Come è andata la manifestazione delle donne a Roma
Centomila persone hanno partecipato il 26 novembre a Roma alla manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne. La manifestazione è stata indetta dalla piattaforma Non una di meno, a cui hanno aderito diverse associazioni come Di.Re, Udi, Io decido e i centri antiviolenza. Secondo le organizzatrici, alla manifestazione hanno invece partecipato 200mila persone, che hanno sfilato da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni, nel pomeriggio di sabato. In un comunicato le organizzatrici hanno denunciato di essere state ignorate dai mezzi d’informazione e in particolare dalle televisioni che non hanno riportato la notizia nei telegiornali della sera. Afferma il comunicato:
Nelle edizioni della sera i maggiori telegiornali hanno fatto scomparire la notizia. Il Tg1, che appena il 25 novembre condannava la violenza sulle donne, ieri sera ha intervistato solo la ministra Boschi e poi, come per caso, è stata data la notizia che migliaia di donne avevano sfilato a Roma per dire no alla violenza. Rai2 ha mostrato un papà con un bambino sullo sfondo del Colosseo e della manifestazione, sembrava una festa per famiglie. La7 non si è accorta di niente.
Le parole della manifestazione. Vecchie e nuove parole d’ordine sono emerse durante il corteo, a cui hanno partecipato donne e uomini di tutte le età e di diverse provenienze. “Non una di meno” è lo slogan principale mutuato dai movimenti femministi argentini impegnati nella denuncia della violenza domestica contro le donne che sfocia nel paese sudamericano in numerosi episodi di omicidio di donne da parte di compagni, fidanzati, mariti e familiari. “Le strade libere le fanno le donne che le attraversano”, era un altro degli slogan. “Il corpo è mio e decido io”, “La rivoluzione sarà femminista”, “Il violento non è un malato, è il figlio sano del patriarcato”, “Nessuna è libera finché tutte non sono libere”, “Siamo le nipoti delle streghe che non siete riusciti a bruciare” gli altri slogan della manifestazione.
Violenze sessuali e fisiche, soprusi, discriminazioni di ogni tipo, disuguaglianza economica e sociale, scarsa rappresentanza, taglio dei fondi ai consultori e ai centri antiviolenza, restrizioni concrete all’attuazione della legge sull’interruzione di gravidanza: sono le questioni denunciate dalle manifestanti e dai manifestanti che hanno chiesto politiche di uguaglianza, la difesa della libertà e dell’autodeterminazione femminile, la denuncia di ogni discriminazione, il superamento degli stereotipi e il rilancio di centri antiviolenza e dei consultori.
Le proposte politiche dell’assemblea delle donne. Il 27 novembre, il giorno successivo al corteo, le associazioni hanno organizzato dei tavoli tematici all’università La Sapienza di Roma in cui si è discusso di un piano femminista nazionale per definire il percorso politico cominciato con la manifestazione e le proposte politiche concrete intorno alle quali organizzarsi. I tavoli tecnici hanno elaborato alcune linee guida intorno a dei temi specifici: piano legislativo e giuridico; lavoro e welfare; educazione alle differenze, all’affettività e alla sessualità; femminismo migrante; sessismo nei movimenti, sessismo nei mezzi d’informazione; diritto alla salute sessuale e riproduttiva; percorsi di fuoriuscita dalla violenza. È possibile vedere il video delle conclusioni dell’assemblea qui.
Sciopero delle donne l’8 marzo 2017. “Se le nostre vite non valgono non produciamo”: l’assemblea femminista riunita nel tavolo tecnico sulle disuguaglianze e discriminazioni sul lavoro e nel welfare ha deciso di appropriarsi dello slogan dei movimenti femministi argentini e proclamare una giornata di sciopero generale delle donne l’8 marzo 2017. Aumento della disoccupazione femminile, disparità salariale e nelle possibilità di carriera, negazione sostanziale del diritto alla maternità, mobbing, molestie e violenze sul posto di lavoro: questi gli elementi emersi dall’analisi della situazione attuale nel paese per quanto riguarda il lavoro femminile. Un’altra proposta è stata quella di un reddito minimo per le donne che non lavorano, per aiutarle a emanciparsi dalla dipendenza economica che spesso impedisce alle donne di fuggire da situazioni di violenza. Altri temi sono stati l’accesso universale all’interruzione volontaria di gravidanza, l’estensione dell’uso della pillola Ru486 a 63 giorni, il sostegno finanziario ai consultori come pratica dell’idea di salute e di benessere, la lotta all’obiezione di coscienza tra i ginecologi. L’assemblea ha auspicato il ricorso a decisioni attraverso il consenso e non il ricorso alla maggioranza, l’uso del femminile nei discorsi, la diffusione della pratica dell’autodifesa e dell’autoformazione, l’educazione alla sessualità libera dalla cisessualità e dall’eterosessualità.