Chi entra in Polonia varcando illegalmente il confine con la Bielorussia non potrà più chiedere asilo. È questo il senso delle recenti dichiarazioni del primo ministro polacco Donald Tusk, che il 12 ottobre ha annunciato la sospensione “temporanea e locale” del diritto internazionale, provvedimento che vorrebbe vedere riconosciuto anche dall’Unione europea.
Tusk ha presentato la proposta durante una conferenza del suo partito, Coalizione civica (Ko), come parte di un piano per proteggere il paese dall’immigrazione incontrollata. Più di questo, però, conta il gesto in sé. E il fatto che venga proprio da Tusk (acerrimo rivale del precedente governo sovranista, guidato dal partito nazionalista e xenofobo Diritto e giustizia, Pis). Alla frontiera orientale della Polonia la situazione è oggettivamente difficile dal 2021. Per vendicarsi delle sanzioni imposte a Minsk dopo la brutale repressione delle proteste innescate dai brogli alle elezioni del 2020, il dittatore bielorusso Aleksandr Lukašenko ha cominciato a far arrivare da paesi africani e asiatici persone interessate a emigrare nell’Unione europea. L’esercito bielorusso prima le aiuta a raggiungere il confine polacco, poi le spinge a varcarlo. Questa strategia, che abusa della vita dei migranti, è senza rischi per Lukašenko ed è in atto ancora oggi. Con numeri sempre maggiori.
Varsavia non sa cosa fare. Il governo del Pis, in carica fino all’ottobre 2023, aveva militarizzato la frontiera, mostrando indifferenza e disprezzo per la vita dei migranti. Per questo era stato criticato al livello interno e internazionale. In quei giorni molti speravano che con un nuovo governo le cose sarebbero state diverse.
Ma in realtà non è cambiato molto. Quello che è diverso è il modo, forse più umano, in cui Tusk parla dei migranti che, mossi dal desiderio di una vita migliore, diventano strumenti in mano ai due dittatori dell’Europa orientale, Lukašenko e il leader russo Vladimir Putin. Ma l’impotenza di fronte al problema è sempre la stessa. Dopo la morte di una guardia di frontiera polacca, accoltellata lo scorso giugno da alcuni migranti, Tusk ha perfino allentato le regole sull’uso delle armi da fuoco. Se fosse stato il governo precedente a fare una cosa del genere, ci sarebbero state polemiche a non finire.
Viaggi e percorsi
La Polonia si trova all’incrocio tra gli interessi di due soggetti diversi: i dittatori di Russia e Bielorussia, che vogliono danneggiare Varsavia, e chi cerca di entrare in Europa. Ai primi non importa nulla delle pratiche burocratiche oltreconfine. Anzi, tanto meglio se la polizia polacca spara sui migranti. E non gl’importa nemmeno se le persone di cui si servono riescono o meno a ottenere asilo.
Al riguardo, va aggiunto che in pochi chiedono asilo in Polonia: la destinazione più richiesta è la Germania. Il che ci porta agli interessi di chi fugge o emigra dal proprio paese. L’esperienza dice che nulla può fermare chi è in cerca di una vita migliore per sé o la propria famiglia. È sbagliata l’idea secondo cui più è complicato il percorso, meno persone partiranno. È vero, invece, che più il viaggio è duro, più persone moriranno. E per quanto le foreste dell’Europa orientale siano inospitali e pericolose, non saranno mai terribili come il Mediterraneo. Il viaggio attraverso Mosca e Minsk è un prezzo accettabile da pagare, quando ci sono persone che trascorrono anni in schiavitù in Libia prima di arrivare in Europa. Difficilmente la sospensione del diritto di asilo potrà essere un deterrente efficace.
La mossa di Tusk, quindi, sembra solo un gesto dimostrativo diretto agli elettori polacchi. Può essere un modo per dirgli che un governo liberale non si limita a ripetere che la legge va rispettata, senza prendere altre iniziative. O forse Tusk è convinto che la sua reputazione in Europa gli permetta di dire cose che i suoi predecessori non avrebbero potuto dire. Oppure vuole mostrare al resto dell’Unione la frustrazione dei paesi che si trovano alle frontiere meridionali e orientali della zona Schengen.
L’unica cosa certa è che quello che sta succedendo non migliorerà la situazione al confine orientale della Polonia. ◆ ab
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Questo articolo è uscito sul numero 1587 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati