Fino a poco tempo fa nessuno avrebbe immaginato che Greenpeace potesse trovarsi d’accordo con la Tönnies, il colosso tedesco della carne, nei cui macelli ogni anno passano circa venti milioni di maiali e 400mila bovini (è la più grande azienda europea del settore). Per questo, scrive Die Zeit, è davvero sorprendente che ora l’ong ambientalista e il gruppo industriale chiedano la stessa cosa al governo tedesco: l’aumento dell’iva sulla carne, che attualmente – come tutti i prodotti alimentari di base – ha un’aliquota ridotta, pari al 7 per cento. La proposta di Greenpeace di cambiare l’iva ha ricevuto l’appoggio inatteso della Tönnies, secondo la quale “per i prodotti alimentari di origine animale dovrebbe valere l’aliquota normale del 19 per cento”. Il dibattito sull’iva è stato innescato dal ministro dell’agricoltura, il verde Cem Özdemir, che si è scagliato contro i prezzi stracciati di alcuni prodotti alimentari, all’origine di gravi problemi per i lavoratori, per la salute dei consumatori e degli animali e anche per il clima. “Özdemir vuole mettere fine all’epoca della carne a basso costo”, osserva il settimanale, “ma non è ancora chiaro chi debba pagare il cambiamento del sistema produttivo. Serve un miracolo economico per assicurare al settore i soldi necessari per produrre con meno animali e in condizioni migliori, e allo stesso tempo per garantire la bistecca anche ai più poveri”. Secondo la Tönnies, tutto questo potrebbe essere finanziato più facilmente con le maggiori entrate garantite dall’aumento dell’iva. ◆
Iva più alta sulla carne
Arrivano le imposte
Dal 1 giugno 2023 gli Emirati Arabi Uniti introdurranno un’imposta sugli utili delle imprese. L’obiettivo, scrive il Wall Street Journal, è di adeguarsi agli standard internazionali sulla trasparenza fiscale. Oggi il piccolo paese mediorientale è di fatto un paradiso per le aziende e per gli individui. L’imposta avrà un’aliquota del 9 per cento, che sarà applicata su utili di almeno 375mila dirham (102mila dollari). Restano escluse le aziende legate allo sfruttamento delle risorse naturali, come quelle che estraggono petrolio. La misura, inoltre, non interessa i singoli cittadini, che non pagano neanche l’imposta sulle rendite immobiliari e su quelle finanziarie.
La svolta della Fed
Il 26 gennaio la Federal reserve (Fed, la banca centrale degli Stati Uniti) ha annunciato che da marzo comincerà ad aumentare il costo del denaro e metterà fine al suo programma di acquisto di titoli, scrive Die Tageszeitung. La svolta è legata alla necessità di affrontare il preoccupante rialzo dell’inflazione, che a dicembre è arrivata al 7 per cento.
Amazon ancora sotto accusa
Il 28 gennaio il National labor relations board (Nlrb), un’agenzia del governo statunitense che si occupa di diritto del lavoro e relazioni sindacali, ha accusato Amazon di “sorvegliare illegalmente e minacciare i lavoratori che stanno cercando di formare una rappresentanza sindacale all’interno del suo magazzino di Staten Island, un distretto di New York”, scrive il Washington Post. Qui l’iniziativa è partita grazie a un piccolo sindacato indipendente, l’Amazon labor union. Non è il primo caso che contrappone l’agenzia al colosso del commercio online. Di recente l’Nlrb aveva chiesto che fosse ripetuto il referendum con cui nel marzo 2021 i lavoratori del magazzino Amazon di Bessemer, in Alabama, avevano respinto la proposta di formare un sindacato. Secondo l’Nlrb, in quell’occasione l’azienda “aveva interferito in modo inopportuno nella votazione”.
Troppe case da risanare
Il patrimonio immobiliare della Germania ha bisogno di un’urgente azione di risanamento, se il paese vuole rispettare i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, scrive Der Spiegel. “Più della metà degli edifici tedeschi è stata costruita prima del 1977, cioè prima che entrassero in vigore le norme sull’efficienza energetica. Quasi un terzo dei quattro miliardi di metri quadrati occupati dalle abitazioni rientra nelle classi energetiche tra la d e la h. In particolare, gli edifici che rientrano nelle categorie più basse, la g e la h, sono responsabili della metà delle emissioni legate al settore immobiliare”. Il governo si è posto un obiettivo molto ambizioso, commenta il settimanale: da un lato finanziare l’ammodernamento degli edifici in modo che nel 2030 dimezzino le emissioni e nel 2045 le eliminino; dall’altro are in modo che l’enorme sforzo finanziario richiesto dal progetto (alcuni esperti prevedono una spesa di almeno 175 miliardi di euro) non pesi troppo sui proprietari e sugli inquilini. ◆
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