Una ricerca internazionale firmata da più di duemila autori, pubblicata su Nature, ha approfondito il rischio di sviluppare forme gravi di covid-19. Dall’analisi dei genomi di più di 24mila persone positive al virus sars-cov-2 e ricoverate in terapia intensiva nelle prime fasi della pandemia sono emerse 49 sequenze di dna associate ai casi più gravi, sedici delle quali non erano state isolate negli studi precedenti. Alcune sequenze sono coinvolte nel processo infiammatorio e nell’attivazione della risposta immunitaria. Oltre a confermare la predisposizione di alcune persone a contrarre forme gravi di covid-19, la ricerca potrebbe aiutare a spiegare altre malattie che causano distress respiratorio acuto o sepsi, contribuendo a migliorare diagnosi e terapie. Per dimostrare un legame diretto tra le varianti genetiche isolate e i casi gravi della malattia serviranno comunque ricerche più approfondite, spiegano i ricercatori.
Fattori di rischio
Un modello alternativo
È possibile che l’Homo sapiens non si sia evoluto da una piccola popolazione dell’Africa orientale. Alcune scoperte mettono in dubbio questo modello evolutivo. Uno dei fattori discordanti è la datazione dei fossili e dei manufatti trovati in Africa. Se una popolazione antica avesse colonizzato progressivamente il continente, si sarebbero trovati reperti molto antichi in una regione e più moderni altrove. Invece reperti ugualmente antichi sono stati trovati in regioni lontane tra loro. Un altro fattore discordante è la diversità genetica delle popolazioni africane, che si è provato a spiegare con la presenza di un ominide arcaico fantasma che si sarebbe mescolato con gruppi umani. Alcuni ricercatori hanno quindi proposto un modello alternativo, in base al quale per migliaia di anni varie popolazioni hanno vissuto in Africa orientale, meridionale e centroccidentale. Le popolazioni sarebbero rimaste separate, ma in contatto tra loro, contribuendo tutte all’evoluzione umana. La prima migrazione sarebbe avvenuta tra 125mila e 80mila anni fa. L’origine multiregionale potrebbe anche spiegare la maggiore resistenza umana rispetto ai neandertal. ◆
Pelle artificiale
Alcuni ricercatori dell’università di Stanford, negli Stati Uniti, hanno progettato una pelle artificiale che rileva gli stimoli come quella reale. È stata realizzata in un materiale multistrato morbido, con un circuito integrato a bassa tensione formato da reti di nanostrutture organiche progettate per imitare i recettori sensoriali e rilevare pressione, temperatura, deformazione e sostanze chimiche. Funziona con appena cinque volt, scrive Science. La cosiddetta e-skin potrebbe avere un ruolo fondamentale nelle protesi di nuova generazione.
Scoperte in Asia 380 nuove specie
Un nuovo rapporto del World wide fund for nature (Wwf) rivela che nella regione del fiume Mekong, nel sudest asiatico, sono state scoperte molte nuove specie di piante e animali: per la precisione 380, individuate tra il 2021 e il 2022 in Cambogia, Laos, Birmania, Thailandia e Vietnam. Alcune specie sono diffuse in tutta la regione e altre sono endemiche di singoli paesi. Dato che alcuni habitat sono minacciati, ci sono anche specie a rischio, scrive New Scientist. Nella foto: un esemplare di Calotes goetzi in Cambogia
Le sedi del dolore
Un gruppo di ricercatori ha individuato le aree del cervello coinvolte nel dolore cronico e in quello acuto. Allo studio hanno partecipato quattro persone con un dolore cronico che non rispondeva ai trattamenti. Durante gli episodi di dolore l’attività nervosa è stata misurata con elettrodi impiantati nel cervello. È emerso che al dolore cronico corrispondeva un’area della corteccia cerebrale e a quello acuto un’altra. L’attività cerebrale permetterebbe quindi di misurare il dolore, scrive Nature Neuroscience.
Geologia L’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, avvenuta nel 2022 nell’oceano Pacifico, è stata così forte da interferire con le comunicazioni dei satelliti. Ha causato una variazione di pressione nella ionosfera che ha alterato temporaneamente la trasmissione dei segnali satellitari nella regione del Pacifico, spiega Scientific Reports.
Archeologia Alcune incisioni rupestri risalenti a novemila anni fa sono state trovate in Giordania e in Arabia Saudita. Rappresentano schemi di strutture destinate alla cattura di animali. I resti delle grandi strutture in pietra, dotate di buche per intrappolare gli animali, sono ancora visibili dall’alto. Secondo Plos One, dimostrano che le capacità di comunicazione e cooperazione erano già sviluppate nelle popolazioni del neolitico.
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