è creato un ponte con la Georgia, su cui sorge la foresta.

Nel 1936, da quando questa terra è stata dichiarata foresta nazionale, è diventata una delle riserve naturali più a sud degli Stati Uniti e uno degli ecosistemi più unici al mondo. Come mi spiegano i Revell, molti hanno paura di questo posto e quando ci arrivano non si azzardano a uscire dall’auto. “Ho attraversato a piedi tutti questi boschi, perciò li adoro”, dice Audrey. “Il più delle volte, quando andiamo al lavoro la mattina, non incontriamo nemmeno un’auto. È bello essere qui praticamente da soli”.

Trenta centimetri

In questa prima mattinata passata insieme, i Revell si addentrano in una parte del sottobosco chiamata Twin Pole. Il corpo forestale ha recentemente bruciato un tratto di boscaglia, perciò il terreno sarà pulito e più facile da lavorare. Mentre ci avviciniamo sento la fragranza dolce dei pini della Florida e dei palmetti fumanti. Per secoli la macchia e le praterie in tutto il sud sono bruciate per cause naturali, ma sono anche state incendiate deliberatamente: prima dalle popolazioni indigene come i timucua o gli apalachee, poi dagli allevatori e dai gestori fondiari per rigenerare il terreno e promuovere la crescita. I cercatori di lombrichi seguono le tracce di bruciato come una bussola: il terreno aperto rende più facile vederli ed evitare i serpenti velenosi. “Ok Mama”, dice Gary a Audrey prima di infilarsi gli stivali, allacciarsi le ginocchiere e mettersi i guanti. Camminiamo tra i palmetti bruciati, avvolti in una pellicola di fuliggine nera, e a un certo punto Gary indica una serie di fori nel terreno. Sono tracce del passaggio dei lombrichi e della direzione in cui si sono spostati. Prende il suo stob, che il figlio ha ricavato da un tupelo nero, lo conficca per trenta centimetri nel terreno, poi strofina l’estremità con la lima d’acciaio.

Gli arnesi usati per scovare i lombrichi, febbraio 2024 -
Gli arnesi usati per scovare i lombrichi, febbraio 2024

Ogni passaggio si chiama roop. A ogni roop Gary imita con la voce il suono della lima: prima emette un grugnito basso, poi sale di frequenza e di colpo si interrompe. Fa un altro roop, si ferma, racconta una storia, poi ricomincia. Di lì a poco, una decina di grossi lombrichi comincia a strisciare sul terreno e Audrey li raccoglie con le mani.

“Gary è capace di richiamare qualsiasi animale”, dice Audrey. Gufi, anatre, una volta perfino un toro. Un’altra volta, racconta, ha richiamato una quaglia e l’uccello gli si è posato sulla testa. Guardo in basso mentre lei raccoglie i lombrichi e capisco che questo è solo un corollario. Mentre Gary va avanti c0n i suoi roop e parla, Audrey gli traccia intorno dei cerchi concentrici, raccoglie i lombrichi più grandi e li mette con cura in un secchio di vernice da quattro litri. Audrey mi fa notare le differenze tra quelli “lattiginosi”, più chiari di colore e più fragili, e quelli color rosa scuro, che durano più a lungo. “Escono con la coda in avanti”, dice Gary, scrutando in basso ed esaminando il terreno. Ci sono tracce di compost lasciato dai lombrichi, cumuli di terra fresca, una transizione del terreno che indica la presenza di umidità.

L’intuito dei Revell è come quello dei pescatori a cui vendono le esche, un catalogo di conoscenze accumulate sul campo e tenute insieme da una curiosità profonda. Gary batte il paletto contro le radici di un palmetto e mi mostra come cambiare frequenza. “Quando vedo quelli lì”, dice, indicando dei fori più grandi, “so che sono da qualche parte qui vicino”.

Dopo aver riempito due secchi con circa cinqucento lombrichi ciascuno, Audrey e Gary tornano verso il furgone, raccogliendo brandelli di spazzatura e un po’ di legna lungo la strada. Circa un’ora dopo scaricano il bottino di giornata nel capanno dove tengono i lombrichi, contandoli a mano e poi deponendoli in secchi da venti litri riempiti a metà di segatura che hanno raccolto nel bosco. I clienti che li conoscono bene vengono a prenderli direttamente nel capanno, lasciando i soldi in una scatola attaccata al muro. Scarabocchiano dei messaggi su pezzi di cartone, ricevute, perfino un pezzo di scotch da pacchi con scritto: “Ne ho presi duecento. Ho ripagato i dieci che dovevo”.

La raccolta dei lombrichi, febbraio 2024 -
La raccolta dei lombrichi, febbraio 2024

Due empori nella contea di Wakulla hanno solo i Revell come unico fornitore. Audrey e Gary confezionano le esche in casa, sigillandole in bicchieri di plastica trasparente con il coperchio azzurro e consegnandole ogni settimana ai rivenditori. Da quando si sono messi in proprio, il mercato si è ridotto a causa dall’arrivo delle esche artificiali e dei lombrichi d’allevamento, e di conseguenza sono diminuiti anche i punti vendita dove smerciarli. Secondo un articolo del Tampa Bay Times del 2009, nelle annate migliori Audrey e Gary sono arrivati a guadagnare fino a trentamila dollari, ma a me hanno fatto capire che non vogliono parlare dei loro guadagni.

Per alcuni anni hanno raccolto ostriche durante l’inverno per poi passare ai lombrichi nei mesi più caldi. Hanno sempre trovato la loro strada insieme, anche quando il maltempo, la siccità e la concorrenza li hanno costretti a cambiare modo di lavorare. Si sono spostati nelle zone meno battute della contea di Liberty, inoltrandosi nelle profondità del bosco per evitare i tratti di terra più sfruttati. In estate, quando le temperature diventavano proibitive, andavano a Tate’s Hell di notte. “Per sopravvivere in questo campo devi saperti adattare ed essere sempre un passo avanti agli altri”, dice Gary, “e noi possiamo dire di aver fatto una bella vita”. Hanno cresciuto i loro due figli allo stesso modo, passando tutta la vita nel bosco e guardando insieme l’alba quasi ogni giorno. “Non è stato facile, ma non cambierei questa vita per niente al mondo”, dice Gary. Uno dei loro figli, che oggi ha 48 anni, rappresenta la quinta generazione di raccoglitori nella famiglia.

Motore acceso

Il padre di Gary, Frank, lavorava per la contea durante la settimana, mentre nei weekend andava a raccogliere lombrichi nel bosco alle prime luci dell’alba. In due giorni di lavoro riusciva a guadagnare fino a cento dollari (circa ottocento dollari di oggi), molto di più di quanto prendeva dalla contea in una settimana. Gary seguiva il padre ogni volta che poteva. In una di queste occasioni sentì raccontare la storia di come il bisnonno aveva scoperto i lombrichi, negli anni quaranta.

Vivendo lungo l’Ochlockonee, spesso il bisnonno andava a pesca e aveva imparato a capire quali esche funzionavano e quando. Un giorno, per sostituire una gomma, lasciò l’auto con il motore acceso e sollevò il telaio con il cric. Mentre la gomma rotolava via, vide il terreno cosparso di lombrichi rosa. La leggenda vuole che provò a fare lo stesso in altri punti, lasciando la macchina in folle: ogni volta i lombrichi spuntavano all’istante. Era chiaro che erano attirati dalle vibrazioni, e questo rendeva molto più facile catturarli per venderli come esche. È così che questa pratica misteriosa è diventata il centro della vita dei Revell.

Gary Revell, febbraio 2024 -
Gary Revell, febbraio 2024

A un certo punto gli uomini della famiglia si sono accorti che i lombrichi spuntavano ogni volta che tagliavano la legna o segavano degli alberelli. Gary ricorda che usava il manico di un’ascia come stob, strofinandoci sopra la lama di un’altra ascia. In Florida ognuno lo chiama a modo suo: worm fiddling (sviolinare), worm rubbing (strofinare), worm snoring (russare), worm charming (incantare) e, ovviamente, worm grunting. Gli stili e i materiali usati per richiamare i lombrichi sono i più vari. I Revell scelgono stob di forme diverse a seconda del tipo di terreno, ma usano sempre legno di tupelo nero, cachi o ciliegio e prediligono lime di acciaio piatte e spesse.

La cosa strana è che, anche se la pratica è molto diffusa, non sono riuscito a ricostruire una storia definitiva sulle sue origini. Su internet non c’è molto a cui attingere. Ho cercato sulla guida della Florida del Federal writers’ project, curata da Stetson Kennedy e scritta in parte da Zora Neale Hurston, ma senza fortuna. Non sono riuscito a trovare nulla che si riferisse a pratiche antecedenti agli anni settanta. Poi, dopo un’ulteriore visita all’emeroteca dell’università della Florida, ho scoperto un filone risalente a più di un secolo fa.

Il 16 luglio 1946 sulla prima pagina del Bradford County Telegraph uscì un trafiletto intitolato “Sapete qualcosa del worm grunting?”. Il giornale chiedeva ai lettori di scrivere alla redazione, offrendo una ricompensa di cinque dollari per “le migliori risposte a una serie di domande su questo argomento affascinante”. Per esempio: da quanto tempo esisteva quella tecnica, da chi ne avevano sentito parlare, dove cacciavano, cosa cercavano, cosa usavano e qual era il periodo migliore. Tre mesi dopo il giornale pubblicò sei lettere. Dave Crawford, di Starke, diceva di aver scoperto il worm grunting nel 1933.

Secondo alcuni esisteva almeno dal 1896; secondo altri dal 1866; un lettore sosteneva che fosse diffusa in qualche forma già dal 1786. Un altro raccontava: “Quando ero bambino, c’era una vecchia signora nera che lavorava per noi. Il pomeriggio mi portava fuori e mi insegnava a fare il grunting per trovare i lombrichi”. Viene da chiedersi se questa tradizione risalga al periodo della schiavitù o addirittura più indietro, prima che le popolazioni indigene fossero scacciate dalla terra che i coloni avrebbero chiamato Florida.

La raccolta dei lombrichi, febbraio 2024 -
La raccolta dei lombrichi, febbraio 2024

I racconti dei Revell hanno molti punti in comune con quegli aneddoti di tanti anni fa. I lettori descrivevano il metodo del manico dell’ascia o della sega e del ferro e del paletto – tutto questo prima che Audrey e Gary nascessero. La lettera vincitrice, di Dave Crawford, rivelava una vena di poesia e intuito tipica anche dei grunter di oggi: “Quando il vento soffia da ovest escono fuori tutti i lombrichi, e quando vedi gli uccelli che beccano a terra e i testarossa che volano da un albero all’altro il grunting riesce meglio. Prendi una vecchia ascia o una chiave inglese e uno stob di pino di sessanta centimetri buoni e un vecchio secchio di lardo e scendi nella palude dove è umido e comincia a strofinare; datti da fare, fai dei bei versi lunghi e sonori e vedrai che i nostri amici cominceranno a uscire dai loro nascondigli”.

Il festival di Sopchoppy

Nell’Apalachicola national forest questa tradizione sopravvive praticamente immutata, ma sta scomparendo un po’ alla volta, come tante altre consuetudini alimentari, pratiche antiche e modi di guadagnarsi da vivere in questa parte del paese. Molti preferiscono questo mestiere ad altri lavori, per esempio fare l’autista Uber in città o il fattorino, ma la pesca commerciale, così come quella dei granchi e dei gamberetti, sta diminuendo anno dopo anno per l’aumento delle regolamentazioni, l’impoverimento delle riserve ittiche, il cambiamento climatico e l’importazione di prodotti ittici a prezzi più bassi.

Lo stesso vale per l’allevamento di ostriche, in passato caposaldo delle tradizioni alimentari della regione. Dopo anni di declino della popolazione delle ostriche, dovuto anche allo sfruttamento eccessivo e a una cattiva gestione delle risorse idriche, nel 2020 la Florida fish and wildlife conservation commission ha ordinato un blocco di cinque anni della coltivazione nell’Apalachicola Bay, nell’ambito di un piano da venti milioni di dollari per ripristinare l’habitat e la popolazione della specie. Il divieto minaccia di lasciare gli allevatori locali senza lavoro per un po’. Quanto alla raccolta dei lombrichi nei boschi, anche il passare del tempo ha influito sul suo lento declino. “Tutti i vecchi se ne sono andati”, dice Gary. “Quella era la chiave di tutto. È una cosa che hanno creato loro”.

Nel 2002 è stato istituito un comitato per preservare la tradizione e organizzare il primo Sopchoppy “worm gruntin’ festival”. Ogni anno, il secondo sabato di aprile, Rose street e Winthrap avenue si riempiono di bancarelle, bande musicali e dimostrazioni dei prodotti. Ci sono perfino un ballo e una reginetta dell’anno. I giornalisti si riversano nella contea di Wakulla per raccontare il festival, e spesso i loro articoli e i loro servizi sono incentrati sui Revell. Nel 2009 Audrey e Gary sono apparsi in una puntata del programma Lavori sporchi. Lo stesso anno la coppia è finita in prima pagina sul Tampa Bay Times. Nessuno, però, sapeva spiegare perché i lombrichi rispondessero alle vibrazioni, finché un giorno un neuroscienziato si è presentato a Sopchoppy con una teoria.

Nell’Apalachicola national forest questa tradizione sopravvive immutata, ma sta scomparendo un po’ alla volta, come tante altre pratiche antiche

Kenneth Catania è cresciuto nel Maryland negli anni settanta ed è appassionato di boschi fin da bambino. Questa curiosità l’ha portato ad affiancare alle neuroscienze l’ecologia e la biologia. L’ossessione per le talpe gli è venuta più tardi, durante un incarico allo zoo nazionale di Washington, ed è poi sfociata in una dissertazione sulle talpe dal muso stellato, in cui Catania ha spiegato come la corteccia sensoriale di questa specie si è evoluta e sviluppata per elaborare le informazioni, rivelando per estensione come si sono evoluti i sensi di tutti i mammiferi. Nel 2006 Catania ha vinto una borsa di studio MacArthur di 500mila dollari. Due anni dopo è partito per l’Apalachicola national forest, sicuro che le talpe avrebbero potuto aiutarlo a svelare un altro mistero su un diverso gruppo di creature sotterranee.

Da anni Catania voleva partecipare al festival dei lombrichi nel nord della Florida, ma gli impegni di lavoro si sovrapponevano sempre. Nel 2008 è finalmente riuscito a incontrare i Revell a Sopchoppy. Si è presentato in Florida con una domanda sul rapporto tra il comportamento dei lombrichi e le talpe ispirata da alcuni passaggi scritti un secolo prima da Charles Darwin.

Uomini e talpe

L’ultimo libro di Darwin, L’azione dei vermi, fu pubblicato nel 1881. Questo era il passaggio che aveva colpito Catania: “Si è detto spesso che se il terreno viene percosso o fatto tremare in altro modo, i vermi credono di essere inseguiti da una talpa e abbandonano i loro cunicoli. Tuttavia, i vermi non abbandonano invariabilmente i loro cunicoli quando il terreno viene fatto tremare, come ho appreso avendolo percosso con una vanga, ma forse l’ho percosso troppo violentemente”.

Settant’anni dopo l’esperimento fallito di Darwin con la pala, Nikolaas Tinbergen, biologo olandese e premio Nobel, scrisse che i gabbiani reali battevano le zampe a terra per richiamare i vermi, usando il cosiddetto “mimetismo aggressivo”. Nel 1982 il biologo evoluzionista Richard Dawkins ha elaborato questo concetto, rivendicando la paternità dell’idea dell’“effetto del nemico raro”, secondo cui un predatore assume il ruolo di un altro predatore per sfruttare a suo vantaggio il comportamento della preda.

Qualche anno dopo, nel 1986, un articolo di John H. Kaufmann dell’università della Florida ha evidenziato un collegamento tra le tecniche degli incantatori di lombrichi e il calpestio della testuggine palustre scolpita. “Molti umani raccolgono vermi da usare come esche per i pesci martellando o grattando un paletto conficcato nel suolo. È stato ora dimostrato che quella tartaruga sfrutta lo stesso principio per procurarseli”, si legge.

Kaufmann citava anche un articolo del 1960 in cui Tinbergen accostava i gabbiani reali ad altri uccelli come i fenicotteri e le oche, che richiamavano le prede battendo le zampe. La cosa affascinante è che, secondo Tinbergen, i lombrichi scambiavano il movimento degli uccelli per le vibrazioni prodotte da una talpa. “È questo che mi ha spinto a venire fino qui”, mi ha spiegato Catania. La sua teoria era che i grunter stessero involontariamente imitando un predatore, con ogni probabilità una talpa, come ipotizzato da Darwin e da Tinbergen: “Nessuno ha mai studiato formalmente questo fenomeno”.

La prima mattina in Florida, Catania ha messo la sveglia alle cinque. Si è preparato ed è andato dai Revell, che l’hanno subito conquistato non appena è montato sul loro pick-up. Mentre attraversavano il bosco, Catania ha ripensato alla teoria darwiniana su cui si basava la sua ipotesi, e cioè che i lombrichi avevano sviluppato una risposta di fuga alle vibrazioni prodotte da una talpa in cerca di cibo. “La cosa bella di questo sistema è che i lombrichi sono nativi, quindi si sono evoluti qui, e se ci sono le talpe, anche loro si sono evolute qui”, ha detto. Soprattutto, voleva verificare se le vibrazioni generate dal grunting somigliavano a quelle prodotte dagli scavi di una talpa e, se era così, qual era la risposta dei lombrichi.

Variabili controllate

Lungo la strada Catania ha notato delle gallerie scavate dalle talpe tra i sentieri secondari. Ne ha viste altre intorno alla fila di alberi dove Audrey e Gary si sono fermati a lavorare. Si è messo a osservare la coppia all’opera, come rapito. Qualche settimana dopo è tornato sul posto armato di apparecchiature di registrazione, bandierine e una paletta da giardinaggio. Ha passato giorni interi nella foresta a calare geofoni nei cunicoli sperando di registrare le vibrazioni delle talpe, oltre ai rumori prodotti da Gary.

Gli esperimenti di Kenneth Catania con i Revell confermavano la teoria proposta da Charles Darwin più di 125 anni prima

Ogni volta che Audrey catturava un lombrico, Catania piantava una bandierina arancione nel terreno, rilevando metodicamente il numero dei lombrichi, la loro direzione e la distanza dallo stob di Gary. Poi ha cominciato a seguire le talpe sottoterra, usando dei paletti posizionati lungo i loro percorsi per capirne la direzione, e ha usato la paletta da giardinaggio per catturarle. Una volta tornati a casa, i Revell hanno preso una manciata di vermi, li hanno messi in un secchio da venti litri e li hanno ricoperti di segatura. Catania ha preso una talpa e l’ha buttata nel secchio. I lombrichi sono fuggiti in superficie. “Ok”, ha pensato Catania, “le cose sono abbastanza chiare”.

L’esperimento è stato ripetuto in contenitori più grandi con variabili controllate. Il risultato era sempre lo stesso: appena la talpa entrava nel terreno, i lombrichi uscivano in superficie. Qualche tempo dopo Catania ha registrato il suono di una talpa intenta a scavare e l’ha confrontato con le registrazioni degli sfregamenti di Gary. C’era una chiara corrispondenza sonora: le vibrazioni erano quasi identiche.

Gli esperimenti di Catania con i Revell confermavano la teoria proposta da Darwin più di 125 anni prima. I grunter adottavano inconsapevolmente il “mimetismo aggressivo” usato dai gabbiani reali e dalle testuggini palustri scolpite per attirare i vermi in superficie.

Quello stesso anno Catania ha pubblicato il suo studio sul giornale scientifico Plos One. Il New York Times, Nbc News e altre testate hanno dedicato brevi articoli alle sue scoperte. Prima di tornare a Nash­ville­, Catania ha ricevuto un regalo da Audrey e Gary: un ferro da sfregamento che era stato usato dalla famiglia per decenni. Sulla via del ritorno, diretto a nord, ha fermato l’auto un’ultima volta nel bosco, ha piantato un paletto a terra e lo ha strofinato immaginando quello che stava succedendo sotto la superficie.

L’ultima mattina con Audrey e Gary, una striscia di cielo azzurro tra i pini si fa sempre più chiara via via che scendiamo in auto nella foresta. Gradualmente, il primi segni di luce gettano profonde ombre viola sulle nuvole, poi un fascio di luci rosa e viola filtra tra le chiome degli alberi. “È bellissimo”, dice Audrey.

Un barattolo sul sedile

I Revell parcheggiano il furgone lungo la strada, raccolgono l’attrezzatura e s’incamminano nel bosco. Mentre ci avviciniamo a una fila di alberi, Gary mi passa lo stob e la lima, indicando un fazzoletto di terra. Pianto goffamente il paletto nel terreno. Provo a posizionare le mani sulla lima allo stesso modo di Gary, e strofino lentamente inclinando la lama d’acciaio. Ne scaturisce un suono profondo, e non riesco a trattenere un sorriso. Cambio velocità e angolazione, producendo rumori imbarazzanti simili al verso delle oche, ma alla fine riesco a trovare il ritmo e faccio uscire una decina di vermi. Quando finalmente mi rialzo, Gary mi chiede, “Allora Mike, che ne dici?”. Ho le palpitazioni e mi cola il sudore sul collo. “Cazzo se è faticoso”, rispondo.

Quando torniamo a casa, Audrey prepara un tè e mi mostra due album di fotografie della flora e della fauna del bosco scattate da lei. Mi parla delle orchidee di terra, “belle come quelle che si comprano”, delle piante carnivore in primavera e dei “fiori vermiformi” bianchi, segno di umidità del terreno. “Non sai mai quello che ti trovi davanti”, dice. Quindi tira fuori una serie di ritagli di articoli del New York Times, di Scientific American e del Tallahassee Democrat.

Nel 2010 i Revell hanno ricevuto il Florida’s folk feritage award, un’onorificenza riservata ai residenti della Florida impegnati nella conservazione delle tradizioni viventi. “Sono un servitore di questa foresta”, dice Gary, “non farei mai niente per maltrattarla o per cambiarla”. Chiedo a Audrey che cosa significa per lei la foresta. “Tutto”, mi risponde.

Nel pomeriggio, mentre mi preparo a partire, mi scopro commosso come non mi succedeva da anni, affascinato dal rapporto profondo di queste persone con la foresta, in superficie e sottoterra.

“Per quanto ho lavorato, spesso ho pensato: ‘Amico mio, devi essere pazzo’”, dice Gary. “Ma se mi porti via da questo, non valgo più niente. Sono uno degli ultimi rimasti”.

Mi allontano in macchina con il palmo della mano indolenzito e un barattolo di lombrichi accanto. ◆ fas

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Questo articolo è uscito sul numero 1609 di Internazionale, a pagina 48. Compra questo numero | Abbonati