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Almeno settanta vittime negli attacchi dei jihadisti nel nord del Sinai, in Egitto

Gli attacchi sono stati rivendicati dal gruppo Provincia del Sinai. Circa settanta jihadisti hanno attaccato simultaneamente cinque posti di blocco nel nord della penisola del Sinai e si sono scontrati con i soldati

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L’offensiva del gruppo Stato islamico in Egitto

Bombardamenti dell’esercito israeliano nel nord del Sinai, al confine con Israele il 1 luglio.

L’esercito egiziano continuerà l’offensiva nella penisola del Sinai, dopo che negli scontri con le milizie jihadiste legate allo Stato islamico sono morte almeno cento persone. Lo rivelano fonti militari, spiegando che il conflitto continuerà fino a quando tutte le “concentrazioni terroristiche” nel paese non saranno sconfitte.

Ieri un gruppo jihadista affiliato allo Stato islamico ha attaccato simultaneamente diversi posti di blocco dell’esercito egiziano vicino a Sheikh Zuweid e a Rafah, nel nordest del paese. I miliziani, secondo quanto riportato da alcuni testimoni, hanno attaccato la stazione di polizia di Sheikh Zuweid con colpi di mortaio e armi da guerra, mentre diverse autobombe colpivano cinque posti di blocco nelle vicinanze. L’esercito del Cairo ha risposto con una serie di raid con aerei F-16 ed elicotteri Apache, bombardando le postazioni dei miliziani nel nordest della provincia del Sinai. I bombardamenti, secondo la Bbc, sono continuati fino alle prime ore dell’alba di giovedì. Il bilancio delle vittime, secondo fonti dell’esercito, è di almeno cento morti, soprattutto miliziani, e 17 morti tra le forze di sicurezza egiziane. Ma secondo fonti locali i morti sarebbero molti di più, in entrambe gli schieramenti.

Ieri, inoltre, in un blitz delle forze di sicurezza egiziane nella zona ovest del Cairo sono morte nove persone, tra cui Nasr al Hafi, ex deputato dei Fratelli musulmani. Tutte le vittime erano vicine all’organizzazione islamica, dichiarata fuori legge in Egitto dal settembre del 2013. I Fratelli musulmani, in un comunicato, hanno descritto il raid della polizia egiziana come un “omicidio a sangue freddo” di diversi leader dell’organizzazione, facendo appello al popolo egiziano e chiedendo di ribellarsi contro il governo del presidente Abdel Fattah al Sisi.

Gli scontri tra jihadisti e le forze di sicurezza egiziane nella provincia del Sinai, in corso dal 2013, hanno causato centinaia di morti. Tarek Masoud, professore di relazioni internazionali all’università di Harvard, in un’intervista all’emittente Al Jazeera, ha dichiarato: “Sembra che i ribelli siano davvero in grado di mantenere il controllo di ampie parti di territorio e minacciare l’esercito in modo serio. La situazione è molto preoccupante”.

In un comunicato diramato ieri, un portavoce dell’esercito egiziano ha spiegato che la situazione nel Sinai è “sotto controllo al cento per cento” e che le milizie jihadiste si sono ritirate da Sheikh Zuweid.

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