Non è stato raggiunto un accordo internazionale sulla plastica. C’era da aspettarselo, visto che in gioco ci sono gli interessi del settore del gas e del petrolio, che fornisce la materia prima, e quelli dell’industria chimica. Durante l’ultima sessione di negoziati delle Nazioni Unite a Busan, in Corea del Sud, sono emerse le spaccature già rivelate nella conferenza sul clima Cop 29 in Azerbaigian. Da un lato ci sono molti paesi in via di sviluppo e comunità indigene che denunciano spiagge e fiumi pieni di spazzatura. Dall’altro, i paesi che con le riserve di gas e petrolio finanziano la ricchezza delle élite o magari una guerra contro uno stato vicino. A boicottare qualsiasi soluzione che rischia di danneggiare questo modello economico sono soprattutto l’Arabia Saudita e la Russia. E a gennaio negli Stati Uniti salirà al potere Trump, che in campagna elettorale ha ricevuto finanziamenti dall’industria petrolifera.
Gli stati ostruzionisti ripetono che il problema non è la plastica in sé, ma l’inquinamento che ne deriva e che si combatte potenziando il riciclo. Ma questa è una soluzione apparente: neanche la Germania, eccellenza globale nel settore dello smaltimento dei rifiuti, è in grado di smaltire la plastica riciclandola. La maggior parte viene ancora incenerita anche nelle discariche tedesche.
Nonostante gli enormi profitti derivanti dalla plastica, il fatto che si discuta di come limitarne la produzione mondiale rivela l’enormità del problema. Ogni mese milioni di tonnellate finiscono nell’ambiente, spesso in mare. E la tendenza è in crescita. La plastica non si decompone, ma si frantuma in pezzi così piccoli che il vento li sparpaglia ovunque. I ricercatori hanno trovato minuscole particelle di plastica nel cervello di persone morte.
In Corea del Sud, però, della salute si è parlato troppo poco. Per evitare di finire sommersa dalla plastica insieme all’ambiente in cui vive, l’umanità deve per forza regolamentarne la produzione. L’Unione europea ha cominciato a farlo quasi timidamente, ritirando dalla circolazione le posate usa e getta e le cannucce in plastica.
I rappresentanti dei paesi riuniti a Busan hanno stabilito che i negoziati proseguiranno l’anno prossimo. L’ideale sarebbe che i più di cento paesi disposti a fare da apripista procedano in autonomia, approvando regole efficaci e puntando sul fatto che prima o poi gli altri dovranno rassegnarsi a seguirli. ◆ sk
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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati