Come valutare l’opportunità di vaccinare bambini e adolescenti
Articolo di Silke Fokken, Veronika Hackenbroch, Kristin Haug, Armin Himmelrath, Rafaela von Bredow
Tutti i bambini che andavano a scuola ricevettero il cubetto di zucchero da un cucchiaino. Bastava solo mettersi in fila in un auditorium, eppure ti sentivi parte di qualcosa di molto più grande: potevi sventare una minaccia invisibile e paurosa semplicemente mandando giù una zolletta di zucchero. C’era perfino uno slogan di accompagnamento del governo: “La vaccinazione è dolce. La poliomielite è terribile”.
La campagna antipoliomielite nella Germania Ovest durò quasi vent’anni. Ma oggi, più di mezzo secolo dopo, potrebbe essere tornato il momento di una campagna di vaccinazione di massa per bambini e adolescenti. Solo che stavolta servirà contro il covid-19 e la pandemia che ha provocato, e i bambini sanno già bene quali sono state le terribili conseguenze, senza bisogno di testi pubblicitari, visto che entrambe le cose hanno rubato un anno della loro vita.
Le vaccinazioni dovevano cominciare alla scuola superiore Feodor Lynen di Planegg, alla periferia di Monaco di Baviera, il 21 maggio. I medici avrebbero dovuto vaccinare gli studenti uno alla volta nelle aule, spiega Agnes Schmidt, una funzionaria della scuola. Era previsto che tutti i maggiori di 16 anni avrebbero ricevuto una dose del vaccino della Pfizer-Biontech. Il consiglio d’istituto aveva approvato l’idea: finalmente, sembrava, qualcuno aveva pensato ai più giovani.
Tuttavia, quella storica reintroduzione delle vaccinazioni scolastiche in Germania non c’è stata. Politici e medici hanno attaccato il progetto, definendolo prematuro, e l’hanno cancellato.
Nuove speranze per i genitori
I genitori degli studenti della Feodor Lynen sono rimasti delusi. È più di un anno, ormai, che i ragazzi sono stati lasciati soli. Perché, si sono chiesti in tanti, non hanno ricevuto maggiore solidarietà?
Per i genitori tedeschi si sono riaccese le speranze quando l’Agenzia europea del farmaco, l’Ema, ha approvato la somministrazione del vaccino della Pfizer-Biontech dai dodici anni in su. Gli Stati Uniti hanno cominciato alla metà di maggio. E il 1 giugno la casa farmaceutica statunitense Moderna ha annunciato che il suo vaccino ha dimostrato un’efficacia del 100 per cento nel corso di una sperimentazione su più di 3.700 bambini e adolescenti tra i 12 e i 17 anni. L’azienda prevede di richiedere l’approvazione dell’agenzia statunitense per la regolamentazione degli alimenti e i medicinali (Food and drug administration, Fda) a giugno. La Pfizer, dal canto suo, ha avviato da tempo la sperimentazione del suo farmaco su bambini più piccoli, a quanto pare con risultati incoraggianti.
Le vaccinazioni permetterebbero ai bambini e ai ragazzi d’incontrare di nuovo i loro amici senza limitazioni e, fatto più importante, di tornare a scuola senza preoccupazioni dopo un anno e mezzo di privazioni. Sappiamo che molti di loro sono rimasti indietro nell’apprendimento e che altri hanno sofferto di depressione o subìto traumi di violenza domestica.
Per gli esperti dello Stiko non è stata abbastanza chiarita la questione degli effetti collaterali
I politici tedeschi, guidati dal ministro della sanità Jens Spahn, hanno alimentato queste speranze. Si è parlato di una campagna autonoma di vaccinazione dei bambini da realizzare grazie all’uso di milioni di dosi presi dalle scorte vaccinali. In Turingia è stata perfino pianificata un’“estate di vaccinazioni per bambini, adolescenti e famiglie”. Qui, un sondaggio del gruppo di ricerca Cosmo ha rilevato il forte desiderio dei genitori tedeschi di vedere immunizzati i loro bambini e quasi due terzi di coloro che hanno figli adolescenti si sono detti pronti a farli vaccinare subito.
Alexandra Ligges-Hufnagel, 48 anni, di Dortmund, non capisce perché i genitori si oppongano alle vaccinazioni. Se fosse per lei, i suoi figli Felix e Maximilian, rispettivamente di 17 e 20 anni, sarebbero stati immunizzati molto tempo fa. Per chiedere di velocizzare le cose, insieme ad altri rappresentanti dei genitori hanno scritto lettere al sindaco e al ministro dell’istruzione. “I ragazzi sono stati fermi 14 mesi”, dice. “Felix è stato messo in quarantena quattro volte”. Adesso dovrebbe poter almeno preparare il suo esame di maturità senza preoccuparsi. E Maximilian vorrebbe mettere finalmente piede all’interno della sua università.
Questo succederà se i due potranno vaccinarsi, il che potrebbe non accadere molto presto, stando a quanto emerso dal vertice nazionale sulla campagna vaccinale del 27 maggio tra la cancelliera Angela Merkel e i governatori regionali. Dopo l’approvazione dell’Ema e l’abolizione delle fasce di priorità per i gruppi a rischio, entrate in vigore il 7 giugno, bambini e adolescenti dovranno mettersi in fila come le altre persone dei diversi gruppi di età per farsi vaccinare, anche se le dosi nel paese sono ancora limitate. Secondo i piani delle autorità, tutti coloro che vogliono vaccinarsi dovrebbero poterlo fare entro la fine dell’estate.
Domande in sospeso
Ma è giusto creare una sola lista d’attesa per ragazzi in buona salute e persone di più di quarant’anni? E ha senso da un punto di vista medico?
Molte domande riguardanti la vaccinazione dei bambini restano ancora in sospeso. Per dare delle risposte è utile guardare cosa succede all’estero – negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Israele – e osservare come si sono organizzati e come hanno vaccinato i più giovani. Primo, non hanno agito alla cieca e in fretta, ma basandosi su dati scientifici. Secondo, e più importante, non l’hanno fatto per i motivi sbagliati,
cioè seguendo logiche da campagna elettorale, come se fosse una promessa rivolta a persone che si sono stufate della pandemia.
E in Germania non tutti gli esperti sono entusiasti all’idea di vaccinare i bambini e adolescenti senza stabilire dei criteri. Tra le voci critiche ce n’è una che andrebbe ascoltata con attenzione: quella del comitato permanente sui vaccini (Stiko), la commissione indipendente d’esperti che fornisce un’analisi scientifica sui rischi e i benefici della vaccinazione. Lo Stiko fa parte dell’istituto Robert Koch, il centro federale per il controllo delle malattie.
Le valutazioni preliminari del comitato rischiano di smorzare l’euforia intorno alle vaccinazioni. “Ne stiamo ancora parlando”, spiega Rüdiger von Kries, professore di pediatria sociale e medicina degli adolescenti all’università Ludwig Maximilian di Monaco. Secondo lui, le vaccinazioni tra i 12 e i 17 anni non saranno probabilmente raccomandate a tutti indistintamente, ma solo alle persone con disturbi preesistenti come diabete, tumori o immunodeficienze.
Ci sono ancora molte incognite sulla reale pericolosità delle infezioni da covid-19 tra i giovanissimi
Difficilmente ci sarà una campagna specifica di vaccinazione per bambini e adolescenti e sicuramente non sarà realizzata a scuola come accadde per la poliomielite. Dipenderà dalle decisioni dei genitori, dopo essersi consultati con i medici di famiglia.
Per lo Stiko il fattore discriminante nel decidere se raccomandare o meno la vaccinazione è l’analisi di rischi e benefici. Nel caso del morbillo, per esempio, il compromesso è chiaro: la malattia può uccidere un numero di persone che oscilla da una su mille a una su diecimila, può causare danni a lungo termine, e avere conseguenze mortali tardive. Gli effetti collaterali gravi del vaccino, invece, sono rarissimi.
Ma qual è la situazione per quanto riguarda il covid-19?
Lo Stiko ritiene che la questione degli effetti collaterali non sia stata sufficientemente chiarita. Gli importanti test di fase due della Pfizer-Biontech hanno coinvolto poco più di duemila bambini. Si tratta di un campione insufficiente a determinare effetti collaterali rari o tardivi. E nonostante il sistema immunitario sia solitamente maturo a dodici anni, si tratta di persone che stanno ancora crescendo. Non sono uguali agli adulti. Ed è piuttosto verosimile che alcuni effetti collaterali siano più frequenti tra bambini e adolescenti.
Infiammazioni sotto esame
Una delle principali domande che ancora non hanno risposta è quanto seriamente prendere i timori, manifestati negli Stati Uniti e in Israele, che i vaccini a Rna messaggero possano, in alcuni rari casi, provocare delle miocarditi. Si tratta di un effetto collaterale noto anche per altri vaccini. Questa infiammazione, che può provocare aritmia cardiaca e perfino arresto cardiaco, è generata anche dalle infezioni virali, come il covid-19. È difficile determinare in ogni singolo caso se la causa sia la vaccinazione o l’infezione.
Nelle prossime settimane sono attesi dati che dovrebbero confermare o smentire questi sospetti, e che arriveranno dagli Stati Uniti, dove la vaccinazione contro il covid-19 nei bambini di più di dodici anni è in pieno svolgimento. In Israele è inoltre in corso uno studio nel quale sono esaminate persone vaccinate per determinare se sono state vittime d’infiammazione cardiaca.
Ci sono ancora molte incognite sulla reale pericolosità delle infezioni da covid-19 tra i giovanissimi. È chiaro che i casi tendono a essere molto meno gravi rispetto agli adulti, e i decessi sono estremamente rari. Gli esperti, tuttavia, ritengono che la Sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica (Pims) riguardi circa un bambino infettato su mille. La Pims, conseguenza di una reazione immunitaria difettosa, può determinare processi infiammatori in vari organi e nei vasi sanguigni. Questo disturbo spesso impone un ricovero ospedaliero, talvolta anche in terapia intensiva. Allo stesso tempo non è chiaro quanto sia diffusa tra i bambini la temuta sindrome del covid-19 lungo, che include sintomi come estrema fatica e mancanza di fiato.
Jörg Dötsch, direttore del dipartimento di pediatria e medicina dell’età evolutiva all’Ospedale universitario di Colonia, è favorevole alla vaccinazione di bambini e adolescenti se il rapporto rischi-benefici è positivo. Ma ritiene anche che prima vadano vaccinati i genitori. “Per gli adulti, ci sono solo benefici”, dice.
L’impatto psicologico
Quando si consiglia la vaccinazione di bambini e adolescenti, dovremmo considerare il fatto che la vaccinazione può contribuire ad attenuare le conseguenze psicologiche negative della pandemia sui più giovani? Thomas Fischbach, presidente dell’associazione professionale tedesca di pediatria e medicina dell’età evolutiva, ne è convinto. “La pandemia ha un impatto psicologico e sociale notevole”, dice, che può essere grave come quello fisico. “Vaccinarsi non significa solo contrastare il pericolo di morire; è anche una partecipazione alla vita sociale di bambini e adolescenti”.
Lo Stiko considera il fatto che la vaccinazione possa offrire ai bambini la possibilità di andare a scuola? Non sarebbe questo uno degli obiettivi più significativi, quando si valutano i benefici? “Non vacciniamo per aiutare le persone a tornare a scuola”, spiega il pediatra von Kires. “Soprattutto se è possibile garantire la frequenza scolastica in altri modi: per esempio vaccinando i genitori”. In particolare, aggiunge, dal momento che la frequenza scolastica e il diritto di partecipare alla vita pubblica sono diritti fondamentali.
Il trauma del Pandemrix è ancora vivo nella memoria di molti medici. Nel 2009, quando stava dilagando la febbre aviaria, fu rapidamente preparato un nuovo vaccino, il Pandemrix appunto. Troppo rapidamente, si è scoperto dopo. Per diverso tempo un raro effetto collaterale non è stato rilevato e da allora ne sono stati segnalati più di 1.300 casi: narcolessia. “È una fortuna che all’epoca non abbiamo vaccinato tutti i bambini e gli adolescenti”, dice von Kries.
Deepti Gurdasani, epidemiologa e medica dell’università Queen Mary di Londra, è di diverso parere e sostiene che bambini e adolescenti dovrebbero avere la priorità nelle vaccinazioni. Anche se tra loro è raro che la malattia progredisca in maniera preoccupante, a suo avviso è “assolutamente non etico” impedirgli di essere immunizzati. Sul settimanale digitale PoliticsMeansPolitics, Gurdasani scrive che “non è accettabile esporre alcun gruppo alla trasmissione di un virus di cui ancora non sappiamo molto, che provoca disturbi debilitanti non solo acuti ma anche cronici, e che conosciamo a malapena”. Secondo Gurdasani, ci sarebbero anche vantaggi epidemiologici, perché la vaccinazione impedisce ai più giovani di essere portatori del virus.
Il caso di Israele
In Israele, però, potrebbero essere stati individuati i diffusori più attivi del virus, e non si tratta dei bambini. “Nel nostro caso, potrebbero essere stati i giovani adulti”, dice Ron Dagan, professore di pediatria e malattie infettive all’università Ben Gurion di Beer Sheva. La scoperta è stata una sorta di sottoprodotto della campagna vaccinale senza precedenti portata avanti nel paese.
Poco dopo l’inizio della campagna vaccinale israeliana, a gennaio, venivano talvolta segnalate più di ottomila nuove infezioni al giorno, nonostante circa il 60 per cento della popolazione avesse già ricevuto almeno una dose di vaccino. Dagan spiega che, nonostante sia probabile che tutti i gruppi di età superiori ai 16 anni abbiano contributo al tasso d’infezione, i giovani adulti hanno una mobilità superiore rispetto agli anziani. E quando la maggior parte degli adulti è stata vaccinata, il tasso d’infezione è calato anche tra i bambini non vaccinati.
“Oggi il numero di nuove infezioni quotidiane è vicino allo zero”, riferisce Dagan. “E ci siamo riusciti senza vaccinare le persone di meno di 16 anni”.
Dagan, che ha diretto vari comitati di esperti globali sulle malattie infettive dell’infanzia, dice di essere rimasto a suo volta sorpreso. “Solo pochi mesi fa, avrei previsto qualcosa di molto diverso”, dice.
Anche in Israele si attende l’autorizzazione alla somministrazione del vaccino della Pfizer-Biontech alle persone di età compresa tra i 12 e i 15 anni. In seguito una commissione del ministero della sanità, di cui Dagan fa parte, dovrà decidere se consigliare la vaccinazione. “In realtà Israele oggi non ha fretta in questo senso”, dice. Potrebbero esserci alcuni piccolissimi rischi teorici di eventi negativi relativamente seri e, visti i tassi molto bassi di covid-19 nei bambini, la valutazione di rischi e benefici è diversa rispetto a paesi dove la trasmissione attiva è ancora frequente. Occorre valutare anche il rischio di ammalarsi di covid-19, dice. “E questo in Israele oggi è prossimo allo zero, anche per i bambini”.
Sarà quindi possibile tornare alle nostre vite precedenti senza dover vaccinare i bambini? Forse non subito, come mostra anche l’esempio israeliano.
L’80 per cento delle persone di età compresa tra i 40 e i 49 anni in Israele ha ricevuto la seconda iniezione del vaccino, ma rimangono alcune importanti restrizioni riguardanti gli ingressi dall’estero per israeliani, residenti e stranieri e l’uso delle mascherine è ancora obbligatorio negli spazi al chiuso. E passerà ancora del tempo prima che bambini e adolescenti non vaccinati possano viaggiare o iscriversi in scuole all’estero .
Probabilmente è anche per avere di nuovo libertà di movimento e una vita più simile a quella precedente che i genitori fanno pressione per vaccinare bambini e adolescenti. “Ho già una lista di persone che vogliono essere vaccinate lunga sei pagine”, dice il pediatra Fischbach. Ma gli manca ancora una cosa: le dosi di vaccino. “La vaccinazione di bambini e adolescenti non avverrà tanto rapidamente”, teme. “Soprattutto se consideriamo che dal 7 giugno è consentito l’accesso al vaccino anche a tutte le persone che non fanno parte delle categorie prioritarie”.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul settimanale tedesco Der Spiegel.
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