Il Marocco fa un passo verso l’Unione africana
Il Marocco intensifica i suoi sforzi di integrazione. O meglio, di reintegrazione. In un messaggio al presidente del Ciad Idriss Déby, attualmente capo dell’assemblea dell’Unione africana (Ua), il re Mohamed VI ha chiesto che il suo paese riprenda il suo “posto naturale” nell’organizzazione, dopo 32 anni di separazione.
Il re ha esortato l’Ua – che è formata da 54 paesi– a correggere un “errore storico” e ad adottare un atteggiamento di “costruttiva neutralità” sulla delicata questione del Sahara occidentale, che lo oppone alla Repubblica araba democratica dei sahrawi, lo stato autoproclamato nel 1976 dal Fronte Polisario, un movimento armato sostenuto dall’Algeria.
Nel 1984 Rabat aveva deciso di uscire dall’Ua perché l’unione aveva accettato al suo interno la Repubblica araba democratica dei sahrawi. “Il riconoscimento di un pseudo-stato era stata dura da accettare per i marocchini”, ha scritto il re, evocando una “decisione dolorosa” presa per “evitare la divisione dell’Africa”.
Un appuntamento con la storia
Oggi il Marocco cerca di riallacciare i rapporti con l’Unione africana, anche se non evita di formulare un giudizio duro: “Per quanto a lungo l’organizzazione continuerà a non ascoltare la posizione ufficiale dei suoi membri, visto che almeno 34 paesi non riconoscono ufficialmente lo stato dei sahrawi?”.
L’eventuale ritorno del Marocco offre prospettive interessanti, ma allo stesso tempo richiede un cambiamento nel regno, sostiene il sito Yabiladi. Da una parte, Rabat dovrà creare una struttura in grado di sostenere le sue ambizioni africane, dall’altra dovrà tollerare la presenza dei sahrawi, dei loro simboli e dei loro rappresentanti.
Se l’agenzia di stampa governativa marocchina Map si rallegra di un “appuntamento con la storia”, dall’Algeria arrivano delle critiche. Il quotidiano L’Expression ironizza titolando “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, mentre il sito Tout sur l’Algérie parla di “una sconfitta politica e diplomatica” per il Marocco, che metterà in campo “tutte le sue armi politiche e le sue lobby per uscire dall’isolamento”.