La camera approva due articoli della legge sulla diffamazione
La camera ha approvato gli articoli 2 e 3 del disegno di legge sulla diffamazione.
L’articolo 2 modifica il codice penale con una norma che fa riferimento alla responsabilità del direttore o vicedirettore responsabile, che risponde a titolo di colpa dei delitti commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione se il delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta di un terzo e non si applica la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista.
Lo stesso articolo disciplina anche le pene per il reato di ingiuria, attualmente punito con la pena della reclusione fino a sei mesi o della multa fino a 516 euro. La riforma elimina la pena della reclusione, sanzionando l’ingiuria – anche quando commessa per via telematica – con la multa fino a un massimo di cinquemila euro. La pena è aumentata fino alla metà quando l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato ovvero sia commessa in presenza di più persone.
Come per la diffamazione a mezzo stampa e l’ingiuria, l’attribuzione di un fatto determinato costituisce un’aggravante, punita con la multa fino a 15mila euro (oggi questa fattispecie è sanzionata con la reclusione fino a due anni o la multa fino a euro 2.065).
Un’ulteriore aggravante si applica quando il fatto è commesso con un qualsiasi mezzo di pubblicità, in atto pubblico o in via telematica.
Le misure a tutela della persona diffamata, introdotte dal senato all’articolo 3, sono state soppresse dalla commissione giustizia. La disposizione riconosceva alla persona offesa il diritto di ottenere l’eliminazione dai siti e dai motori di ricerca dei contenuti diffamatori e dei dati personali trattati in violazione di legge.
L’articolo 3 disciplina anche i casi di querela temeraria, in caso di sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso. Il giudice può irrogare al querelante una sanzione da 1.000 a 10.000 euro in caso di querela, da versare alla cassa delle ammende.