Il postmodernismo di Picabia
1. Francis Picabia
Moma, New York, fino al 19 marzo 2017
Un’elegante retrospettiva dedicata all’artista Francis Picabia, intitolata “Le nostre teste sono tonde così i nostri pensieri possono cambiare direzione”, sottolinea come questo artista antiaccademico abbia adottato in anticipo quasi tutti i criteri del postmodernismo. Lo scanzonato nichilista francese ha cosparso la prima metà del ventesimo secolo di un’estetica equivalente ai cuscinetti gonfiabili che fanno il rumore di un peto. Come pittore, poeta, grafico, editore e scenografo ha padroneggiato e preso in giro gli stili canonici con particolare enfasi sul dadaismo, di cui è stato coprotagonista con Marcel Duchamp. Ha sostenuto e dimostrato, con dipinti realisti spesso tratti da foto porno, che “uno spirito libero si prende delle libertà con la libertà stessa”. Dimenticati per decenni, forse per la loro agghiacciante somiglianza ai nudi eroici approvati dal nazismo, i nudi di Picabia negli anni ottanta sono diventati talismani del neoespressionismo. I suoi estimatori rimanevano sconvolti dalla cinica, triviale, sincera insincerità dei suoi primi lavori. Nel 1907 Picabia ha sposato l’avanguardia passando da un falso fauvismo a un ibrido cubismo, poi qualche pennellata astratta fino ad approdare al dada con una breve militanza surrealista. La leggerezza con cui ha consumato stili e correnti è stata un’anomalia. Questa mostra suggerisce che il modernismo è stato solo la base d’accompagnamento della one man band di Francis Picabia. The New Yorker
2. Doris Salcedo
The materiality of mourning
Harvard art museums, Cambridge, Massachusetts, fino al 9 aprile 2017
Una piccola ma importante mostra dell’artista colombiana che riflette sul tema del lutto. Le prime opere che vediamo sono una serie di sculture ricavate da vecchi tavoli e armadi di legno. Alcuni sono ribaltati, le loro cavità sono piene di calcestruzzo, inutilizzabili. Chiude la mostra una coperta di petali di rosa e filo drappeggiata sul pavimento. I petali hanno il colore del sangue coagulato. Sono stati trattati chimicamente per rimanere sospesi tra la carnosità della vita e la decomposizione. E lo spettatore è sospeso tra poesia e metafora. I mobili sono involucri privati della loro funzionalità. La coperta avvolgeva un infermiere colombiano che è stato rapito, torturato e assassinato. The Boston Globe
3. Liu Bolin
Art hacker
Klein sun gallery, New York, fino al 23 dicembre
Liu Bolin è stato ribattezzato camaleonte umano perché si trucca e si confonde con i paesaggi reali: gli scaffali di un supermercato, le rovine urbane, scorci naturali. In questa nuova serie di scatti esposta alla galleria Klein sun, l’artista punta l’obiettivo sull’arte e sulla realtà digitale. Guernica e la Gioconda diventano sfondi per camuffare figure umane. In questa mostra Liu esamina la produzione di massa e la circolazione di informazioni nell’era digitale. In Livestream vest degli smartphone con le videocamere attivate sono applicati a un giubbotto di salvataggio per documentare cosa succede intorno all’artista mentre lo indossa. China Daily