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Opere da bruciare

L’edizione 2015 del festival AfrikaBurn. (Obie Oberholzer, Laif/Contrasto)

AfrikaBurn
afrikaburn.com
Ogni anno una città dell’arte viene creata e bruciata nel deserto del Sudafrica durante AfrikaBurn, la rassegna annuale che dal 2007 commissiona opere d’arte temporanee nel parco nazionale Tankwa Karoo, alcune delle quali alla fine dell’evento vengono date alle fiamme. Nel corso del festival si creano anche creati costumi elaborati e vanno in scena spettacoli di danza e performance. Nato sul modello del Burning Man festival che si svolge a Black Rock City, in Nevada, AfrikaBurn è diventato un appuntamento imperdibile che non punta solo sulla spettacolarità ma anche sulla qualità delle scelte artistiche. Attira turisti, curiosi e appassionati d’arte e quest’anno ha superato le 13mila presenze. Agust Helgason, un designer svedese, ha portato un enorme baobab di legno, una sintesi dell’albero della vita svedese e di quello sudafricano rimodellati in forma contemporanea. Krishnee Governor, appassionata di macchine, ha trasformato il suo veicolo in un pangolino, grazie a tanti pezzi di carta che richiamavano le squame. “La gente non sa che il pangolino è l’animale più contrabbandato del mondo”, ha spiegato l’artista, “e volevo sottolineare proprio questo”. Delle opere, scomparse in un grande rogo rituale, resta solo il ricordo, nell’attesa della prossima edizione. AfrikaBurn è il maggior festival d’arte del continente. Africanews

Geta Brătescu
The Studio: a tireless, ongoing space, Camden arts centre, Londra, fino al 18 giugno
Nata in Romania nel 1926, Geta Brătescu ha passato la maggior parte della vita sotto l’occupazione sovietica prima e sotto la dittatura di Nicolae Ceauşescu poi. Eppure ha creato un mondo libero tra le quattro pareti del suo piccolo studio di Bucarest. Evoca persone e luoghi immaginari usando i materiali più umili: cartacce, mozziconi di matita, terra e acqua. Su alcuni schizzi compaiono figure chimeriche accucciate o rampanti, che prendono il volo o si schiantano. Uno sgabello vestito con vecchi abiti diventa l’alter ego dell’artista, una coperta di feltro nero sospesa e circondata da bastoni rotti, la vittima sconosciuta di un pestaggio. La fotografia del suo passaporto è riflessa su fogli d’argento rilegati a fisarmonica. Gli occhi misteriosi dell’artista incollati a uno specchio, la sua effigie ripetuta sulla carta da parati. L’essenza dell’arte di Brătescu è qualcosa che proviene
dal nulla. The Observer

Guardare in basso
À pied d’œuvre(s), Le Monnaie de Paris, Parigi, fino al 9 luglio
À pied d’œuvre(s), ai piedi dell’opera, è una bella idea che spinge il visitatore verso un’arte lenta e meditativa. L’idea è una rassegna di opere orizzontali, tutte adagiate a terra. Si tratta di lavori delicati, realizzati con materiali improbabili e spesso molto cerebrali. Il più bello forse è Yarrow di Michel Blazy, una ghirlanda di rose di carta in cui ogni petalo è appoggiato a terra senza colla. La reazione del pubblico varia: o è estasiata o è infastidita. Le Figaro

Questa rubrica è stata pubblicata il 12 maggio 2017 a pagina 107 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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