×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

Gli effetti delle politiche di Donald Trump sul diritto d’asilo

Una manifestazione a New York contro l’ordine restrittivo sull’immigrazione firmato da Donald Trump, l’11 febbraio 2017. (Shay Horse, NurPhoto/Getty Images)

Dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato l’ordine esecutivo sull’immigrazione il 27 gennaio, i mezzi d’informazione e gli analisti di tutto il mondo si sono concentrati soprattutto sul cosiddetto muslim ban, il divieto di entrare nel paese per i cittadini provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana, mentre un aspetto più trascurato è stato l’effetto delle nuove misure di Trump sul diritto d’asilo negli Stati Uniti. Nella sua prima settimana in carica, infatti, il presidente ha firmato tre ordini esecutivi sull’immigrazione: due il 25 gennaio e uno il 27 febbraio.

Un rapporto dell’Harvard law school, pubblicato l’8 febbraio, mette in luce proprio gli effetti che restringeranno l’accesso alla protezione internazionale per i richiedenti asilo nel paese, anche se il muslim ban per il momento è stato sospeso. Lo studio, che è stato redatto nelle ultime due settimane dagli studenti del progetto immigrazione dell’università statunitense, mette in guardia sulla possibilità di detenzione dei richiedenti asilo, sulla costruzione di nuovi centri alla frontiera per la detenzione amministrativa dei migranti e dei richiedenti asilo, sulla possibilità che i richiedenti asilo siano respinti senza che la loro richiesta sia valutata con una procedura regolare. Il rischio, secondo lo studio, è che i richiedenti asilo siano arrestati dai diversi funzionari locali, per il solo “sospetto” di aver violato le leggi degli Stati Uniti sull’immigrazione.

“Le nuove politiche di Trump consentono a qualsiasi funzionario o agente di polizia locale, non solo a quelli che hanno una precisa formazione, di trattenere delle persone sulla base di semplici sospetti, di arrestarle e di sottoporle a processi sommari e veloci”, ha spiegato Deborah Anker, capo del programma Immigration and refugee clinical program alla Harvard law school. “La maggior parte dei profughi non sarà messa nella condizione di esprimere tutti i propri timori legati al fatto di essere respinti nel proprio paese di origine”, ha detto Anker.

Attraversare la frontiera con il Canada
In seguito alla pubblicazione del rapporto, i giuristi di Harvard hanno scritto una lettera al primo ministro canadese Justin Trudeau e al ministro dell’immigrazione canadese Ahmed Hussen chiedendo loro di sospendere l’accordo bilaterale (Safe third country agreement, Stca) stipulato nel 2004 con gli Stati Uniti che impedisce a Ottawa di accogliere nel paese i richiedenti asilo che provengono dagli Stati Uniti. “Il rapporto della Harvard school mostra chiaramente che gli Stati Uniti non sono un paese sicuro per i richiedenti asilo”, ha detto Said Efrat Arbel, professore all’università della British Columbia.

“Per assicurare protezione ai rifugiati, il Canada deve sospendere l’Stca. È l’unico modo per garantire che la vita dei richiedenti asilo non sia messa in pericolo”. Non è un caso che nelle ultime settimane sia aumentato il numero dei richiedenti asilo che provano ad attraversare in maniera irregolare la frontiera tra Stati Uniti e Canada, mettendo a rischio le loro vite. Solo in Québec, nel 2016 più di mille richiedenti asilo hanno attraversato il confine con gli Stati Uniti in maniera illegale e sono stati arrestati dalla polizia di frontiera, il triplo dell’anno precedente. Il 5 febbraio 2017, 22 richiedenti asilo, tra cui due bambini, sono stati fermati dalla polizia mentre camminavano nella neve per attraversare la frontiera tra il North Dakota e la provincia canadese di Manitoba. Il confine tra i due stati è lungo 500 chilometri e nelle ultime tre settimane è stato attraversato da almeno 60 profughi, in gran parte di originari della Somalia, dell’Etiopia, del Ghana e di Gibuti.

pubblicità