I risultati del summit tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, che si è tenuto a Camp David il 18 agosto, sono stati notevoli, scrive Asia Times: per quanto riguarda la strategia geopolitica, per i valori e princìpi comuni e anche per l’adozione di meccanismi concreti per attuare le decisioni politiche. L’incontro ha rivelato il desiderio degli Stati Uniti di dare una veste istituzionale alla cooperazione trilaterale da opporre alla Cina e alle minacce nordcoreane, e per metterla al riparo da eventuali tensioni tra Giappone e Corea del Sud. L’unico dubbio, conclude il sito, è se non sia stata messa troppa carne al fuoco, rendendo difficile la realizzazione degli obiettivi.
Cooperazione ambiziosa
New Delhi sulla Luna
L’India è arrivata sulla Luna, scrive The Hindu. Il 23 agosto il lander Chandrayaan-3 ha toccato la superficie lunare vicino al polo sud, ancora inesplorato. Solo Stati Uniti, Unione Sovietica e Cina erano riusciti finora a raggiungere il satellite. Pochi giorni prima un veicolo spaziale russo si era schiantato sul suolo lunare tentando l’impresa.
Un premier a sorpresa
Tre mesi dopo le elezioni, la Thailandia ha un primo ministro. Srettha Thavisin (nella foto), imprenditore candidato dal partito Pheu Thai, è stato eletto dal parlamento il 22 agosto. Thavisin non è stato votato da Move forward, il partito progressista che a maggio aveva ottenuto il maggior numero di seggi ma il cui candidato premier, Pita Limjaroenrat, era stato prima bocciato dal parlamento e poi escluso da una possibile ricandidatura. Il Pheu Thai, arrivato secondo alle elezioni di maggio, ha così formato un’alleanza con due forze conservatrici e filomilitari per sostenere Thavisin. Poche ore prima del voto in parlamento, il fondatore del partito, Thaksin Shinawatra, atterrava in Thailandia mettendo fine a 15 anni di esilio volontario. “Per me è il momento di stare con i tailandesi”, ha detto Shinawatra. L’ex premier, 74 anni, dovrebbe scontare una condanna a otto anni per corruzione. Ora si trova nel carcere di Bangkok in attesa della libertà su cauzione o del perdono reale, riservati ai condannati con più di settant’anni. Secondo Thitinan Pongsudhirak, direttore dell’istituto di sicurezza e studi internazionali all’università Chulalongkorn di Bangkok, “finché il problema Thaksin non sarà risolto, non ci sarà riconciliazione tra la sua fazione populista da un lato e i conservatori e l’establishment militare dall’altro”. Ma il ritorno dell’ex premier, scrive Nikkei Asia, potrebbe danneggiare le credenziali democratiche del Pheu Thai, che ha già perso elettori riformisti a causa di Move forward. “Il successo del Pheu Thai è sempre stato legato alle divisioni di classe e geografiche, ma ora al centro della politica tailandese ci sono le riforme strutturali”, spiega Thitinan. ◆
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