Nello Yemen la situazione umanitaria è sempre più grave
Nonostante nel paese è in corso da due anni una guerra civile, lo Yemen è finito nella lista nera dell’amministrazione Trump. In base all’ordine esecutivo firmato il 27 gennaio dal presidente statunitense, i cittadini yemeniti – così come gli iracheni, gli iraniani, i libici, i somali, i sudanesi e i siriani – per novanta giorni non potranno chiedere il visto per gli Stati Uniti. Nel 2016 i visti rilasciati a yemeniti erano stati quasi 13mila.
Allo stesso tempo, il 29 gennaio, lo Yemen è stato il primo paese dove Trump ha autorizzato un raid delle forze speciali. L’operazione, in cui sono stati usati droni, elicotteri e missili, si è svolta nello Yemen centrale, nella provincia di Al Baida. Secondo l’esercito statunitense, sono stati uccisi 14 jihadisti di Al Qaeda nella penisola araba (Aqap), tra cui uno dei leader, Abdulrauf al Zahab. È morto anche un soldato statunitense e altri tre sono rimasti feriti. Secondo fonti yemenite citate dall’Afp, l’attacco ha causato almeno 57 vittime, tra cui 16 civili, compresi donne e bambini.
Il giorno successivo altri due presunti militanti di Al Qaeda sono morti in un attacco con i droni a Beihan, nella provincia di Shabwa, sempre nello Yemen centrale. Gli Stati Uniti sono gli unici nella regione a disporre di droni in grado di colpire obiettivi nello Yemen e considerano Aqap come una delle ramificazioni più pericolose di Al Qaeda. Secondo la Reuters, le forze statunitensi non compivano operazioni antiterrorismo nello Yemen dal dicembre del 2014, pochi mesi prima che scoppiasse la guerra civile. Il conflitto ha reso il paese ancora più instabile e ha permesso ai jihadisti di guadagnare terreno.
Un paese diviso
Dal 2015 lo Yemen è teatro di violenti combattimenti tra i ribelli sciiti houthi, originari del nord, che hanno cercato di allontanare con un colpo di stato il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi, sostenuto dall’Arabia Saudita. Dal marzo del 2015 una coalizione di paesi arabi guidati da Riyadh è intervenuta a sostegno di Hadi, bombardando obiettivi in territorio yemenita. Alcuni di questi raid sono stati presi in esame dalle Nazioni Unite perché costituirebbero dei crimini di guerra, in quanto diretti contro obiettivi illegittimi.
Gli houthi, che sono sostenuti dall’Iran, controllano la parte settentrionale, compresa la capitale Sanaa e il principale aeroporto del paese, mentre il governo di Hadi controlla la parte meridionale e orientale del paese, tra cui l’importante città portuale di Aden.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, più di 7.400 persone sono morte e quasi 40mila sono rimaste ferite nel conflitto yemenita. Secondo altre fonti, come Jamie McGoldrick dell’ufficio del coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite, i morti sarebbero già più di diecimila. Solo il 29 gennaio più di cento persone sono morte in ventiquattr’ore di violenti combattimenti tra forze governative e ribelli houthi per il controllo delle zone costiere sul mar Rosso. Lo hanno riferito fonti ospedaliere e di sicurezza, precisando che almeno 90 ribelli sono stati portati nella città di Hodeida, mentre i corpi di 19 soldati sono stati trasferiti ad Aden.
Senza cibo
La guerra ha aggravato la crisi alimentare nello Yemen, un paese che anche in condizioni di pace faticava ad assicurare il necessario per sopravvivere ai suoi abitanti. Già prima della guerra lo Yemen importava il 90 per cento degli alimenti più comuni.
Ora la crisi potrebbe trasformarsi in carestia entro l’anno, ha avvertito il sottosegretario generale agli affari umanitari delle Nazioni Unite Stephen O’Brien: due milioni di persone hanno bisogno di urgenti aiuti alimentari, altri 14 milioni di yemeniti sono a rischio e la malnutrizione infantile è aumentata del 63 per cento nell’ultimo anno. Oggi più di due milioni di bambini sono gravemente malnutriti. All’origine dell’emergenza ci sono la povertà, il conflitto e l’embargo navale imposti dalla coalizione a guida saudita.
O’Brien ha invitato l’Arabia Saudita a rimuovere la no-fly zone che impone su parte dello Yemen e a permettere la riapertura dell’aeroporto di Sanaa, consentendo in questo modo ad almeno ventimila yemeniti di andare all’estero per essere curati. La metà degli ospedali nel paese non funziona perché è stata bombardata o non ci sono abbastanza soldi. Vedove, orfani, disabili e anziani non ricevono più aiuti dal governo, mentre 1,25 milioni di dipendenti pubblici non ricevono stipendi regolari.
Nonostante sia così grave, la crisi nello Yemen riceve poca attenzione all’estero rispetto a quelle dell’Iraq e della Siria. Forse perché, spiega Jamie McGoldrick, i suoi abitanti non sbarcano in massa sulle coste della Grecia e dell’Italia, e i giornalisti stranieri difficilmente riescono ad arrivare a Sanaa.