La polizia australiana usa i gas lacrimogeni per interrompere la rivolta a Christmas island
Il ministero australiano dell’immigrazione ha confermato che la rivolta in un centro di detenzione per migranti sulla Christmas island si è conclusa, dopo che la polizia ha fatto irruzione usando i gas lacrimogeni. I disordini nell’edificio, che oltre ai migranti ospita anche criminali stranieri accusati dai tribunali australiani, erano cominciati l’8 novembre dopo la morte di Fazel Chegeni, un migrante curdo iraniano che il giorno precedente aveva cercato di scappare dal centro. Il suo corpo era stato trovato ai piedi di una scogliera, in circostanze ancora non del tutto chiarite.
Il ministro Peter Dutton ha dichiarato che cinque detenuti sono rimasti feriti, ma non ha confermato né smentito l’uso di proiettili di gomma contro i migranti. Il ministero ha ammesso che gli agenti hanno usato “la forza” contro alcuni detenuti che avevano eretto delle barricate e minacciato di usare armi contro gli agenti. Adesso la struttura è “completamente sotto controllo”, hanno aggiunto le forze dell’ordine.
Secondo la polizia la responsabilità dei disordini è da attribuire a “criminali che hanno occupato il centro”, che avrebbero aizzato di proposito la rivolta dei migranti.
Christmas island, che dal 2006 ospita uno dei centri di detenzione per migranti irregolari e richiedenti asilo in Australia, si trova circa 2.650 chilometri a nordovest di Perth. La struttura è gestita dalla multinazionale Serco.
Il ministro dell’immigrazione Peter Dutton ha dichiarato che 113 delle 199 persone detenute nel centro hanno condanne penali, incluse rapina a mano armata, aggressione, violenza sui minori e spaccio di droga. Tra di loro, fa notare la Bbc, ci sono anche quaranta cittadini neozelandesi accusati di vari crimini dai tribunali australiani.
Una politica controversa. La Pacific solution, la riforma sull’immigrazione introdotta tra il 2001 e il 2007 e modificata nel 2013 dal premier Tony Abbott, prevede l’uso della marina militare per respingere le imbarcazioni in arrivo dal sudest asiatico (in genere dall’Indonesia con a bordo soprattutto afgani, siriani, iraniani, iracheni e rohingya in fuga dalla Birmania) e dirottarli verso le isole di Nauru e Manu, in Papua Nuova Guinea, e su Christmas island.
Su queste isole il governo australiano ha costruito centri di detenzione gestiti dalla multinazionale Serco e ospitati dai governi locali in cambio di aiuti allo sviluppo. Da tempo ci sono proteste contro questi centri per il trattamento riservato ai migranti. L’associazione Human rights watch a luglio ha definito la Pacific solution “un disastro”.
Parte della stampa australiana è molto critica nei confronti delle politiche migratorie del governo. “Perché un profugo che in passato ha subito traumi e torture è stato messo in carcere a Christmas island? Questa è la prima delle innumerevoli domande sollevate dalla morte misteriosa e tragica di Fazel Chegeni”, scrive Michael Gordon sul Sydney Morning Herald. “Un’inchiesta dovrebbe far luce sul perché persone vulnerabili come Chegeni, arrivato sull’isola cinque anni fa, sia stato messo in prigione insieme a dei criminali in attesa di estradizione”, aggiunge Gordon.