Lo show di Donald Trump e altre cose successe nel dibattito tra i repubblicani
La stampa e gli analisti statunitensi non hanno dubbi: quello andato in onda su Fox News dalle 21 di ieri (le 3 del mattino in Italia) è stato il “Donald Trump show”. Anche senza convincere sui contenuti politici, grazie alla capacità di presentarsi come l’uomo nuovo di questa tornata elettorale, l’imprenditore miliardario ha dominato il confronto televisivo tra dieci (dei diciassette) candidati alla nomination repubblicana per la Casa Bianca, in vista delle elezioni del novembre 2016.
Trump si è confermato il candidato più sincero, in grado di rompere gli schemi, anche sfidando i fischi e i boati della platea dell’arena di Cleveland come quando, unico tra i contendenti, si è rifiutato di prendere l’impegno a non candidarsi come indipendente se non sarà lui il leader scelto dal partito conservatore.
La minaccia. È stato infatti l’unico ad alzare la mano, quando è stato chiesto da un moderatore se qualcuno del gruppo non fosse pronto a dare il suo sostegno a chiunque vinca la nomination del partito. “Voglio vincere da repubblicano. Voglio correre da candidato repubblicano” ha dichiarato l’imprenditore che, incalzato, ha aggiunto di non essere disposto a prendersi l’impegno a non candidarsi come indipendente. Una prospettiva, quest’ultima, che preoccupa molto il partito, perché potrebbe rappresentare un aiuto indiretto ai democratici come successe con la candidatura del miliardario Ross Perot nel 1992, che fece perdere il candidato repubblicano Bob Dole a favore di Bill Clinton.
Trump non esclude di candidarsi da indipendente.
Più in generale, si è parlato poco di economia, tanto di politica estera e di temi sociali (dall’immigrazione all’aborto, fino alla riforma sanitaria). È stato criticato l’operato di Barack Obama e i candidati hanno sottolineato come una vittoria di Hillary Clinton potrebbe solo peggiorare la situazione. È stata proprio Clinton la più nominata nel dibattito, tanto da far azzardare a diversi osservatori il paradosso che sia stata proprio lei, candidata alla nomination democratica, la vera vincitrice del dibattito sulla Fox.
Il fattore Rubio. Tra gli inseguitori di Trump, si sono distinti l’ex governatore della Florida Jeb Bush, l’attuale governatore dell’Ohio – lo stato che ha ospitato il dibattito – John Kasich e, soprattutto, il giovane senatore della Florida Marco Rubio. Quest’ultimo è stato uno dei pochi ad aver preso di petto Hillary Clinton, oltre a presentarsi come l’unico che, anche per motivi anagrafici, sa interpretare correttamente i cambiamenti in atto nell’economia statunitense e nel mercato del lavoro. “Se sarò il vostro candidato, come potrà Hillary Clinton mettersi a darmi lezioni su chi vive a carico dei contribuenti? Sono cresciuto a suon di sussidi. Come potrà darmi lezioni sui prestiti per gli studenti? Fino a quattro anni fa avevo un debito con lo stato per i miei studi di 100mila dollari” ha raccontato il candidato cubano americano di Miami, 44 anni.
Il duello Christie-Paul sull’Nsa. Il governatore del New Jersey Chris Christie e il senatore Rand Paul si sono scontrati sul programma di sorveglianza dell’agenzie statunitense Nsa: per il primo è uno strumento fondamentale, per il secondo, candidato ultraliberista e libertario, un grande errore. Christie ha ripercorso la sua esperienza da magistrato impegnato nella lotta al terrorismo, citando le vittime dell’11 settembre come elemento a favore dei controlli. “Vorrei raccogliere più dati di terroristi ma meno dati di americani innocenti” ha risposto Paul, dicendosi fiero delle sue posizioni. “Continuerò a difendere il Bill of rights” ha aggiunto. “Questa è una risposta totalmente ridicola!” ha chiosato Christie, scatenando un confronto a due molto acceso.
Il confronto tra Chris Christie e Rand Paul sull’Nsa.
Il favorito Jeb Bush. L’ex governatore della Florida ha tentato di tenere testa a Trump, anche se un po’ sottotono. Ha definito il linguaggio dell’imprenditore “mirato a dividere, alla stregua di quelli usati da Obama e Hillary Clinton”, mentre io “voglio essere il presidente di tutti”, ha continuato. “Non vinceremo facendo quello che Barack Obama e Hillary Clinton fanno tutti i giorni. Dividere il paese. Alimentando un clima di offese. Vinceremo quando avremo unito le persone con un messaggio ottimista e di speranza” ha detto Bush, che in un altro passaggio ha definito “un errore” la guerra in Iraq scatenata dagli Stati Uniti nel 2003 quando il fratello George W. Bush era presidente. “Non saremmo dovuti andare in guerra” ha detto l’ex governatore della Florida che, grazie alle sue posizioni moderate, è ritenuto l’unico candidato alla nomination repubblicana davvero in grado di contrastare una possibile candidatura di Clinton.
Gli altri. Tra le sorprese della serata c’è stato John Kasich, che ha dato prova di solide capacità oratorie e posizioni politiche definite. Il governatore ha puntato molto sulla sua esperienza alla guida del’Ohio sottolineando le vittorie sul piano fiscale e le politiche in favore dei poveri. Tra i promossi il New York Times e la Cnn citano anche il governatore del Wisconsin Scott Walker che ha difeso, come molti partecipanti, le sue posizioni antiabortiste e ha vantato tre vittorie consecutive in uno stato tradizionalmente democratico. Tra i contrari all’aborto e ai matrimoni gay anche l’ex neurochirurgo Ben Carson – che ha ricordato di essere “l’unico candidato in grado di separare dei gemelli siamesi” – e l’ex governatore dell’Arkansas Mike Huckabee, pastore evangelico che ha attaccato anche l’apertura ai gay e ai transessuali nell’esercito (”Non credo possano svolgere bene questo lavoro”).
Il Trump show. L’immobiliarista miliardario, sceso in campo sette settimane fa, ha rotto gli schemi del fair play. “L’America è fissata col politicamente corretto, ma io non ho tempo per queste cose: ci sono cose più importanti da fare” ha detto. Una dei tre conduttori della Fox, Megyn Kelly, lo aveva appena incalzato sulle sue sortite sulle donne. “Lei ha definito le donne che non le piacciono “grasse scrofe”, “cagne”, “donnacce” e “animali disgustosi”“, ha fatto notare la conduttrice al miliardario, ricordandogli, tra l’altro, quella volta in cui disse che gli sarebbe piaciuto vedere in ginocchio la concorrente di un talent show che conduce.
“Le sembra il comportamento di un uomo che dovrebbe essere eletto presidente?”, ha chiesto Kelly. “Non ho tempo per il politicamente corretto e non ce l’ha nemmeno questo paese. Non vinciamo più. Vinciamo con la Cina. Vinciamo con il Messico, sia nel commercio sia nel controllo dei confini. Perdiamo contro chiunque. E francamente quello che dico, e spesso è divertente, ci divertiamo, quello che dico, dico. E in tutta onestà, Megyn, se non le piace peggio per lei. Sono stato molto gentile con lei, anche se non per il modo in cui mi ha trattato finora”.
Donald Trump sulle donne e sul politicamente corretto.
I numeri. Nonostante queste risposte ruvide, che gli costeranno le antipatie dell’elettorato femminile, Trump è stato il vincitore assoluto sui social media. È stato il più discusso su Facebook e ha guadagnato oltre 22mila follower su Twitter (superato i 3,5 milioni di follower) mentre gli altri candidati ne hanno guadagnati una media di 5.900. Dei 19 passaggi del dibattito in cui i candidati hanno menzionato o si sono rivolti direttamente a un avversario, undici hanno riguardato in qualche modo l’immobiliarista milardario.