Il sogno europeo di chi parte dall’Africa si ferma alle Canarie
Nel cuore della notte i fratelli Abdou Aziz Thiaw e Malick Niang si sono pigiati in una fatiscente barca di legno a Mbour, un paesino di pescatori in Senegal. Insieme ad altre cinquanta persone speravano di evitare le motovedette della polizia e sopravvivere al viaggio di 1.500 chilometri fino alle isole Canarie, territorio spagnolo. Una volta arrivati, sarebbero andati in Europa. Alcune settimane dopo, la madre Amimarr ha ricevuto una telefonata. Abdou Aziz ce l’aveva fatta. Ma – e qui la voce le si spezza mentre racconta – Malick era morto in mare. “Nessuna madre al mondo vorrebbe per i suoi figli una simile sventura”, sussurra. “Ma non dobbiamo fermarli. Non c’è alternativa”.
Quest’anno sono almeno 529 le persone morte nel tentativo di raggiungere le Canarie dall’Africa. Almeno altri 400 si pensa siano morti a bordo di nove imbarcazioni scomparse. È probabile che il numero totale sia ancora più alto. I migranti salpano da tutta la costa che va dal Marocco alla Guinea. Il rischio di morire sulla rotta per le Canarie è fino a sei volte superiore al tragitto più breve verso l’Europa attraverso il Mediterraneo. Nonostante questo pericolo, più di 18mila migranti sono arrivati quest’anno nell’arcipelago spagnolo, un numero dieci volte maggiore rispetto al 2019. Negli ultimi trenta giorni ne sono arrivati circa novemila.
Alcuni scappano dal terrore. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) fino a metà ottobre il 30 per cento circa di chi si metteva in viaggio proveniva dal Mali, un paese devastato dalla violenza jihadista. Nello stesso periodo dell’anno scorso i maliani erano solo un decimo del totale. Secondo l’Unhcr guineani e ivoriani, provenienti da due paesi colpiti dalle violenze provocate dalle recenti elezioni, rappresentano il 14 per cento degli arrivi. Ma da metà ottobre sono aumentati anche gli arrivi dal Marocco e dal Senegal.
La maggior parte dei migranti senegalesi parte nella speranza di trovare un lavoro e poter mandare soldi a casa. “Barça ou barzakh”, si dicono l’un l’altro: Barcellona o morte. Molti sono pescatori, come i figli di Amimarr. Moussa Sall, un pescatore di Mbour, racconta che fino a cinque anni fa riusciva a riempire ogni giorno due grandi cassette con il pesce pescato. “Oggi non sono neppure sicuro di riuscire a riempirne metà”, racconta.
Alcuni pensano che a causa dei decessi per covid-19 in Europa ci siano nuove opportunità di lavoro
Almeno la metà dei principali allevamenti ittici dell’Africa occidentale subiscono uno sfruttamento eccessivo e la pesca illegale è diffusa ovunque. Nonostante ciò il governo del Senegal ha rinnovato un accordo con l’Unione europea che consente a 45 grandi pescherecci europei di pescare tonni e naselli nelle acque senegalesi. L’Ue vuole il pesce del Senegal, ma non i suoi migranti, afferma l’ong ambientalista Greenpeace.
Il covid-19 ha peggiorato ulteriormente le cose per i pescatori, molti dei quali sono stati costretti a lavorare solo tre volte alla settimana. In generale il virus ha colpito le economie dell’Africa occidentale e anche altri tipi di impieghi sono diventati più scarsi. Inoltre alcuni migranti pensano erroneamente che a causa dei decessi per covid-19 in Europa si siano aperte nuove opportunità di lavoro. La chiusura dei confini in Nordafrica e le misure più restrittive messe in atto dall’Europa lungo le coste per contrastare l’immigrazione hanno reso la rotta mediterranea più difficile.
Sulla strada verso il nulla
Alle Canarie migliaia di migranti sono rimasti a dormire sul molo del paesino di Arguineguín. Le autorità hanno collocato più di cinquemila persone negli alberghi e stanno costruendo una tendopoli per 6.450 persone. Il governo spagnolo si è rifiutato categoricamente di trasferirli sulla terraferma per valutare le loro domande. Alcuni abitanti delle Canarie temono che le loro isole possano trasformarsi in prigioni a cielo aperto.
Per fermare gli arrivi il governo di Madrid ha annunciato di voler più che raddoppiare il numero di motovedette e aerei che pattugliano la costa dell’Africa occidentale e aumentare i voli di rimpatrio, che si sono fermati a causa del virus. Questo mese ne è decollato uno dalle Canarie alla Mauritania, destinazione di quasi tutti i voli di questo tipo partiti dalle isole negli ultimi anni, anche se i migranti provenienti da quel paese africano sono pochi. Questo è dovuto al fatto che la Spagna ha un accordo che consente di mandare in Mauritania cittadini di qualsiasi paese se si “presume” – un termine molto vago – che siano passati da lì.
La maggior parte dei migranti rimpatriati in Mauritania in aereo viene subito condotta in autobus sul confine con il Senegal o il Mali e scaricata lì. Una pratica che potrebbe essere una violazione del diritto internazionale. L’Unhcr ha chiesto con insistenza di non rimandare indietro i profughi provenienti da diverse parti del Mali perché pericolose. In alcuni casi, afferma Laura Lungarotti dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni, i migranti che volevano chiedere asilo in Spagna sono stati deportati senza che gli fosse stata data la possibilità di farlo.
Secondo i dati di Frontex, l’agenzia per le frontiere dell’Ue, il Senegal non riceve voli di rimpatrio dalle Canarie dal 2018. Quella migratoria è una questione politicamente sensibile. Il governo di Dakar, la capitale del Senegal, teme la prospettiva di migranti via mare costretti a tornare. Nel paese crescono le proteste contro quello che viene percepito come il silenzio del governo sulle centinaia di persone che sarebbero annegate. Tuttavia i governi europei sono frustrati perché solo l’8 per cento dei migranti senegalesi a cui è stato imposto di lasciare l’Europa è stato effettivamente rimpatriato in Senegal. Di recente i ministri spagnoli sono andati in Senegal e in Marocco per convincere i governi dei due paesi a consentire la ripresa dei voli di rimpatrio e impegnarsi di più per impedire ai migranti di partire.
Sarà dura. Ancora adesso molte persone sono pronte a rischiare di morire per una vita migliore in Europa. “Voglio partire per guadagnarmi da vivere e provvedere a mia madre, per dimostrarle quanto le voglio bene”, dice Beytir, un pescatore di 31 anni di Mbour, che ci ha già provato due volte e sta pensando di fare un altro tentativo.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)