Le elezioni commentate dalla stampa europea
Dal 23 al 26 maggio si sono svolte le elezioni per il rinnovo del parlamento europeo. A livello continentale, il tasso di partecipazione elettorale ha superato il 50 per cento, un valore in crescita rispetto al 2014 e, soprattutto, il più alto da vent’anni a questa parte. Ci sono stati però importanti differenze a livello nazionale. In alcuni paesi – come Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Germania, Malta e Spagna – la partecipazione ha superato il 60 per cento. In altri – come Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia – il tasso è stato inferiore al 30 per cento.
I risultati parziali indicano la seguente distribuzione di seggi tra gli attuali gruppi politici al parlamento europeo: Partito popolare europeo 179, Socialisti e democratici al parlamento europeo 150, Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa 107, Verdi/Alleanza libera europea 70, Conservatori e riformisti europei 58, Europa delle nazioni e della libertà 58, Europa della libertà e della democrazia diretta 56, Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica 38, Non iscritti 7, altro 28.
Ecco i principali commenti al voto della stampa europea.
È tempo che l’Europa mostri cos’è in grado di fare
Die Zeit, Germania
Nel suo editoriale Ulrich Ladurner scrive che i nuovi rapporti di forza interni al parlamento europeo parlano chiaro: “I verdi si sono rafforzati, i socialdemocratici sono ridimensionati, i cristianodemocratici sono indeboliti, mentre la destra radicale migliora il proprio risultato”. In generale, l’Unione esce spaccata dal voto: “In due grandi paesi europei” – Italia e Francia – “i partiti populisti di destra sono il primo partito”. Quale è ora, dunque, la priorità per l’Unione? “Riconquistare questi voti”. Per farlo, deve dimostrare che la “globalizzazione non porta alla distruzione della classe media”, che “si può essere competitivi a livello economico, senza diventare anti sociali”, che si può mettere al centro della politica il tema “della giustizia fiscale” e del “cambiamento climatico” e che il fenomeno migratorio “può essere guidato”.
La democrazia europea è viva
El País, Spagna
Secondo Lluís Bassets, al di là della direzione del voto, l’affluenza alle urne dimostra che l’Europa “interessa” e “smuove le persone”. Il risultato è ancor più importante se si pensa al contesto di “pessimismo e incertezza riguardo il futuro dell’Unione” e il “divorzio” con il Regno Unito. Oltre all’aumento dei seggi per i populisti di destra, Bassets sottolinea “l’incremento del voto giovane ed ecologista”. Una conseguenza di queste dinamiche è “la frammentazione nel parlamento europeo”. Politicamente, la tornata elettorale “castiga il presidente francese, Emmanuel Macron”, mentre premia leader come Matteo Salvini. E ora? “La domanda è se la presenza di un ‘europeismo anti-europeo’ all’interno delle istituzioni creerà nuovi inventivi o freni” al processo di integrazione.
Le sei lezioni del voto europeo
Libération, Francia
Per Jean Quatremer, corrispondente di Libération a Bruxelles, sono sei gli elementi che caratterizzano il risultato del voto europeo. Al di là dell’affluenza, anche Quatremer analizza la frammentazione del nuovo parlamento: da un lato, si assiste “alla fine del duopolio tra popolari e socialisti”; dall’altro, il gruppo dei liberali assume il ruolo di “cerniera”. È “inaspettato” invece, il risultato dei verdi a livello continentale, trainato “dai paesi occidentali come Belgio, Francia, Irlanda e Germania”. Diversa invece, la lettura del fenomeno populista: “Il risultato impressionante della Lega di Matteo Salvini, non cambia il dato di fondo: la spinta eurofoba e euroscettica è stata contenuta, se non addirittura fermata, contrariamente a molte previsioni”.
Un nuovo punto di gravità centrista
The Guardian, Regno Unito
Martin Farrer, dà molto peso alla nuova piattaforma di partiti europeisti: “I quattro gruppi politici che rappresentano il baricento dell’area pro-Ue” – popolari, socialdemocratici, liberali e verdi – “hanno perso meno di venti seggi, ottenendone 505 su un totale di 751”. Il merito va soprattutto ai partiti del gruppo dei liberali (Alde) e a Emmanuel Macron, il quale, “nonostante sia arrivato dietro a Marine Le Pen”, è riuscito a “soppiantare, ancora una volta, sia i gollisti di vecchio stampo sia i partiti sociali”. Anche la crescita del partito liberaldemocratico britannico – arrivato secondo nel Regno Unito, dietro al Brexit party di Nigel Farage – “ha contribuito al risultato”.
Un terremoto politico
Ekathimerini, Grecia
In Grecia, il partito di sinistra al governo, Syriza, è arrivato secondo, dietro al partito di centrodestra Nuova democrazia. Il primo ministro, Alexis Tsipras, ha indicato la strada per elezioni anticipate nel paese. Per questo motivo, Nikos Konstandaras descrive il risultato del voto europeo come un “terremoto”. Le prossime settimane e i prossimi mesi saranno “un momento cruciale per la politica nazionale”, ma anche “per le relazioni tra la Grecia e i partner dell’Unione europea, nonché i paesi creditori”. Sia Tsipras sia Mitsotakis (il leader di Nuova democrazia) si assumono una grande responsabilità portando il paese a elezioni anticipate: se saranno le divisioni a caratterizzare la campagna elettorale, “i sacrifici degli scorsi dieci anni saranno vani e la Grecia si ritroverà in una posizione peggiore di prima”.
In Austria, tutto passa inosservato
Der Standard, Austria
Il corrispondente da Bruxelles di Der Standard, Thomas Mayer, descrive il risultato come un “duro arretramento dei partiti di centrodestra e centrosinistra”. E sottolinea che sarà importante “guardare alle decisioni di Viktor Orbán”, vincitore delle elezioni in Ungheria: “Se quest’ultimo dovesse lasciare il gruppo dei popolari al parlamento europeo per consolidare un’alleanza con Matteo Salvini e Marine Le Pen, i popolari otterrebbero, in termini di seggi, poco più dei socialdemocratici”. Ciò cambierebbe il gioco di alleanze e le “lunghe e sfiancanti negoziazioni” all’orizzonte, valide per eleggere il prossimo presidente della Commissione europea. In un altro editoriale del quotidiano austriaco, Michael Völker scrive che il voto è stato “sorprendente” perché ha sanzionato soltanto in maniera relativa il partito di estrema destra, Fpö, il quale era uscito dall’alleanza di governo poche settimane fa, a causa di uno scandalo politico legato al suo leader, Christian Strache.
Orbán deluso dal risultato di Salvini
444, Ungheria
Peter New e Péter Mayari, scrivono che, nonostante uno staordinario 51 per cento di voti in favore del suo partito, Fidesz, il primo ministro Viktor Orbán “non è apparso euforico” durante i festeggiamenti elettorali. “Probabilmente, la classe dirigente del partito si aspettava uno sfondamento dei partiti nazionalisti populisti in Europa, fatto che non si è avverato”. A questo punto, la situazione di Fidesz “non è comoda”. Il partito di Orbán deve decidere cosa fare dei suoi 13 eurodeputati, dopo una campagna elettorale che ha visto la formazione “poco connessa al gruppo dei popolari europei”.
In collaborazione con VoxEurop.