Uno scrittore nativo nel pantheon della letteratura brasiliana
Ha un forte valore simbolico l’attribuzione di un seggio dell’Academia brasileira das letras (Abl), la più antica e prestigiosa istituzione culturale brasiliana, allo scrittore, filosofo, attivista e ambientalista nativo Ailton Alves Lacerda Krenak. Fondata a Rio de Janeiro nel 1897, composta da quaranta persone elette a vita, la Crusca brasiliana ha come statuto quello di valorizzare la lingua e la letteratura nazionali.
Ne hanno fatto parte figure importanti come Joaquim Maria Machado de Assis, Jorge Amado, Lygia Fagundes Telles, Darcy Ribeiro, Nélida Piñon e Moacyr Jaime Scliar. Ailton Alves Lacerda, originario e tra i leader dell’etnia krenak, da cui prende il nome, è autore di saggi e racconti tradotti in molte lingue. La sua presenza nella vita pubblica brasiliana cominciò durante i lavori dell’assemblea costituente del 1987 (la costituzione fu promulgata nel 1988), dove rappresentava le istanze dell’Unione delle nazioni indigene.
Alla notizia della sua elezione nel pantheon della letteratura brasiliana, Krenak ha dichiarato che con lui entrano nell’accademia duecento etnie differenti e almeno 180 lingue diverse, quelle dei tanti gruppi indigeni che non sono mai stati rappresentati e difesi.
Secondo molti, il suo ingresso restituisce all’istituzione importanza e attualità. In Italia è uscito nel 2020 il saggio Idee per rimandare la fine del mondo, pubblicato da Aboca con la traduzione di Sara Cavarero.
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Intorno a quali valori si definisce una comunità che fatica a difendere il suo patrimonio più importante, cioè la natura? È la domanda che muove la riflessione di Krenak, nato nello stato di Minas Gerais, una regione brasiliana che negli ultimi anni è stata duramente colpita da disastri ambientali provocati dalla produzione mineraria, come quello che nel 2015 distrusse gran parte del rio Doce, inquinando le falde idriche e i terreni circostanti.
Le sue riflessioni mostrano quanto dovremmo imparare dal punto di vista delle popolazioni native e cosa rischiamo di perdere per sempre.
Questo testo è tratto dalla newsletter Sudamericana.