Il monolocale nel condominio alla periferia di Liberec ha un arredamento modesto: una cucina con poche stoviglie, un frigorifero, un armadio, un tavolo, un letto. Il che rende ancora più appariscente la scarpiera su cui sono disposte venti paia di stivaletti Dr. Martens, ognuno di colore diverso. “È la mia passione. I risparmi, quando ci sono, li spendo così”, dice Braňo, l’inquilino del piccolo appartamento, con la sua aria da rocker attempato. Qualche anno fa non avrebbe mai sognato di possedere una collezione così vasta delle sue scarpe preferite.
Fino al 2022 Braňo viveva per strada, dove ha trascorso ben dieci anni. La sua storia è simile a molte altre: dopo il fallimento del matrimonio, dall’esistenza ordinata di padre di famiglia e commesso era finito in un circolo vizioso di alcol e droghe. Due anni fa, però, è riuscito a dare una svolta alla sua vita e a riprenderne il controllo.
Per prima cosa è entrato in un programma di riabilitazione in una struttura per la lotta all’alcolismo, ottenendo anche una sistemazione in un alloggio protetto. Poi ha trovato lavoro come operatore sanitario nel centro per la cura dell’alzheimer di Liberec. E alla fine del 2023, quando il suo programma di riabilitazione stava per terminare, gli è stato assegnato un appartamento in città. Un vero e proprio “miracolo”, dice lui. Nella sua posizione, con un sacco di debiti e i beni pignorati, non avrebbe mai potuto affittare una casa a prezzi di mercato. E se fosse tornato nell’alloggio protetto, in compagnia di altre persone con problemi di alcol e droga, avrebbe corso il rischio di ricadere nelle vecchie dipendenze.
Braňo ha ottenuto il piccolo appartamento in cui vive grazie alla mediazione del cosiddetto punto di contatto gestito dall’amministrazione comunale di Liberec, dov’era andato a cercare aiuto. Il personale l’aveva giudicato estremamente bisognoso di un alloggio e idoneo all’assegnazione nonostante i debiti: avendo completato con successo il percorso di riabilitazione e avendo trovato un lavoro fisso, Braňo aveva dimostrato di essere in grado di gestirsi autonomamente. Offrirgli un alloggio in città l’avrebbe aiutato a tornare a una vita normale.
E in effetti è stato così: oggi Braňo lavora, ha cominciato a pagare i debiti e ha riallacciato i contatti con il figlio, che non vedeva da anni.
Il punto di contatto a cui Braňo si è rivolto, situato al piano terra di un edificio nel centro di Liberec, è stato istituito dal comune tre anni fa, e in questo arco di tempo ha assegnato alloggi a più di duecento persone. Non essendo possibile soddisfare tutte le richieste, il personale offre anche un servizio di consulenza e dà una mano a chi è senza fissa dimora. Servizi del genere non sono così diffusi come si potrebbe pensare: quello di Liberec è un esperimento che da qualche anno è in corso in una ventina di città e villaggi della Repubblica Ceca. Tuttavia, non c’è ancora un sistema unico per il sostegno abitativo ai soggetti più vulnerabili. In Repubblica Ceca circa centocinquantamila persone, tra cui sessantamila bambini, vivono in pensionati, case rifugio, tuguri affittati a prezzi esorbitanti o per strada.
Dibattiti aperti
Le misure introdotte a Liberec potrebbero presto cominciare a essere applicate in tutti i comuni del paese. È infatti quello che propone la nuova legge per il sostegno all’alloggio, approvata dal governo all’inizio della scorsa estate, passata in prima lettura alla camera dei deputati e attualmente in discussione in parlamento. Oltre all’introduzione dei punti di contatto, sono previste altre misure per aiutare le persone in situazioni di difficoltà. “È un provvedimento che aspettavamo da trent’anni”, dice Barbora Bírová, direttrice dell’ong Piattaforma per l’edilizia sociale, sottolineando però che da solo non potrà risolvere miracolosamente il problema della carenza di alloggi. “Non è certo una proposta rivoluzionaria”, aggiunge, “ma è il primo passo necessario per avviare un lavoro che andrà sviluppato nel tempo”.
Per capire quali sarebbero le effettive novità può essere utile esaminare come la Repubblica Ceca ha affrontato finora il problema del disagio abitativo. L’approccio dei governi locali cambia da luogo a luogo a causa della diversa composizione sociale. Quindi, per non fare confusione, rimaniamo a Liberec. Come in altri paesi dell’ex blocco sovietico, dopo il 1989 buona parte degli appartamenti di proprietà del comune è stata privatizzata. Dei 17mila alloggi pubblici esistenti ai tempi del socialismo ne sono rimasti meno del 10 per cento. Chi non aveva la fortuna di abitare in una casa di proprietà e aveva bisogno di una casa in affitto, doveva cercarla sul mercato. Chi, però, per vari motivi non riusciva a trovare un alloggio ai prezzi richiesti (per esempio madri di origine rom, pensionati a basso reddito, persone con disturbi mentali o gravate da debiti) poteva fare domanda per un appartamento comunale a canone calmierato.
A Liberec gli appartamenti disponibili erano 1.270. “Ma le richieste erano molte di più, e spesso le persone in situazione di grave difficoltà decidevano di non mettersi nemmeno in lista, convinte che non avrebbero mai avuto l’assegnazione”, racconta Martin Chochola, coordinatore del progetto abitativo del comune. Per molti era difficile anche solo compilare i moduli di richiesta. E poi la città non aveva un regolamento preciso per l’assegnazione delle case, perciò spesso gli alloggi erano assegnati a inquilini della classe media senza particolari problemi. “In alcuni comuni si dava la priorità alle persone socialmente svantaggiate, mentre in altri si favorivano i candidati pronti a fare una donazione. Liberec era a metà strada tra i due orientamenti”, dice Chochola.
Intorno al 2017, tuttavia, il problema degli alloggi è diventato un tema nazionale. Gli esperti del settore hanno sottolineato che il disagio abitativo di decine di migliaia di persone non era solo un problema sociale e umano, ma anche un onere per i bilanci pubblici. “Le persone senza fissa dimora richiedono un’assistenza sociale, e spesso sanitaria, molto più costante; i bambini che crescono nei pensionati possono avere problemi a scuola, cosa che alla fine aumenta il divario tra i ricchi e i poveri”, spiega il sociologo Tomáš Hoření Samec dell’accademia delle scienze della Repubblica Ceca. Intorno al 2017, quando al governo c’era il Partito socialdemocratico (Čssd), è stato presentato un disegno di legge sull’edilizia popolare, poi bloccato in parlamento, secondo cui i comuni avevano l’obbligo di fornire appartamenti alle persone socialmente svantaggiate.
“Le resistenze venivano soprattutto dai comuni stessi, i quali non gradivano affatto che lo stato gli dicesse cosa fare senza conoscere la loro situazione, la loro opinione e le loro possibilità”, spiega Barbora Bírová, aggiungendo che la legge era stata “scritta a tavolino” e che gli stessi operatori delle organizzazioni umanitarie non sapevano ancora quali strumenti usare e cosa servisse alle amministrazioni locali. Un altro disegno di legge sul tema è stato preparato dal governo successivo, formato dai socialdemocratici e dal movimento populista Ano. Anche questo è stato affossato in parlamento, per l’opposizione dei comuni e la resistenza dei populisti stessi.
Prendendo spunto da esperienze straniere, in quegli anni alcune città hanno cominciato autonomamente ad aiutare i più deboli. Per esempio Liberec. “Nel 2017 gli attivisti della Piattaforma per l’edilizia sociale sono venuti in città e hanno convinto l’assessore alle politiche sociali a provare il cosiddetto modello Housing first, un programma per la distribuzione di alloggi alle persone senzatetto. È così che si è sviluppato anche un dibattito più ampio sul tema dell’accoglienza”, ricorda Chochola.
Da Liberec una piccola delegazione è partita alla volta del settimo distretto di Praga, dov’era già attivo il progetto dei “punti di contatto” per l’alloggio.
Il risultato è che nel 2021 la città ha aperto un proprio punto di contatto, il centro per gli alloggi di Liberec. L’idea era semplice: creare un posto aperto a chiunque avesse bisogno di sostegno e in grado di assegnare l’alloggio più adatto, grazie al lavoro degli assistenti sociali incaricati di raccogliere informazioni sulla situazione dei richiedenti. Conoscere il modo in cui vivevano le persone era essenziale. “Ci facevamo raccontare tutto: la situazione economica e finanziaria, come avevano vissuto negli ultimi dieci anni ed eventuali problemi di salute, passati o presenti. Tutte cose che prima non sapevamo”, dice Chochola.
In tre anni di attività al punto di contatto si sono iscritte 1.250 famiglie, e 220 hanno ricevuto un appartamento. Le assegnazioni sono state decise in base al livello di bisogno dei richiedenti e alla loro affidabilità (nel pagare l’affitto e nella cura dell’appartamento). Se, per esempio, una famiglia ha contratto debiti con il comune, non può ottenere un appartamento. “Non possiamo aiutare tutti, ma proviamo a farlo dove ha senso”, dice Chochola. Nel punto di contatto, inoltre, un gruppo di assistenti aiuta le persone che hanno già un alloggio: con le bollette particolarmente alte, i contratti e altre questioni burocratiche. L’intero progetto è finanziato dalla città grazie a fondi europei.
Facciamo gli scongiuri
Liberec, tuttavia, non ha abbastanza appartamenti comunali e prima che ne costruisca altri ci vorrà tempo. Perciò ha fatto un ulteriore esperimento, che dovrebbe entrare a far parte della proposta di legge e che potrebbe decisamente aumentarne l’efficacia. Si tratta dei cosiddetti affitti garantiti, che hanno lo scopo di inglobare nel sistema gli appartamenti privati. Il privato che decide di fornire l’appartamento firma infatti un contratto con il comune, che diventa il garante, cioè si assume i rischi associati alla locazione. Se l’inquilino, per esempio, danneggia l’appartamento o non paga l’affitto, a risponderne è il comune. La città ha poi assunto un’agente immobiliare di esperienza, Helena Krčmářová, incaricata di accertarsi che gli appartamenti selezionati soddisfino un certo standard abitativo e che non si trovino in contesti di esclusione sociale. Inoltre, l’affitto richiesto dev’essere inferiore almeno del 20 per cento rispetto a quello di mercato.
L’agenzia immobiliare aperta a gennaio dal comune ha raggiunto risultati oltre le aspettative: in sei mesi sono state trovate diciassette abitazioni. “Ci sono monolocali, ma anche appartamenti in ville spesso ben ristrutturate e attrezzate”, racconta Krčmářová nel suo ufficio, con le immagini degli alloggi appese a una bacheca. Sono già tutti occupati.
Krčmářová ci fa notare che tra gli assegnatari c’è una donna con due figli che fa l’infermiera, ma che non era riuscita a trovare una sistemazione attraverso i normali canali commerciali a causa della mancanza di un partner e perché è rom. Gli assistenti controllano costantemente lo stato degli appartamenti facendo visita agli inquilini. “Tocchiamo ferro, ma i timori che non paghino o danneggino gli appartamenti finora non si sono avverati”, afferma Krčmářová. Se l’inquilino si dimostra affidabile, dopo il primo anno l’appartamento sarà cancellato dal registro comunale e il residente firmerà un contratto d’affitto direttamente con il proprietario.
Negli ultimi anni Liberec è riuscita a sperimentare il funzionamento del punto di contatto, l’assistenza alle persone già ospitate in appartamenti comunali e infine l’affitto garantito. “Stiamo provando quasi tutte le soluzioni previste dalla legge in arrivo”, dice Chochola.
A questo punto viene spontaneo chiedersi perché mai Liberec abbia bisogno di una legge nazionale, quando si è già dotata degli strumenti che questa dovrebbe introdurre. Secondo Chochola è soprattutto una questione di risorse: per far funzionare il punto di contatto, la città non dovrà affidarsi ai sussidi europei, ma disporrà di una copertura stabile erogata dallo stato. E poi la legge prevede ricompense anche per chi trasferisce il proprio appartamento dal mercato al sistema degli alloggi comunali. Secondo Chochola, la norma introdurrà anche “un chiaro quadro di riferimento, ancora assente in Repubblica Ceca, per affrontare tutte le situazioni di esclusione sociale”.
Liberec non è l’unica città ad aver introdotto il punto di contatto e l’affitto garantito. Ci sono anche Brno, Ostrava e Plzen. Gli autori della legge oggi in discussione, forti dell’esperienza maturata con questi progetti pilota, hanno elaborato la proposta proprio su questa base. Il suo principale promotore è il Partito pirata, che l’ha inserita nel proprio programma.
La volta buona
La proposta di legge poggia su tre pilastri principali. Il primo è la creazione di un punto di contatto per il settore abitativo. Il secondo, già facoltativo, è l’introduzione di un sistema di affitti garantito, in cui il comune (o l’organizzazione senza scopo di lucro) che fa da garante per un appartamento riceve un premio dallo stato. Il terzo è la cosiddetta assistenza abitativa, cioè l’aiuto dato dagli assistenti sociali agli inquilini.
“Il progetto prevede un approccio organico e deciso dallo stato. In questo modo una persona che ha un problema abitativo sa subito a chi rivolgersi”, afferma Vít Lesák, del ministero per lo sviluppo regionale, che ha partecipato alla stesura della proposta. L’intero meccanismo dovrebbe costare circa 1,5 miliardi di corone all’anno (60 milioni di euro), ma secondo gli esperti dovrebbe anche far risparmiare un bel po’ di soldi allo stato.
Lesák segue il tema dell’edilizia sociale da anni. In passato ha lavorato con il governo, ha diretto la Piattaforma per l’edilizia sociale e ha fornito consulenze ai comuni in materia di politica abitativa. A suo avviso, l’attuale progetto di legge è molto più completo dei precedenti. Ai comuni non si chiede troppo: solo di avviare il punto di contatto per la distribuzione degli alloggi.
Inoltre, chi ha scritto la legge ha tenuto in considerazione le opinioni dei rappresentanti dei comuni e delle città. Tuttavia ci sono ancora alcune amministrazioni che hanno qualche riserva.
“Temiamo di non riuscire a finanziare tutti i punti di contatto richiesti. E poi trovare gli assistenti sociali non sarà facile”, affermano il sindaco della cittadina di Kyjov e il presidente dell’unione delle città e dei comuni cechi, František Lukl. La legge – dicono – dovrebbe funzionare esclusivamente su base volontaria, compresa la creazione dei punti di contatto. Un simile argomento va però contro lo spirito stesso della norma, cioè garantire che le persone in difficoltà sappiano sempre a chi rivolgersi, anche quando i comuni non sono troppo attivi. E poi va detto che il provvedimento non comporta un aumento significativo dei dipendenti da assumere.
Alla fine, però, anche Lukl ammette che quella attuale è migliore rispetto alle proposte precedenti: “L’idea ci sembra giusta e continueremo a discuterne con il ministro, sperando che i nostri dubbi siano dissipati”, dice. Inoltre, a differenza che in passato, oggi il provvedimento è sostenuto da un’ampia maggioranza politica. Oltre a questo, di recente sono stati messi a punto altri strumenti, per esempio finanziari, per aiutare i comuni a costruire alloggi popolari. A distribuire i prestiti è il fondo statale per il sostegno agli investimenti, che ha a disposizione diversi miliardi di corone, e il programma sta riscuotendo grande interesse.
Secondo Lesák, saranno proprio queste misure, combinate a un ampio sostegno politico, a facilitare l’approvazione della legge. Certo, il rischio che in parlamento sia respinta c’è sempre, ma non è mai stata così vicina a diventare realtà come oggi. ◆ ab
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Questo articolo è uscito sul numero 1590 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati