Siamo nel piccolo comune di Hausleiten, in Bassa Austria. Dalla collina lo sguardo scivola sul minuscolo villaggio di Voitsau, e sui prati circostanti. Se laggiù i terreni coltivati appaiono verdi, beige e marroni, qui tra i nostri piedi è tutto un fiorire rosa, giallo, lilla e blu. “In questo ettaro di terra trovi un centinaio di specie vegetali diverse”, dice Karin Böhmer. Indica nella fitta vegetazione il timo limone e la piantaggine comune, la prunella a fiori grandi e la meravigliosa orchidea a foglie larghe, una specie spontanea. Forse non avevo mai visto un prato così colorato.

“La fortuna è che questo terreno è troppo ripido per essere coltivato, così qui non sono mai stati usati fertilizzanti”, spiega la donna, 59 anni. È il motivo per cui l’area ha mantenuto la sua biodiversità ed è il luogo di lavoro ideale per Böhmer, che abita qui vicino e da più di trentasette anni raccoglie e rivende i semi dei fiori selvatici in tutta l’Austria.

Karin Böhmers a Voitsau, in Austria, luglio 2024 (Süddeutsche Zeitung)

Più volte alla settimana l’esperta agronoma cammina con le sue colleghe per prati, boschi e lungo i fiumi per raccogliere semi. È un lavoro duro, perché da aprile a novembre ne tirano su tonnellate, con il caldo e con il freddo, non solo ad Hausleiten, ma in diverse località della Bassa Austria, della Stiria, della Carinzia e del Burgenland. Per la raccolta si legano una cintura intorno alla vita e c’infilano delle federe vuote che riempiono di fiori diversi, possibilmente divisi per varietà. I fiori di campo vengono poi essiccati e puliti nella soffitta di Böhmer, dopo si vendono i semi.

L’annata comincia con la speronella, seguita dall’anemone, e termina con la verbena, il cardo d’argento e il garofano dei certosini. Ma il lavoro è faticoso e va fatto a mano: si attraversa il prato passando dalle piante con gli steli più alti fino a quelle più basse, che affiorano appena dal terreno; si sta con la schiena curva, in ginocchio o accovacciate a seconda della pendenza. Qui a Hausleiten, per esempio, è difficile stare in piedi. “In certi campi è impossibile”, dice Böhmer. Soprattutto quando c’è molto da raccogliere in una volta sola. O quando bisogna aguzzare la vista, come con il fiordaliso dei pascoli.

“Con questo fiore tutto si gioca in qualche ora sotto il caldo torrido”, spiega Astrid Dengscherz, con cui Böhmer lavora da trent’anni. La pianta è “crudele” perché dopo che tutti i semi sono caduti dal calice si richiude di nuovo, senza mostrare alcun segno all’esterno. “È un classico errore da principiante”, dice Dengscherz ridendo, “torni a casa orgogliosa con un sacco di fiori per poi accorgerti che dentro non c’è un bel niente”.

La raccolta si fa con le mani e con la testa: le donne cercano sempre di memorizzare l’immagine esatta del prato che stanno passando in rassegna per poter poi comporre miscele di semi che siano il più fedeli possibile alla natura. “Di cento specie presenti in un prato, ognuna ha un suo ruolo specifico nell’insieme”, spiega Böhmer, che ha mani forti. Le erbe selvatiche sono la base, a cui se ne aggiungono tante aromatiche e infine le specie particolari, come le orchidee.

La salute dei paesaggi

Proprio questa biodiversità, però, sta scomparendo dai prati europei, come dimostrano diversi studi. In molte aree è drammaticamente mutata, e tante specie oggi sono diventate rare. La responsabilità non è solo della crisi climatica, ma anche dell’uso intensivo di fertilizzanti agricoli. In questo contesto si considerano fiori selvatici quelli che non sono stati modificati tramite la selezione genetica.

“Tutti gli ecosistemi sono legati alla salute dei paesaggi: per questo serve un certo grado di diversità”, dice Böhmer, che in questa giornata estiva si è rifugiata nella sua cucina alle prime avvisaglie di pioggia. In certi luoghi l’hanno capito. Da alcuni anni è più frequente ammirare magnifici prati fioriti: lungo le principali arterie stradali e al centro delle rotatorie, al posto dei giardini ghiaiosi o lungo i fossi di drenaggio, tra i parcheggi, accanto ai binari ferroviari, nelle grandi città e nelle zone rurali. L’obiettivo è di arginare gli effetti delle inondazioni permettendo all’acqua di penetrare nelle aree verdi in base al principio della “città spugna”, che sfrutta la capacità delle piante di assorbire grandi quantità d’acqua.

Il verde aiuta anche a raffreddare le città. È difficile però che le amministrazioni locali apprezzino i fiori di campo, spiega Böhmer. Non resistono alle pressioni dei residenti che si lamentano delle “erbacce” spontanee, e così scelgono trucioli di legno e piante tappezzanti.

Nel 1986, quando Böhmer ancora studiava agraria a Vienna, le chiesero di creare un prato fiorito accanto a una strada appena aperta. Ma all’epoca la scelta di fiori era limitata. Avrebbe voluto metterci le piante che crescevano lì prima della strada, eppure in tutta l’Europa centrale non riuscì a trovare i semi. Poco dopo si trasferì a Voitsau e notò i prati pieni di fiori della zona. “Raccogliete i semi e vendeteli”, suggerì a diversi agricoltori. “Però nessuno aveva più voglia di fare lavori manuali”, racconta. Così pensò di farlo lei.

Oggi, tra terreni comprati e affittati, gestisce dodici ettari nel Waldviertel e va a raccogliere semi anche nel Wachau, nel parco nazionale Kalkalpen, nella zona di Vienna e al confine con la Slovacchia. Ogni stagione la aiutano dieci o dodici persone. Per la raccolta ha bisogno del permesso dei proprietari dei terreni e, per le specie protette, anche di quello delle autorità. In teoria le piante dovrebbero essere raccolte gradualmente, quindi sarebbe consigliabile tornare più volte invece di “saccheggiare” un prato in un’unica spedizione. Le leggi austriache inoltre vietano di raccogliere le specie protette.

Semi in soffitta

Karin Böhmer sale la stretta scala a chiocciola che conduce alla soffitta dove d’inverno le piante vengono pulite a mano. Ci sono tonnellate di semi conservati in scatole o in vecchie federe che nei prossimi mesi dovranno essere estratti dalle teste dei fiori, sempre che non arrivino prima i topi. La resa varia molto a seconda della pianta. Böhmer ha in testa un catalogo di più di duemila specie e spesso siede davanti a un seme con libri di botanica e lente d’ingrandimento per scoprire di cosa si tratta.

Chi è interessato può acquistare miscele di semi già pronte rispondendo a una serie di domande sulla regione e sull’altitudine dell’area in cui desidera piantarli, sul tipo di terreno e sul suo colore. Dopotutto l’obiettivo è mantenere ogni ambiente il più naturale possibile. Per questo lei non spedisce i semi in Germania: “Lì gli ecosistemi sono diversi”.

I clienti sono vari quasi quanto le piante: a volte bisogna far fiorire un giardino di venti metri quadrati, altre volte seminare ettari su cui sono installati impianti fotovoltaici. Ma c’è anche una signora anziana che ogni anno ricompra le margherite semplicemente perché le adora. Grandi clienti come il gruppo di supermercati Billa o le amministrazioni comunali come quella di Krems usano le miscele Böhmer lungo i fossi di drenaggio e nei parcheggi. Il costo per una superficie di cento metri quadrati con più di cento specie diverse è di ottanta euro.

Basta spargere un po’ i semi e il gioco è fatto? In realtà non è così semplice. “Il terreno dev’essere preparato bene e diserbato”, spiega. Molte piante selvatiche hanno bisogno del freddo, per questo il periodo migliore per la semina va da settembre a Pasqua. Ma la cosa che nel giardinaggio davvero non può mancare è la pazienza. “Le piante selvatiche non hanno una germinazione e una crescita rapida come quelle coltivate. A certe specie occorrono alcuni anni prima di fiorire”.

Nel pomeriggio, quando smette di piovere, Böhmer e Dengscherz guidano di nuovo lungo strette strade sterrate fino a un prato di quattro ettari che hanno affittato. Come i prati di Hausleiten, anche questa palude non è mai stata coltivata, ma nella parte superiore della proprietà non cresce nulla di utile, a differenza della parte bassa. Il motivo? Il contadino del campo accanto usa i concimi. Quando piove, i fertilizzanti colano nel loro prato. “Così abbiamo perso quasi un ettaro di biodiversità”, conclude Böhmer. Il botrichio lunaria, per esempio, è scomparso, anche oltre il loro prato. “Trent’anni fa c’era ancora. E perderemo anche la genzianella boema”. Karin Böhmer, però, non si scoraggia. “Quando ho in mano un seme, penso sempre a quanti fiori ne potranno scaturire”. E a volte, anche dopo 37 anni di lavoro, si stupisce ancora. “Quest’anno abbiamo trovato per la prima volta la gattaia glabra”. ◆ nv

Biografia

1965 Nasce nel piccolo comune di Hausleiten, in Bassa Austria.
1987 Comincia a raccogliere a mano i semi dei fiori e a rivenderli in varie città austriache.
1994 Dopo aver lavorato da sola, comincia a farsi aiutare nella raccolta da altre donne.
2024 Tra terreni comprati e affittati, arriva a gestire dodici ettari e raccoglie semi in varie zone dell’Austria.


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Questo articolo è uscito sul numero 1587 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati