Se pensiamo alla Via Lattea, l’aggettivo “delicata” non è sicuramente il primo che ci viene in mente. Eppure quando Mariangela Lisanti ha cominciato ad armeggiare con la ricetta della nostra galassia, ha scoperto quando sia sorprendentemente fragile.

Lisanti, fisica delle particelle dell’università di Princeton, negli Stati Uniti, stava simulando cosa succederebbe se la materia oscura, la sostanza misteriosa che si pensa rappresenti circa l’80 per cento di tutta la materia dell’universo, fosse più complicata di quanto ritengano normalmente i ricercatori. Ha sostituito una piccola quantità di materia oscura con qualcosa di più complesso. “Pensavamo che aggiungendone appena il 5 per cento non sarebbe cambiato molto”, racconta. “Invece abbiamo rotto la galassia”.

Il rilevatore di materia oscura XENONnT, nei Laboratori nazionali del Gran Sasso (Enrico Sacchetti)

Ci sono ottime ragioni per fare questi esperimenti. Fin dagli anni ottanta i rilevamenti astronomici suggeriscono che la materia oscura sia costituita da un unico tipo di particella che si muove lentamente e non interagisce con se stessa. I fisici delle particelle hanno fatto di tutto per individuarla, ma dopo decenni è ancora introvabile, forse perché la materia oscura non è affatto come la immaginiamo.

Di recente una serie di anomalie galattiche ha spinto gli scienziati a cercare delle alternative. Questa nuova materia oscura definita “complessa” potrebbe essere semplice come le particelle subatomiche che si respingono a vicenda o complicata come le famiglie di particelle oscure che formano gli atomi, le stelle e le galassie oscuri. Le possibilità sono innumerevoli.

Ora, però, le osservazioni delle anomalie nella nostra galassia promettono finalmente di aiutarci a restringere il campo. E con l’attivazione di nuovi telescopi, potremmo essere vicini a scoprire la vera natura di questa sostanza misteriosa.

Tutto ciò che sappiamo sul cosmo e su come è diventato quello che è oggi dipende dalla materia oscura, un concetto che ha attirato per la prima volta l’attenzione degli astronomi negli anni trenta del novecento. All’epoca l’astronomo Fritz Zwic­ky dimostrò che per tenere insieme gli ammassi di galassie serviva una quantità di materia maggiore rispetto a quella a noi visibile. La teoria si consolidò negli anni settanta, quando Vera Rubin provò che le singole galassie ruotano così velocemente che dovrebbero disgregarsi se non ci fosse qualche tipo di materia invisibile che funziona come un collante gravitazionale. Poi, negli anni ottanta, il cosmologo Jim Peebles suggerì che la materia oscura fosse una massa inerte di particelle ancora sconosciute.

La teoria di Peebles sulla materia oscura si è rivelata straordinariamente solida, al punto che oggi è alla base della nostra comprensione dell’intero universo. Il migliore modello cosmologico della formazione dell’universo, chiamato lambda-Cdm, ipotizza che il cosmo sia composto da tre elementi: la materia ordinaria, una “energia oscura” ancora non identificata e la materia oscura fredda. L’aggettivo “fredda” sta a significare che questa materia si muove lentamente e non interagisce con nessuna forza a parte la gravità. Questa ipotesi sulla materia oscura concorda con le osservazioni dell’universo su scala più vasta, perciò è stata considerata valida finora.

Ma ci sono alcuni problemi. Il più ovvio è che finora non è stata trovata traccia di particelle che rispettino questa descrizione. A lungo si è ipotizzato che la materia oscura fosse composta da particelle supersimmetriche, corrispondenti a quelle che formano la materia normale. Il fotino, compagno supersimmetrico del fotone ordinario, sembrava il candidato perfetto per la materia oscura fredda. Ma il Large hadron collider, l’acceleratore del Cern di Ginevra che avrebbe dovuto produrre particelle supersimmetriche in abbondanza, non ne ha trovata neanche una.

Aloni fantasma

Più recentemente, un’esame attento della struttura dell’universo ha fornito nuovi motivi per dubitare della materia oscura fredda. I modelli del cosmo basati su di essa funzionano sulla scala più vasta, ma se prendiamo in considerazione le singole galassie qualcosa non torna: alcune bizzarre caratteristiche sembrano suggerire che la materia oscura fredda non basti a far quadrare i conti.

Prendiamo il problema dei satelliti mancanti. Si pensa che ad attirare una quantità di materia normale sufficiente a innescare la formazione di stelle e galassie siano state delle grandi nubi di materia oscura. Di conseguenza, ogni galassia dovrebbe essere circondata e permeata da una sfera di materia oscura, chiamata alone. Ma le teorie sulla materia oscura fredda presuppongono che anziché essere uniforme, ogni alone dovrebbe essersi diviso in molti aloni più piccoli, ognuno dei quali dovrebbe aver attirato altra materia per formare galassie nane che orbitano come satelliti intorno alla galassia centrale. Nella nostra galassia, questi sub-aloni conterrebbero le circa sessanta galassie nane che ruotano intorno alla Via Lattea. Ma dovrebbero esserci centinaia di sub-aloni, e dunque di galassie nane. Invece non le vediamo.

È possibile che solo gli aloni più grandi attirino abbastanza materia da formare una galassia satellite. “Questo spiegherebbe perché non vediamo molte galassie satellite”, sottolinea Mike Boylan-Kolchin, teorico della formazione delle galassie dell’università del Texas ad Austin, negli Stati Uniti. Se fosse così, però, ci sarebbero comunque moltissimi sub-aloni intorno a noi. Ma, di nuovo, non riusciamo a individuarli.

Esiste un altro modo per individuare questi oggetti e salvare la teoria della materia oscura fredda, e cioè attraverso la loro influenza sugli oggetti vicini. Gli astronomi si sono concentrati sulle correnti stellari, ex ammassi di stelle o piccole galassie che la nostra galassia ha cannibalizzato. I dati raccolti dal satellite Gaia dell’Agenzia spaziale europea dimostrano che la Via Lattea ha catturato diverse correnti stellari. Se qualcosa dovesse attraversarle, come un sub-alone oscuro, le altererebbe e così noi potremmo notare la sua presenza.

Secondo il modello della materia oscura esisterebbero sub-aloni di ogni dimensione. Significa che dovrebbero esserci molte palle di cannone invisibili che volano attraverso la Via Lattea alterando le correnti stellari. Ma sono state trovate pochissime prove di queste interazioni. Nel 2018 uno studio ha scoperto che la corrente stellare Gd-1 presentava dei vuoti, come se fosse stata colpita diverse volte. “Ma è un caso unico”, ammette Lisanti. Quindi i dubbi restano.

Il problema della cuspide

Di recente un aspetto ancora più misterioso legato agli aloni, noto come il problema della cuspide, ha sollevato altri interrogativi. In base alla nostra interpretazione della materia oscura fredda, le simulazioni indicano che gli aloni dovrebbero diventare più densi verso il centro della galassia. “Più ti avvicini al centro e maggiore dovrebbe essere la concentrazione di materia oscura”, spiega Boylan-Kolchin. Eppure, quando gli astronomi osservano il movimento delle galassie, influenzato dalla gravità della materia oscura, non trovano niente di simile. Al contrario, la materia oscura sembra distribuita equamente in tutta la nostra galassia.

Le stelle oscure potrebbero formare una galassia oscura invisibile

Di conseguenza alcuni si sono rivolti a modelli della materia oscura più complicati, che prevedono diversi tipi di particelle e nuove forze, un insieme di teorie conosciuto come materia oscura complessa.

Le possibilità sono molte. Alcuni modelli comprendono un miscuglio di materia oscura fredda e calda (ovvero particelle che si muovono più rapidamente). Altri ipotizzano che la materia oscura interagisca con se stessa, decada o si annichilisca.Nella teoria della materia oscura fredda, le particelle interagiscono solo attraverso la gravità, ma in questi nuovi modelli sono possibili interazioni diverse. Le particelle di materia oscura che si muovono rapidamente da altre aree dell’alone potrebbero scontrarsi con quelle lente che si accumulano nel nucleo, conferendogli maggiore energia. Questo potrebbe permettergli di distribuirsi più liberamente, creando i nuclei a densità costante che conosciamo.

Perciò Lisanti e i suoi collaboratori hanno variato la ricetta della formazione delle galassie, sviluppando simulazioni al computer basate su cosa sappiamo dell’evoluzione dell’universo ma modificando il comportamento della materia oscura per vedere che succede. E non sono gli unici. Mark Vogelsberger del Massachusetts institute of technology e Alyson Brooks dell’università Rutger del New Jersey, negli Stati Uniti, stanno facendo esperimenti simili, mettendo alla prova le diverse combinazioni tra forze e particelle di materia oscura per trovare la ricetta ideale che produca galassie come quelle osservate.

Il problema è che esistono già così tante ipotesi sulla materia oscura complessa che ci vorrebbe troppo tempo per testarle tutte. Invece Lisanti e i suoi colleghi prendono in considerazione caratteristiche o proprietà – come il modo in cui la materia oscura interagisce con se stessa e decade o la possibilità che le sue particelle occupino lo stesso spazio fisico – e creano modelli di particelle con l’attributo che vogliono testare, solo per verificare se cambia il comportamento della materia oscura.

È stato durante un esperimento di questo tipo che Lisanti e i suoi colleghi hanno scoperto che trasformando appena il 5 per cento della materia oscura fredda in varietà più complicate la formazione della Via Lattea risultava impossibile.

L’abbondanza di dati provenienti da nuovi modelli sulla materia oscura complessa è un’arma a doppio taglio. Quando gli scienziati di Princeton e i loro colleghi hanno permesso alle particelle di perdere energia, hanno scoperto un nuovo universo di possibilità. “La materia oscura collasserebbe e non abbiamo idea di quali strutture formerebbe in questo caso”, spiega Lisanti.

È qui che entrano in gioco i fisici delle particelle. David Curtin, dell’università di Toronto, in Canada, ha sviluppato un’altra forma di supersimmetria che ipotizza di dividere tutta la materia in due insiemi di particelle corrispondenti, ognuno con le sue forze. Vuol dire che le particelle gemelle non possono interagire con le loro “cugine” convenzionali se non attraverso la gravità, ma possono interagire tra loro.

Tracce leggibili

Questo significa immaginare un complesso regno in cui varie particelle di materia oscura sarebbero capaci di unirsi per formare atomi oscuri e molto altro. Curtin parla di “materia oscura atomica”. “È simile alla nostra materia: si raffredda, collassa, forma dischi e stelle oscure”, spiega. Dato che questo genere di materia oscura si comporterebbe grosso modo come la materia normale, le stelle oscure potrebbero formare una galassia oscura invisibile sovrapposta alla nostra Via Lattea.

È un concetto strano, ma una galassia invisibile avrebbe un’impronta unica che i futuri telescopi potrebbero rilevare. Se Curtin ha ragione, le stelle oscure avrebbero formato una struttura galattica a disco che piegherebbe la luce in un processo chiamato microlente gravitazionale, aumentando temporaneamente la luminosità delle stelle sullo sfondo. “Se trovassimo un segnale simile sarebbe un indicatore molto forte della materia oscura atomica”, dice Curtin. Nel 2022 lui e i suoi colleghi hanno provato che l’osservatorio Vera C. Rubin, in Cile, potrebbe riuscirci quando sarà attivato l’anno prossimo.

Molti astronomi, come Boylan Kolchin, pensano che sia ancora presto per dire addio alla materia oscura fredda. Un’alternativa è che la materia normale si comporti in modi che non riusciamo a capire. Oggi gli astronomi si concentrano sulla gravità, ma se potessimo modellare meglio la termodinamica forse registreremmo comportamenti più complessi.

Lisanti e i suoi colleghi continueranno a fare simulazioni per verificare se nel nostro universo può esistere materia oscura complessa. Per il momento sembra che non possa rimpiazzare del tutto quella fredda. Il fatto che basti allontanarsi così poco dai modelli attuali per mandare in crisi la galassia indica che la formula, in generale, funziona. Forse la chiave per perfezionarla non è sostituire un ingrediente, ma aggiungere solo un po’ di condimento. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1562 di Internazionale, a pagina 58. Compra questo numero | Abbonati