Nel processo a Dominique Pelicot e ad altri cinquanta imputati – cominciato in Francia il 2 settembre – molti aspetti sono apparsi così incredibili da sembrare quasi surreali. Nel 2020 Gisèle Pelicot, una pensionata di 71 anni che vive nella cittadina francese di Mazan, è stata informata dalla polizia che l’uomo con cui era sposata da quasi cinquant’anni, Dominique, era stato arrestato per aver cercato di filmare sotto le gonne di alcune donne in un centro commerciale. All’inizio Gisèle era stata cautamente comprensiva. Se Dominique fosse stato disposto ad andare in terapia, pensava, sarebbero potuti restare insieme. Ma poi la polizia l’ha messa di fronte a qualcosa di infinitamente più scioccante. Nel computer del marito c’era una cartella chiamata “abusi” che conteneva circa ventimila foto e video di Gisèle violentata e aggredita da diversi uomini – 72 in totale – e da suo marito. Per circa dieci anni, le hanno detto, lui aveva drogato il suo cibo e le sue bevande e aveva invitato uomini che incontrava su internet ad abusare di lei. In tribunale Dominique Pelicot ha ammesso la sua colpevolezza. “Sono uno stupratore, come tutti quelli che sono in quest’aula”, ha detto. Anche quattordici degli altri imputati hanno confessato, ma la maggior parte si è dichiarata innocente, sostenendo che pensava di partecipare semplicemente a un gioco “erotico” tra marito e moglie.

Dominique era stato meticolosissimo. Gli uomini che andavano a casa sua dovevano scaldarsi le mani su un termosifone prima di entrare in camera da letto. Dovevano spogliarsi in cucina. Non dovevano puzzare di fumo di sigaretta o dopobarba, per non lasciare dietro di sé alcuna traccia distinguibile. Se Gisèle si muoveva mentre era in corso uno stupro, Dominique ordinava all’aggressore di lasciare la stanza. Teneva un registro dettagliato, salvando video e foto di ogni uomo in cartelle classificate con il suo nome: “In parte per piacere”, ha spiegato in tribunale, “ma anche per la mia sicurezza”. Per quanto riguarda la sicurezza di sua moglie, invece, era sorprendentemente disinvolto. Non ha chiesto a nessuno degli uomini di usare il preservativo. Alcuni sono accusati di averla soffocata mentre Dominique li guardava, altri di averla colpita con degli oggetti. Un uomo sieropositivo ha violentato Gisèle in sei diverse occasioni dicendo a Dominique che non avrebbe potuto mantenere l’erezione se avesse indossato un preservativo. Quando Gisèle aveva cominciato a lamentare strani sintomi fisici – notevole perdita di peso, caduta dei capelli, enormi lacune nella memoria, difficoltà a muovere un braccio – Dominique l’aveva portata dal medico, ma non aveva mai smesso di drogarla e di abusare di lei. Quando lei gli aveva detto di avere problemi ginecologici inspiegabili, lui l’ha accusata di tradirlo. “In cinquant’anni”, ha detto Gisèle riferendosi al marito, “non avrei mai immaginato neanche per un secondo che potesse essere uno stupratore”.

Il processo a Dominique e ad altri cinquanta uomini che è stato possibile identificare (più di venti presunti aggressori restano a piede libero) è cominciato a settembre, facendo emergere un caso che è senza precedenti ma anche tristemente familiare. Ne siamo a conoscenza grazie a Gisèle, che ha rinunciato al suo diritto alla privacy affinché quello che le è successo potesse essere reso pubblico. Perché, ha spiegato il suo avvocato, vuole che “la vergogna cambi lato”, che ad avere la reputazione rovinata non sia lei, ma gli uomini accusati di averla stuprata e aggredita. Durante lo svolgimento del processo – che dovrebbe concludersi a dicembre – in Francia è diventata un’icona femminista, nel suo nome si sono formati gruppi di donne per cercare di aumentare la consapevolezza sui crimini sessuali che avvengono in seguito all’assunzione di droghe e sottolineando che le donne hanno maggiore probabilità di essere stuprate da qualcuno che conoscono. Ogni giorno una folla radunata davanti al tribunale applaude Gisèle al suo arrivo, per sostenerla.

Sotto accusa

In aula, però, il suo controinterrogatorio non le ha risparmiato niente, vale a dire che gli avvocati della difesa – più di quaranta – hanno fatto tutto il possibile per contestare le sue affermazioni. “C’è stupro e stupro”, ha detto un difensore, sottintendendo, come hanno fatto molti degli imputati, che Gisèle e suo marito erano scambisti che partecipavano a un elaborato gioco sessuale. “No, non ci sono diversi tipi di stupro”, ha risposto lei. Inizialmente i giudici hanno respinto la richiesta dell’accusa di mostrare in tribunale i video che documentano gli abusi, concordando con la difesa che ciò avrebbe compromesso la dignità degli imputati, ma hanno permesso ai loro avvocati di mostrare 27 immagini dei genitali di Gisèle e del suo viso con gli occhi apparentemente aperti (un medico ha testimoniato che, dato il farmaco che Dominique le stava somministrando in segreto, Gisèle era così pesantemente sedata da essere più vicina al coma che al sonno). Sempre i legali della difesa le hanno chiesto se fosse un’alcolizzata e se avesse “una segreta inclinazione per l’esibizionismo”. In risposta Gisèle ha sottolineato di essere stata intenzionalmente umiliata ogni giorno dall’inizio del processo e che quindi capiva perché la maggior parte delle vittime di stupro non sporge denuncia.

Su un muro vicino al tribunale di Avignone: “Gisèle, le donne ti ringraziano” (Corinne Rozotte, Divergence)

Malgrado la sua apparente compostezza, nel profondo “sono totalmente distrutta”, ha detto. Come se non bastasse, a poche settimane dall’inizio del processo un’avvocata della difesa, Nadia el Bouroumi, ha pubblicato un reel su Instagram in cui, in auto, mima la canzone degli Wham Wake me up before you go-go (svegliami prima di andare via). In seguito ha cancellato il video e ha pubblicato una dichiarazione in cui affermava di essere profondamente dispiaciuta che il significato fosse stato frainteso.

Questo tipo di crudeltà ripetuta nei confronti delle vittime è lo standard dei tribunali di tutto il mondo, eppure il caso Pelicot ha reso inutili i soliti tentativi di offuscare e confondere i fatti. Questa volta gli accusati di stupro sono troppi, ognuno ripreso da una videocamera. Gli uomini accusati di aver aggredito una donna che ha sette nipoti ed è stata drogata sono così tanti che prima di entrare in aula devono mettersi in fila, curvi e imbronciati come se stessero in coda al supermercato o per l’autobus. Hanno un’età compresa tra i venti e i settant’anni. Uno è un vigile del fuoco. Uno un infermiere. Uno un giornalista. Uno una guardia carceraria, un altro un impiegato statale. A quanto pare molti erano felicemente sposati con figli. Uno, di 22 anni, si è perso la nascita di sua figlia la notte in cui è andato a violentare Gisèle.

Gisèle Pelicot ha sottolineato di essere stata intenzionalmente umiliata ogni giorno dall’inizio del processo

Non tutti gli uomini stuprano, si dice. Ma il caso Pelicot ha ribaltato questa tesi: non tutti gli uomini, ma qualsiasi uomo può farlo, di qualsiasi età, di qualsiasi professione, di qualsiasi stato civile. Vivendo in una cittadina di seimila abitanti, Dominique è riuscito a trovare nelle vicinanze 72 uomini che erano presumibilmente disposti – su suo invito in un forum intitolato “A sua insaputa” – ad “abusare di mia moglie addormentata e drogata”. Il sito che usava, Coco.fr, è stato chiuso all’inizio del 2024, ma è stato coinvolto in 23mila reati diversi che sono oggetto di indagine da parte di più di settanta procure in tutta la Francia.

Non tutti gli uomini ma, comunque, tanti uomini. Uno degli imputati, un ex vigile del fuoco e camionista di 72 anni descritto da amici e familiari come “gentile”, “attento” e “disponibile”, in aula ha dichiarato di avere “un profondo rispetto per le donne” e che se la sua ex moglie fosse stata presente, avrebbe detto che “ama le donne in tutte le sue diversità”. Ciononostante è accusato di aver violentato una donna priva di sensi, ha replicato l’avvocato di Gisèle. Ma l’uomo ha negato l’accusa. Un altro imputato ha spiegato di aver capito che quello che stava facendo era sbagliato quando Gisèle si è mossa mentre la stava stuprando e Dominique l’ha rapidamente accompagnato fuori della stanza. “Quando sono uscito in giardino ho pensato di denunciare l’incidente”, ha detto in tribunale. “Poi la vita ha ripreso il suo corso, il giorno dopo sono andato al lavoro molto presto, ed è finita lì”.

Gli uomini accusati di aver violentato e aggredito Gisèle, vale la pena ricordarlo, sono così numerosi da essere stati arrestati in cinque ondate diverse, nell’arco di quasi un anno. Ogni settimana, in tribunale, i giudici esaminano un nuovo gruppo di imputati, in modo che i loro profili psicologici e le testimonianze dei loro part­ner ed ex partner possano essere presi in considerazione.

Il processo
A porte aperte

◆ Nel settembre 2020 Dominique Pelicot viene fermato dalla polizia mentre filma con il telefono sotto la gonna di alcune donne in un supermercato. Le autorità gli sequestrano telefono, computer e vari hard disk, dove trovano migliaia di video e foto in cui si vede la moglie di Pelicot, Gisèle, stuprata da decine di uomini mentre era incosciente perché drogata dal marito. Tra il 2011 e il 2020 Domi­nique Pelicot aveva contattato decine di uomini attraverso un sito d’incontri in una chat chiamata “A sua insaputa”.

◆ Secondo la polizia gli uomini che hanno violentato Gisèle Pelicot sono almeno 83, di cui 54 sono stati identificati: in 51 sono sotto processo, compreso il marito, uno nel frattempo è morto e altri due sono stati rilasciati per insufficienza di prove.

◆ Gisèle Pelicot ha chiesto che il processo, cominciato il 2 settembre 2024, si svolga a porte aperte, rinunciando all’anonimato. Dal 4 ottobre il giudice ha permesso di mostrare in aula i video girati da Dominique Pelicot.

◆ Il 18 novembre sono stati ascoltati gli ultimi testimoni, i tre figli dei coniugi Pelicot (la figlia era già stata ascoltata nella prima settimana di udienze). Il giorno dopo, in aula, ha parlato Gisèle Pelicot: “Per me questo è il processo alla vigliaccheria. È ora che la società maschilista e patriarcale che banalizza lo stupro cambi”. Il processo è poi entrato nella fase dei discorsi conclusivi dell’accusa e della difesa. Dopo aver dato un’ultima volta la parola agli imputati, i giudici si ritireranno a deliberare. La sentenza è prevista entro il 20 dicembre.

–Le Monde


Un imputato, un infermiere, a quanto sembra era estremamente empatico con i pazienti, che considerava la sua famiglia. Lui e la moglie hanno cercato per molti anni di avere figli, sottoponendosi a più cicli di fecondazione in vitro e alla fine sperando di poter adottare. Un altro, un muratore, era un padre meraviglioso e i suoi amici hanno testimoniato che era una persona rispettosa e taciturna, del tipo che non faceva nemmeno battute oscene alle feste. Alcuni degli uomini sono stati descritti come egocentrici, aggressivi e abitualmente infedeli. Al momento dell’arresto, uno era in carcere per atti di violenza sessuale contro altre tre donne. Uno ha chiesto se poteva ricorrere alla giustizia riparativa. Alcuni hanno confessato di essere stati abusati da bambini. Uno, anche se non è accusato di aver violentato Gisèle, lo è per aver copiato da Dominique come somministrare la droga e stuprare sua moglie, che è rimasta con lui anche se è venuta così a sapere che sia suo marito sia Dominique l’avrebbero violentata in diverse occasioni mentre era priva di sensi. Un imputato è stato definito dalla sua compagna, con la quale ha un bambino di 15 mesi concepito dopo il suo arresto, un uomo dal “cuore d’oro”.

Dominio totale

Durante il processo quello che è stato difficile da accettare è stata la differenza tra come sono stati trattati gli imputati e quello che ha dovuto sopportare Gisèle. I profili psicologici degli uomini sono intrinsecamente umanizzanti: è difficile non provare pietà per chi ha perso un figlio, o per chi ha subìto abusi, o per chi racconta di aver dovuto lottare per ricevere l’assistenza per un figlio con bisogni speciali. Eppure questi uomini avrebbero anche partecipato all’abuso e allo stupro di una donna svenuta: un corpo immobile, senza voce, disumanizzato, consegnato a loro dal marito, le cui azioni implicavano – e loro le hanno accettate – un senso di proprietà. “Se un uomo voleva avere rapporti sessuali con me, avrebbe comunque dovuto chiedere il mio consenso”, ha detto Gisèle in tribunale. Ma quella richiesta sarebbe stata in contrasto con quello che così tanti uomini apparentemente volevano: la dominazione sessuale totale su qualcuno che non poteva acconsentire, orchestrata dall’unico uomo che lei amava e di cui si fidava. ◆ bt

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Questo articolo è uscito sul numero 1590 di Internazionale, a pagina 50. Compra questo numero | Abbonati