Joseph Kabila non si dimette e nella Repubblica Democratica del Congo sale la tensione
Il 19 dicembre per la Repubblica Democratica del Congo (Rdc) era una giornata chiave perché scadeva ufficialmente il secondo mandato del presidente Joseph Kabila. Tuttavia Kabila continuerà a governare finché non sarà fissata una nuova data per le presidenziali, che probabilmente si terranno nell’aprile del 2018. Il mese scorso i cittadini congolesi avrebbero dovuto andare alle urne, ma la commissione elettorale ha annullato la consultazione denunciando difficoltà logistiche ed economiche nell’organizzazione del voto.
Kabila è salito al potere nel 2001 senza essere eletto, in seguito alla morte del padre: ha poi vinto le elezioni nel 2006 e nel 2011 e ora la costituzione non gli permette di candidarsi per un terzo mandato. Ora in molti lo stanno accusando di voler restare al potere per un periodo indefinito. Alcuni diplomatici hanno esortato Kabila a lasciare la presidenza soprattutto per evitare una nuova crisi politica e una possibile guerra civile. Secondo un’inchiesta di Bloomberg Businessweek, il presidente non vuole lasciare il potere per non rinunciare a un incarico che ha permesso a lui e alla sua famiglia di controllare le principali ricchezze del paese: dall’estrazione di minerali all’allevamento alla costruzione di strade e di infrastrutture.
Si teme una nuova guerra civile
Il leader dell’opposizione Étienne Tshisekedi ha invitato i cittadini congolesi, tramite un video postato su YouTube, a resistere in modo pacifico a un “colpo di stato”. Da due giorni, le autorità hanno bloccato la maggior parte dei social network per impedire l’organizzazione di manifestazioni più grandi, ma questo ha provocato la rabbia deglioppositori di Kabila. È dal 1960, anno in cui l’Rdc ha ottenuto l’indipendenza dal Belgio, che ogni avvicendamento al potere causa reazioni violente tra la popolazione.
In molti temono che nei prossimi giorni queste manifestazioni si intensifichino, creando una instabilità ancora maggiore. Le potenze occidentali temono addirittura che possa ripetersi ciò che avvenne durante i conflitti andati avanti tra il 1996, anno in cui il dittatore Mobutu Sésé Seko fu spodestato, e il 2003. In quegli anni furono uccise oltre cinque milioni di persone e migliaia di donne furono violentate dai ribelli e dai militari.
Continuano le proteste in varie città
Appena si è saputo che Kabila non si sarebbe dimesso, nel paese sono scoppiate le proteste, soprattutto nelle città principali, dove il clima sta diventando sempre più teso e gli scontri stanno assumendo toni sempre più violenti.
A Kinshasa, la capitale dell’Rdc, non ci sono state manifestazioni di massa solo a causa della presenza massiccia delle forze dell’ordine. Tuttavia ci sono stati molti episodi di violenza sparsi per la città e, secondo le Nazioni Unite, circa venti civili sono stati uccisi in scontri con la polizia. Secondo alcuni testimoni, degli studenti universitari hanno incendiato pneumatici e altri oggetti per strada e molti di loro sono stati arrestati. Nel distretto di Kingabwa, due persone sono rimaste uccise durante gli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine, nella notte tra lunedì e martedì. A Lubumbashi il 20 dicembre sono stati avvertiti degli spari e a Goma, nella parte orientale del paese, decine di manifestanti sono stati arrestati.
Anche in Sudafrica sono scoppiate proteste. A Pretoria, presso l’ambasciata dell’Rdc, si sono riuniti più di cento manifestanti armati di pietre e altri oggetti, urlando “Kabila deve andarsene”. A Città del Capo più di duecento persone si sono raccolte nel centro della città. La polizia ha aperto il fuoco sulla folla per disperderla.