×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

Gulliver

È il blog dell’Economist che si occupa di viaggi.

Altri 29 aggiornamenti

In aereo a chi appartiene lo spazio tra i sedili?

David Oxberry, Getty Images

Una volta a bordo, a chi appartengono quei circa dieci centimetri di spazio che abbiamo davanti alle ginocchia, visto che il passeggero seduto davanti può reclinare il sedile? Di solito si pensa che sia territorio della persona seduta di fronte. Dopo tutto, quel passeggero ha pagato per un sedile reclinabile e dovrebbe quindi avere diritto ad occupare lo spazio che c’è dietro. Se rimane in posizione verticale, concedendo con magnanimità quei centimetri extra alla persona seduta dietro, è perché ha la consapevolezza di poter comunque oltrepassare il confine quando vuole.

Ma, proprio come succede quando si tratta di confini, i conflitti sono inevitabili. Qualche volta il passeggero che è schiacciato dietro ingaggia una forma di guerriglia, per esempio puntando le ginocchia contro lo schienale del sedile di fronte, per assicurasi che per l’espansione territoriale si paghi il prezzo della scomodità. Talvolta si ricorre anche a delle armi. Il Knee defender (proteggi ginocchio), un congegno che si attacca allo schienale di fronte per bloccarlo, è vietato da molte compagnie aeree, ma questo non impedisce a passeggeri disperati di farne uso. Fin troppo spesso scoppia una vera guerra. Lo testimonia una lite scoppiata su un volo della Southwest Airlines diretto a Burbank, in California, dopo che un passeggero è stato accusato da un altro di “aver fatto casino con il suo sedile”.

Tali conflitti si potrebbero prevenire se questi dieci centimetri fossero messi all’asta? Questo è stato il punto di partenza di un esperimento pubblicato sul sito Evonomics, condotto da due professori di legge, Christopher Buccafusco e Christopher Jon Sprigman.

Diritti all’asta
Il loro obiettivo era scoprire se la soddisfazione di chi reclina il sedile è maggiore della sofferenza della persona seduta dietro. Per capirlo hanno provato a monetizzare l’esperienza: confrontare la cifra che il passeggero di fronte è disposto a pagare per il diritto di reclinare il sedile con quanto il passeggero seduto dietro è disposto a spendere per evitare che questo succeda.

In un sondaggio online i ricercatori hanno chiesto alle persone di immaginare di imbarcarsi su un volo di sei ore da New York a Los Angeles. Ai partecipanti è stato spiegato che la compagnia aerea aveva adottato una nuova politica che permetteva ai passeggeri di pagare una tariffa affinché coloro seduti davanti non reclinassero il loro sedile. Ad alcuni è stato poi chiesto quando avrebbero voluto ricevere dal passeggero seduto dietro per non reclinare il sedile, mentre ad altri è stato domandato di specificare quanto sarebbero stati disposti a pagare per vietare a quello seduto di fronte di reclinare il sedile.

È risultato che chi sedeva davanti voleva 41 dollari per restare in posizione verticale, mentre quelli seduti dietro erano disposti a pagare una media di 18 dollari. La proprietà dei dieci centimetri veniva ceduta solo nel 21 per cento dei casi. Il risultato suggerisce che pensiamo che quello spazio sia della persona di fronte.

Alle persone generalmente non piace perdere cose che già posseggono

Ma le cose non sono così chiare. Secondo la teoria di Ronald Coase, che ha vinto il premio Nobel per l’economia nel 1991, lo spazio tra i sedili di un aereo è una risorsa limitata. Non dovrebbe quindi importare chi è il proprietario iniziale (posto che non ci sono ostacoli alla realizzazione di un accordo). Ci penserà il mercato: chi darà maggior valore allo spazio, lo comprerà dall’altro (in questo caso la spesa ricadrà su chi sta dietro).

Ma secondo il professore “quando abbiamo cambiato la situazione di partenza – ovvero quando abbiamo istituito la regola per cui il diritto a reclinare il sedile non era più automatico, ma andava negoziato – allora il suo valore è cambiato all’improvviso. I reclinanti erano adesso disposti a pagare circa 12 dollari, mentre quelli dietro non cedevano lo spazio per le loro ginocchia a meno di 39 dollari. I reclinanti avrebbero finito con pagare il diritto a piegarsi solo il 28 per cento delle volte – lo stesso diritto a cui avevano dato molto più valore nella condizione precedente”.

Nel mondo di Coease, questo non ha molto senso. Ma ce l’ha quando se consideriamo il lavoro di Daniel Kahneman, forse il più famoso studioso del comportamento economico. Kahneman ha dimostrato ripetutamente che la proprietà è rilevante quando si conclude un accordo.

Come ribadiscono Buccafusco e Sprigman: “Alle persone generalmente non piace perdere cose che già posseggono. Quando una risorsa viene data automaticamente – anche qualcosa di poco valore come una penna – le persone tendono a non volere separarsene. Di conseguenza, la cifra che sono disposti ad accettare per rinunciarvi è spesso molto più alta del prezzo che sarebbero disposti a pagare per comprare lo stesso oggetto”.

Tutto ciò ci lascia un po’ nei guai rispetto a come meglio evitare un conflitto futuro. Forse la soluzione migliore a questa particolare disputa di confine sta nel creare una zona smilitarizzata: le compagnie aeree dovrebbero semplicemente installare sedili non reclinabili.

(Traduzione di Virginia Pietromarchi)

Questo articolo è stato pubblicato nel blog Gulliver dell’Economist.

pubblicità