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Com’è essere vecchi?

Nick Dolding e Iuliia Isaieva, Getty Images

Questo articolo è uscito nel luglio 2020 sul numero 10 di Internazionale Kids.

“Uffa, perché non ce la faccio?”. Elias rovista in un portafogli in cerca di monete, ma non riesce ad afferrarle. È rosso in volto per lo sforzo, ha i capelli scompigliati. La cassiera batte innervosita il dito sul tavolo, gli altri clienti borbottano: “Insomma, si sbrighi”. È più facile a dirsi che a farsi: Elias indossa dei guanti spessi che gli impediscono di prendere le monete. Per fortuna la scena è finta: la cassiera e i clienti sono i suoi compagni di classe.

L’esperimento è stato fatto dai bambini di una scuola elementare di Mannheim, in Germania, come parte di un progetto organizzato dalla loro insegnante. I bambini della terza C si stanno preparando a una visita nella casa di cura a pochi passi dalla scuola: vogliono conoscere i vicini e imparare di più sulla loro vita. Per questo stanno provando come ci si sente quando la vista, il tatto e l’olfatto non funzionano più bene.

La maestra è arrivata in classe con una valigia piena di occhiali, pesi, guanti, nastri adesivi. Elif prende un paio di occhiali dove c’è scritto “retinite pigmentosa”: le lenti sono completamente oscurate a eccezione di un piccolo punto al centro. Elif li indossa: “Aiuto, non vedo nulla!”, grida. “Ecco come ci si sente quando la retina si rovina, è una malattia degli occhi di cui soffrono molte persone in età avanzata”.

Al tavolo a fianco, alcuni bambini si legano pesi alle braccia e alle gambe e poi indossano dei pantaloni da sci. Così vestiti provano a scendere una rampa di scale. “Non ce la faccio”, si lamenta Bela. L’insegnante annuisce: “Invecchiando i muscoli si affaticano”.

La maestra distribuisce delle gallette di riso senza sale: “Molti anziani sentono questo sapore insipido anche quando mangiano delle cose squisite, perché il gusto si indebolisce”, dice. Come ultima prova, i bambini indossano delle fasce per la testa e infilano dei batuffoli di ovatta nelle orecchie, poi provano a comunicare tra loro. Ovviamente è difficile.

“Con l’età i suoni si attutiscono”, spiega la maestra. I bambini ora si sono calmati, hanno capito quanto può essere difficile la vita quotidiana a ottanta o novant’anni. Ora sanno perché bisogna avere un po’ di pazienza con gli anziani e perché bisogna parlargli ad alta voce. Alcuni studenti sono un po’ timorosi. Troveranno qualcosa da dirsi con queste persone?

Pane e burro salato

Nel casa di cura vivono 150 ospiti. Finora gli studenti e gli anziani non si sono mai incontrati. Pochi giorni dopo l’esperimento con la valigia, però, Elif, Elias e gli altri bambini siedono allo stesso tavolo con Ulla, Anneliese, Gundula, Ruth e Hugo: hanno tutti più o meno novant’anni, alcuni hanno problemi di udito e di vista. Ruth si lamenta del dolore alle ossa, Gundula arriva appoggiandosi a un deambulatore.

Gli studenti aspettano che si siedano, vogliono farsi raccontare dagli ospiti di quand’erano bambini. Gli anziani hanno un sacco di storie da raccontare: parlano della guerra, di cosa mangiavano da piccoli, degli strumenti che suonavano. Raccontano della loro vita adulta, dei figli e dei lavori che hanno fatto. Quando Hugo dice di conoscere qualche trucco di magia, i bambini si scatenano. “Ce li puoi far vedere?”, gli chiedono. Alla fine ognuno elenca cosa gli piace di più: “Pane e burro salato”, dice Anneliese. E di meno: “Litigare”.

Alla fine dell’incontro, alcune anziane signore salutano i bambini con una carezza sulla testa, sembrano felici. In futuro gli studenti faranno visite più spesso, dice la maestra. Per lei, bambini e vecchi possono imparare molto gli uni dagli altri. “Mi ha sorpreso vedere che ci siamo divertiti tutti insieme”, dice Elif, e lo stesso vale per i suoi compagni. Se alcuni erano un po’ agitati prima dell’incontro, ora sono tutti allegri. “Hugo, Ulla e gli altri hanno fatto così tante cose nella loro vita, è stato bello ascoltare le loro storie”, dice Elias raggiante. “Stasera nel letto avrò molte cose a cui pensare”.

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