È un venerdì pomeriggio quando la Carovana dei medici fa il suo ingresso a Biertan, un villaggio sassone vicino a Sibiu, abbracciato dalla più maestosa chiesa fortificata della Transilvania. Una giornata mite di fine estate, perfetta per oziare all’ombra e poi, in serata, incontrarsi fra vicini davanti al portone di casa oppure in piazza per decidere i programmi per l’autunno. Bambini in bici passano davanti alla scuola mentre vanno alla ricerca di un gelato, famiglie di tedeschi tornati nel villaggio d’origine per le vacanze vanno a riempire i sifoni del selz e, ogni tanto, un carro trainato da cavalli avanza lentamente senza una meta precisa.
Per la carovana di questo weekend sono arrivate per prime Diana e Costina. Hanno parcheggiato davanti alla scuola il loro furgone bianco pieno di lettini pieghevoli, materassi, scatole di materiale sanitario e rotoli di carta. Poi è stato il turno di Kerim, con la valigetta del pronto soccorso presa in prestito da un’azienda di ambulanze private e il portabagagli dell’auto pieno di casse d’acqua e Coca-Cola. Più tardi si sono aggiunti Dragos e Ovidiu, con le apparecchiature per fare ecografie ed elettrocardiogrammi, anche queste prese in prestito. E infine Viorel, Platthy, Ana, Mihai e il resto della squadra, in arrivo da Bucarest, Cluj, Oradea e Timișoara. In totale cinque studenti di medicina, diciassette tra specialisti e specializzandi e tre studenti di infermeria, tutti tra i 22 e 31 anni, allegri come se fossero in vacanza. Alcuni hanno appena finito il turno, altri il lavoro in ospedale.
È la quarta carovana organizzata dal gruppo della città di Brașov e la nona da quando lì è stato avviato il progetto, nel 2020. A livello nazionale la Carovana dei medici esiste da otto anni e attraversa la Romania per dare assistenza sanitaria gratuita agli abitanti dei villaggi più isolati o senza medici di base. Spesso offre lezioni di primo soccorso e di educazione sanitaria. Va dove i suoi servizi sono richiesti e, per visitare più posti possibile, di solito non torna due volte nello stesso villaggio.
A Biertan il gruppo è guidato da Diana Sporea, 23 anni, appena laureata in scienze infermieristiche. Fa volontariato da sempre ed è particolarmente brava a risolvere i problemi logistici e organizzativi. Da quando è riuscita a coinvolgere alcune colleghe e amiche affronta il lavoro con molta più tranquillità.
Stavolta ha chiesto aiuto a Costina Rusu: quella di Biertan è la prima missione organizzata da due infermiere.
Quando i volontari arrivano davanti alla scuola il sindaco gli fa fare un breve giro dell’istituto. I medici scelgono due grandi sale al pianoterra, una per il triage degli uomini, l’altra per le donne. Nella biblioteca e in tre locali al primo piano allestiscono i reparti di pediatria, cardiologia, medicina interna e chirurgia ortopedica. L’edificio di fine ottocento, con soffitti alti, ampie scale e luce soffusa, si anima immediatamente.
Distribuiscono guanti e disinfettante, gonfiano i materassi, sistemano sedie nei corridoi per creare una specie di sala d’attesa, installano la stampante. Kerim si assicura che ci sia un posto dove fare il caffè. In due ore la scuola è trasformata in un presidio medico.
Uscire dalla routine
La Carovana dei medici è nata a Bucarest nel 2014, grazie a cinque giovani dottori che sapevano della mancanza di servizi sanitari nelle aree rurali. La soluzione? Un intervento immediato e gratuito, direttamente sul posto. L’idea non era nuova: le associazioni di studenti di medicina, la Croce rossa e la chiesa ortodossa ci avevano già pensato. La novità è stata il modo di concepire il lavoro, con un’organizzazione ricalcata su quella di un day hospital, capace di fare esami del sangue, ecografie e consulti specialistici.
Oggi le carovane permettono agli abitanti dei villaggi di sottoporsi ad accertamenti che magari non avevano mai fatto, li avvertono quando le terapie che stanno seguendo vanno cambiate, oppure scoprono che sono affetti da problemi di salute mai riscontrati, cosa che avviene abbastanza di frequente.
“È come se andassero a farsi visitare in ospedale”, riassume Vlad Berbecar, uno dei fondatori del progetto. In poco tempo i volontari sono riusciti a trovare finanziatori privati e sindaci disposti a collaborare, e presto decine di persone hanno cominciato a usufruire dei loro servizi. Così hanno capito che a trarne beneficio non erano solo i pazienti, ma anche loro. “Uscendo dalla nostra routine quotidiana impariamo a vedere la vita in modo diverso”, dice Mihai Ranete, uno degli ideatori del progetto. “Vedi il rapporto con i pazienti sotto una luce nuova, ti accorgi dei problemi strutturali e capisci che c’è bisogno di te”.
Dei cinque fondatori del progetto, due sono andati a lavorare all’estero e uno ha cambiato professione. Solo Vlad e Mihai fanno ancora volontariato, con compiti di coordinamento. Oggi la Carovana ha sei filiali nelle città di Bucarest, Cluj, Iasi, Timișoara, Brașov e Oradea e si finanzia grazie alle sponsorizzazioni e ai contributi di aziende private. Da quando il progetto è stato avviato fino al settembre 2022 sono state organizzate 138 carovane e sono state visitate più di dodicimila persone in duecento villaggi, grazie al lavoro di 1.600 tra studenti, medici specializzandi o specialisti. Per il 2023 sono in programma 45 campagne. “All’inizio organizzavamo tre carovane all’anno, ora ne facciamo tre ogni fine settimana”, racconta Mihai.
Il progetto prevede un’assemblea generale e un comitato direttivo nazionale, che si riuniscono regolarmente, mentre la presidenza passa ogni due anni al gruppo di una città. Questa struttura organizzativa aiuta a raccogliere fondi e ad avere una voce comune. “Abbiamo lanciato una palla di neve, e da lì la nostra attività si è sviluppata in maniera naturale”, spiega Mihai.
Alcuni gruppi organizzano carovane di un solo giorno, magari dedicate alla pediatria o alla salute delle donne, altri rimangono sul posto tutto il fine settimana. Vitto e alloggio sono assicurati dai comuni, mentre le apparecchiature essenziali sono prese in prestito da una clinica partner del progetto. Una settimana prima della carovana un’infermiera va nei villaggi e comincia a fare i prelievi di sangue. In questo modo i risultati sono già disponibili quando arrivano i medici.
I costi effettivi di un presidio itinerante come quello organizzato a Biertan si aggirano intorno ai cinquemila lei (circa mille euro), che servono principalmente a coprire le spese per il trasporto e il materiale. Il valore totale di una carovana, compresi i soldi ricevuti con le sponsorizzazioni, arriva a diecimila euro. Per ridurre le spese i volontari di Brașov hanno escogitato soluzioni di ogni tipo, per esempio hanno sostituito i lettini con materassini gonfiabili e brandine da massaggio.
“Il nostro scopo era far capire che c’è un altro modo di offrire assistenza medica nelle zone svantaggiate. E ci siamo riusciti”
I medici comunicano ai distretti sanitari i viaggi di ogni carovana, ma il progetto si è sviluppato indipendentemente dalle autorità centrali. Nonostante la visibilità acquisita negli anni, né la Casa nazionale di assicurazioni per la salute (Cnas) né il ministero li hanno mai contattati. Le autorità centrali non si sono mai chieste se qualche aspetto del progetto potesse essere replicato, per esempio la formazione degli studenti di medicina e degli specializzandi o l’accesso gratuito ai programmi di screening. Oltretutto il progetto è abbastanza economico: il budget complessivo per il 2022 è stato di 73mila euro. Ma il più grande successo dell’iniziativa è la legge sull’assistenza sanitaria itinerante, secondo la quale ogni fornitore di servizi medici, dalle cliniche private agli ospedali provinciali, potrà svolgere attività nelle comunità più vulnerabili in caso di necessità.
Il prossimo obiettivo della carovana è far sì che i servizi siano rimborsati dallo stato, così per i medici i giorni di attività nei presidi mobili saranno considerati giorni di lavoro e per gli studenti giorni di praticantato. Per quanto riguarda i pazienti, l’intento è consentirgli di avere ricette e prescrizioni senza dover passare per il medico di base. Ma per riuscirci alcune leggi dovranno essere modificate.
La legge sull’assistenza sanitaria itinerante è stata promulgata nella primavera del 2022. Attualmente la carovana sta lavorando ai decreti attuativi. “Non posso credere che tutto questo sia diventato realtà”, dice Mihai.
Dopo aver allestito il presidio nella scuola di Biertan, i medici si radunano nel cortile della canonica dove alcuni di loro sono ospitati. Una casa sassone, con alti cancelli in legno all’ingresso, la stalla e una cantina con i soffitti a volta trasformata in sala da pranzo. Sono appena arrivate anche “le ragazze di pediatria”, due colleghe di Cluj e una di Oradea.
Non c’è rivalità tra i gruppi, racconta Alex Covaciu, responsabile della sezione di Brașov. Ha 29 anni, è al quinto anno di specializzazione e sta seguendo un corso di perfezionamento in cardiologia. Ha portato con sé due colleghi di Timișoara che non avevano mai partecipato a una carovana. Anche lui è contento della legge sull’assistenza sanitaria itinerante. “È meraviglioso”, dice. “Immaginate quante persone possono scoprire in tempo di essere affette da patologie curabili. Il nostro scopo era far capire che c’è un altro modo di offrire assistenza medica nelle zone svantaggiate, un modello sostenibile sia per i pazienti sia per il sistema sanitario. E ci siamo riusciti”.
Dopo cena Covaciu mostra la versione demo di un’app sviluppata grazie alle risorse arrivate da tutte le carovane: una cartella clinica elettronica in cui ogni medico può registrare le sue osservazioni, così alla fine degli accertamenti il paziente riceve un unico documento.
Birra e sigarette
Sabato mattina davanti alla scuola di Biertan le persone cominciano ad arrivare prima delle nove. Alcuni hanno saputo del presidio la sera prima, avvisati via WhatsApp dal sindaco che ha mandato messaggi anche ai consiglieri comunali e agli operatori turistici. Altri hanno visto gli annunci appesi per il paese; i sacerdoti ne hanno parlato in chiesa e il vicesindaco, che abita nella frazione di Richiș, si è offerto di accompagnare la gente di lì in macchina. Non si può mai sapere in anticipo quante persone verranno, spiegano i dottori.
In Romania chi non può permettersi di pagare i contributi al sistema sanitario non riceve assistenza medica se non per le urgenze
Il comune di Biertan è composto da tre villaggi: Copșa Mare, dove non c’è un medico di famiglia più o meno dal 1993; Richiș, dove il medico passa una volta alla settimana; e Biertan, dove il dottore c’è tutti i giorni, anche se la gente del posto dice che non ci si può fare troppo affidamento. Al massimo serve per avere qualche ricetta.
Delle quattordici persone in attesa davanti alla scuola, dodici sono donne. Dopo essere entrato, ogni paziente viene registrato da due studenti al piano terra, firma il modulo di consenso e riceve i risultati degli esami del sangue. Poi va al triage, dove due specializzandi e uno studente gli fanno un primo esame: peso, altezza, pressione ed elettrocardiogramma. Poi i dati sono inseriti nella cartella elettronica del paziente, a cui viene scritto su un post-it dove andare a seconda del problema riscontrato. Alla fine il paziente riceve una ricetta con le raccomandazioni sugli accertamenti da fare o sullo specialista da consultare.
Nella prima ora Luana e Betty, le pediatre, rimangono in attesa. Betty, cioè Betina Boeriu, ha finito la specializzazione da un anno e da poco lavora in ospedale a Brașov, dove si occupa di bambini con malattie rare. Luana Nicolae è “quasi una specialista”, come dice lei: le manca solo un mese all’esame finale. Nei villaggi di Budila e Augustin hanno visitato più di cento bambini in due giorni. Uno dei casi più seri era una bambina di quattordici anni con l’addome gonfio, che secondo la madre poteva essere incinta. L’hanno visitata e l’hanno subito fatta ricoverare in ospedale: aveva una peritonite.
A un certo punto la bidella della scuola entra accompagnando una giovane mamma con una bambina di quattro anni. Alle pediatre s’illumina il volto. Luana la prende da parte, mentre Betty rimane con la mamma. Le fa domande sulle malattie familiari, sul parto, i vaccini e l’alimentazione. La bambina mangia fagioli, carne e quattro uova al giorno, “perché così vuole lei”. Ha la dentatura distrutta e ascessi alle gengive. Le pediatre intuiscono che mangia tante uova perché sono morbide e i denti le fanno meno male.
L’alimentazione sbagliata dei bambini è uno dei problemi più gravi e più frequenti che i medici riscontrano nei villaggi. Oltre a presentare rischi per i denti, può provocare anemia e infezioni. Nelle aree rurali la salute dentale è un problema comune, soprattutto tra i più piccoli. Le cause sono lo scarso livello d’istruzione dei genitori, lo zucchero in eccesso e l’assenza di dentisti, soprattutto di quelli convenzionati con la Cnas, nonostante i bambini abbiano diritto alle cure odontoiatriche. In Romania solo il 31 per cento dei dentisti è convenzionato, mentre nelle zone rurali la cifra scende sotto l’8 per cento.
Nel cortile della scuola un uomo sui sessant’anni aspetta che la moglie esca dalla visita cardiologica. Nel frattempo tira fuori una bottiglia di birra e manda giù un sorso. Non è neanche ora di pranzo.
“Hai già bevuto qualcosa?”, chiede a un altro paziente, che sta fumando.
“No, devo guidare”.
“Mi hanno trattenuto un sacco in cardiologia. Mi hanno fatto un’ecografia, mi hanno messo una pompa qui”, dice indicando sotto il cuore, “e mi hanno spalmato un unguento. Pare che devo andare dal medico di base, poi dal cardiologo. Ho il sangue denso, devo prendere le medicine, altrimenti mi arrivano i coaguli al cervello. Non voglio rimanere paralizzato”.
Dalle aule esce una donna e li saluta.
“Il dottore non ti ha detto di smettere?”, fa notare all’uomo che sta fumando.
“Sì, ma io fumo lo stesso”.
“Anche a me ha detto di non bere, ma un goccetto me lo faccio sempre”, interviene l’uomo con il sangue denso mentre beve un altro sorso di birra.
Per un’intera generazione di romeni l’alcol, il colesterolo alto e uno stile di vita trascurato sono una vera e propria epidemia. Insieme al fumo e all’inquinamento sono le principali cause di morte. Un rapporto della Commissione europea indica che nel 2022 il paese era al primo posto nell’Unione per numero di decessi provocati da disturbi che potevano essere evitati con screening e terapie adeguate. Su centomila romeni, 210 muoiono per malattie curabili. Nell’Unione europea la media è 91.
Quando le persone non si prendono cura della loro salute, oppure non hanno i mezzi per farlo, l’aspettativa di vita inevitabilmente si abbassa. A questo si è aggiunta la pandemia, che ha costretto molti a rimandare esami e terapie, aggravando problemi già esistenti. In Romania il covid si è abbattuto su una popolazione già ammalata e refrattaria ai vaccini, e ha fatto disastri.
Gli effetti si sono visti nel tasso estremamente elevato di decessi dovuti al virus e nelle decine di migliaia di morti “in eccesso”, che non sono stati direttamente causati dal covid ma che molto probabilmente la malattia ha favorito. Se prima della pandemia in Romania l’aspettativa di vita era di 75,6 anni (la seconda più bassa nell’Unione europea dopo quella della Bulgaria), ora è scesa a 74,2. Per questo iniziative come i presidi medici itineranti sono essenziali.
Un altro problema strutturale è la spesa pubblica per la sanità: 1.310 euro all’anno per cittadino contro una media europea di 3.523. È la più bassa in Europa dopo la Bulgaria.
La principale voce di spesa restano le cure ospedaliere, mentre dovrebbero essere assegnate più risorse alla prevenzione e alle cure primarie, servizi forniti dai medici di base e dagli ambulatori.
Le patologie riscontrate dai volontari offrono una radiografia dello stato di salute della società romena: ipertensione e malattie cardiovascolari, colesterolo alto, diabete con complicanze acute o croniche e problemi dentali tra i bambini.
Lezioni utili
“Ha il respiro affannato, palpitazioni?”, “Ha i piedi gonfi?”, “Mangia molto salato?”, “Che medicine prende?”: sono le domande che gli specializzandi cardiologi ripetono ai pazienti. Quattro cardiologi visitano due persone a testa in un’aula adibita ad ambulatorio, con i lettini separati da paraventi.
Sembra la scena di un film: in un’aula di un vecchio edificio, con il parquet che scricchiola, banchi di scuola, apparecchiature mediche e giovani dottori. Gli specializzandi si prendono tutto il tempo necessario per fare un’ecografia – in ospedale o negli ambulatori privati si deve stare entro i venti minuti – e chiedono consigli al più esperto tra loro.
Nell’aula accanto, intorno alle 17, Andrea Zaharia sta facendo l’ultima ecografia della giornata, la ventisettesima. Fa la radiologa a Brașov ed è la prima volta che partecipa a una carovana. “Pensavo che fossero degli ingenui che andavano nei villaggi a salvare le vecchiette”, confessa con sarcasmo. Ma quando ha visto il foglio elettronico e il percorso medico a cui era sottoposto ogni paziente è rimasta impressionata. E si è convinta che esportare il sistema non sarebbe stato difficile, almeno nelle località più piccole.
Da lei c’è la fila per tutta la giornata, con i colleghi di medicina interna che s’informano sui pazienti che sono passati da lì e gli specializzandi in chirurgia che vengono a dare un’occhiata. Imparare a lavorare insieme è un altro grande vantaggio della carovana: nessuno si sente vulnerabile se chiede aiuto a un collega.
Inoltre i medici hanno l’opportunità di apprendere abilità che non vengono insegnate all’università.
Grazie ai presidi gli studenti imparano a fare cose che prima non avrebbero mai immaginato di fare: per esempio andare nei centri commerciali per convincere la gente a donare al progetto il 3,5 per cento delle loro tasse o pubblicare post e reel su Instagram su temi di educazione sanitaria.
Una studente del sesto anno ha scelto di lavorare nell’ufficio finanziario della carovana perché non sapeva nulla sull’argomento ed era certa che avrebbe imparato molto. “Mi tornerà utile se un giorno vorrò crare un’ong”, spiega.
Alla fine della giornata a Biertan circa settanta persone sono passate almeno da un reparto, ma la maggioranza è stata visitata da quasi tutti gli specializzandi. Ogni paziente ha ricevuto consulenze mediche per le quali avrebbe speso più di 2.000 lei, ha calcolato Covaciu. E anche se queste persone avessero avuto l’esenzione dal pagamento, avrebbero comunque dovuto fare due o tre viaggi fino a Mediaș, spendendo per il trasporto.
In Romania chi non può permettersi di pagare i contributi al sistema sanitario non riceve assistenza medica se non per le urgenze, per una gravidanza o per le malattie a rischio epidemiologico. Fa parte di questa categoria quasi l’undici per cento della popolazione, soprattutto abitanti delle aree rurali. Recentemente è stato reso gratuito per i cittadini sopra i quarant’anni un pacchetto di accertamenti e misure di prevenzione presso il medico di base. Solo che gran parte dei romeni non sa di avere questo diritto.
Lavoro di squadra
In un paese dove non ci si prende cura di sé, le iniziative private o delle ong non sono sufficienti, anche se negli ultimi anni sono aumentate. Per questo è così importante quello che sono riusciti a fare i medici della carovana: hanno inventato una soluzione concreta ed efficace ai problemi della sanità, da estendere a livello nazionale con l’intervento pubblico. In base alla legge del 2022, a Biertan l’ospedale di Mediaș potrebbe organizzare un presidio medico come quello allestito dalla carovana. In questo modo i pazienti raggiunti sarebbero molto più numerosi e si ridurrebbe il flusso delle persone che arrivano in ospedale. Ma gli ospedali pubblici lamentano già di non avere personale sufficiente. Ci sarà bisogno di intraprendenza e di medici coraggiosi. Alex Covaciu crede che si tratterà sempre di iniziative private, almeno in questa prima fase.
Le carovane non possono compensare la mancanza di medici di base, ma possono alleviare quella di specialisti. Covaciu immagina un sistema in cui il medico di base è in contatto con le cliniche private o gli ospedali e può fare richiesta di un presidio itinerante. Ma questa idea presuppone collaborazione, cosa che si verifica di rado in Romania.
In un mondo ideale progetti come la Carovana non dovrebbero esistere. Al momento, però, i romeni hanno urgente bisogno di medici che conoscano le persone e i gruppi più vulnerabili e sappiano arrangiarsi. Con un po’ di fortuna riusciranno a instillare una sensibilità diversa nelle nuove generazioni di studenti di medicina. E forse la palla di neve fatta rotolare dai ragazzi e dalle ragazze della carovana diventerà impossibile da fermare.◆mt
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Questo articolo è uscito sul numero 1510 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati