Con la pandemia i prezzi degli immobili sono lievitati in quasi tutte le economie avanzate. È il più forte rialzo degli ultimi vent’anni, e gli economisti sono preoccupati per le potenziali minacce alla stabilità finanziaria. Nel primo trimestre del 2021 solo tre dei quaranta paesi osservati dall’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (Ocse) hanno registrato un calo in termini reali (cioè tenendo conto dell’inflazione) dei prezzi degli immobili.
Nel breve periodo l’aumento del costo delle case può essere “un bene per l’economia, perché chi è già proprietario si sente più ricco e spende di più per effetto della rivalutazione del suo patrimonio”, osserva Claudio Borio, responsabile del dipartimento monetario ed economico della Banca per i regolamenti internazionali (Bri), l’organizzazione con sede in Svizzera che raggruppa le banche centrali. Nel lungo periodo però, aggiunge Borio, potrebbe trasformarsi in un boom insostenibile che rischia di far arretrare l’economia, in particolare se fosse accompagnato da una forte espansione del credito.
Accelerazione
Nel primo trimestre del 2021, caratterizzato da un rimbalzo generalizzato dell’economia dopo la recessione dell’anno scorso, il tasso di crescita annuale dei prezzi degli immobili nei paesi dell’Ocse ha raggiunto il 9,4 per cento, la variazione più alta dal 1991. Deniz Igan, del dipartimento di ricerca del Fondo monetario internazionale (Fmi), parla di “un forte rialzo dei prezzi nell’ultimo anno in quasi tutte le regioni dell’emisfero settentrionale”.
E i dati dei singoli paesi indicano la stessa tendenza anche nel secondo trimestre: ad aprile negli Stati Uniti il tasso di crescita dei prezzi delle case è stato il più alto da quasi trent’anni; l’aumento è continuato anche nel Regno Unito, in Corea del Sud, in Nuova Zelanda, in Canada e in Turchia. Alcuni paesi stanno mostrando sintomi di “febbre immobiliare”, sostiene Enrique Martínez-García, economista della Federal reserve (Fed, la banca centrale statunitense) di Dallas. Il fenomeno, spiega, va attribuito alle misure di stimolo economico dei governi e agli interventi delle banche centrali durante la pandemia.
Secondo gli esperti, la tendenza è alimentata da tre fattori. Innanzitutto, “condizioni finanziarie estremamente favorevoli”, con tassi d’interesse ai minimi storici, hanno contribuito a un rialzo insolitamente rapido dei prezzi delle case in un periodo di scarsa attività economica, dice Borio.
Il basso costo del denaro ha reso l’acquisto di una casa più conveniente rispetto all’affitto e ad altri investimenti. Inoltre, molte famiglie, soprattutto quelle più ricche, hanno accumulato risparmi dall’inizio della pandemia, quando il lockdown ha ridotto le spese di chi aveva un posto di lavoro garantito. “Buona parte di questo reddito aggiuntivo è finito sul mercato immobiliare”, dice Martínez-García. Infine, dopo tanti giorni passati a casa durante il lockdown, molte persone hanno deciso di spostarsi in case più grandi e in luoghi più tranquilli, contribuendo alla saturazione di un mercato immobiliare già sommerso dalla domanda delle famiglie che avevano posticipato il trasloco a causa della pandemia.
Questa situazione è stata “amplificata dalla mancanza di alloggi e dall’aumento dei costi dell’edilizia”, spiega Mathias Pleissner, economista dell’agenzia di rating Scope Ratings. Le scorte del settore edilizio si sono ridotte per la pressione sulle forniture, e il costo di materiali come acciaio, legname e rame è aumentato rapidamente. Secondo Brett House, viceeconomista capo della canadese Scotiabank, “lo squilibrio strutturale tra la domanda e l’offerta è destinato a impennarsi” nei prossimi mesi.
Proprietà sopravvalutate
I prezzi medi degli immobili in tutti i paesi dell’Ocse stanno salendo più velocemente dei redditi (e anche degli affitti), e questo rende le case meno accessibili. Adam Slater, economista capo della società di analisi Oxford Economics, sottolinea che le proprietà immobiliari nelle economie avanzate sono sopravvalutate di circa il 10 per cento rispetto alla tendenza di lungo periodo. Questo fa dell’attuale boom uno dei più significativi dal 1900, dice, anche se non è paragonabile alla bolla che anticipò la crisi finanziaria del 2008.
Slater aggiunge però che alcuni elementi alla base del rialzo dei prezzi sono temporanei, per esempio gli incentivi fiscali dei governi e le difficoltà delle forniture internazionali causate dai ritardi nei porti. L’aumento del credito è più basso rispetto ai livelli precedenti alla crisi del 2008, segno di “un rischio minore di crollo”, spiega Slater.
La crescita dei mutui è stata sostenuta soprattutto da soggetti finanziariamente solidi, e in quasi tutti i paesi avanzati le famiglie sono meno indebitate rispetto a prima del 2008, perciò ci sono meno rischi che la situazione evolva allo stesso modo, con un’ondata di fallimenti e svendite, sostiene Igan, dell’Fmi.
Senza contare che c’è una differenza sostanziale con il 2008: le banche centrali sono rimaste scottate dal precedente crollo del mercato immobiliare e oggi sono più attente.
La Reserve bank of New Zealand, la banca centrale neozelandese, ha inserito i prezzi degli immobili tra gli obiettivi del suo mandato e la Banca centrale europea (Bce) ha chiesto all’ufficio di statistica dell’Unione d’includere i prezzi delle case nel calcolo dell’inflazione. Aditya Bjave, economista della Bank of America, sostiene che le autorità politiche e finanziarie in tutto il mondo “oggi sono ben consapevoli dei rischi legati alle politiche immobiliari”.
Rispetto al 2008, aggiunge, questo “riduce significativamente le probabilità di effetti negativi”. ◆ fsa
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Questo articolo è uscito sul numero 1428 di Internazionale, a pagina 54. Compra questo numero | Abbonati